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Cronaca

Inchiesta Avr, il pentito Cristiano: "Prendono l'appalto e poi la politica gli dà i nomi"

Fra gli amministratori reggini finiti sotto la lente d'ingrandimento dei carabinieri c'era chi si preoccupava del padre, chi del figlio e chi di non passare per fesso, tutti per far crescere il proprio peso politico

“Diciamo che loro si regolano più che altro sulla politica, prendono l’appalto e poi la politica gli da i nomi”. E’ il collaboratore di giustizia Vincenzo Cristiano a spiegare ai magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e ai carabinieri del comando proviniciale, guidati dal colonnello Giuseppe Battaglia, che si sono occupati dell’inchiesta “Helios”, come funzionava il sistema degli appalti pubblici che ruotavano sui lucrosi settori dello smaltimento dei rifiuti e della manutenzione delle strade provinciali.

Lo scambio era semplice, così come la spiegazione fornita dagli inquirenti: “l’Avr assumeva regolarmente con contratti a tempo determinato i soggetti indicati dai politici che in quel momento amministravano il territorio dove operava l’azienda”.

Per l’azienda si trattava di garantirsi la possibilità di lavorare in “sicurezza”, senza pressioni dirette o mediatiche da parte dei politici di turno, mentre per gli amministratori l’imposizione dei propri raccomandati serviva loro per incrementare il “proprio peso politico ed elettorale”.

Così, secondo la ricostruzione dei carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, il vice sindaco del Comune di Reggio Calabria Armando Neri si era impegnato per far assumere lavoratori svogliati e poco produttivi.

L'assessore ai lavori pubblici Giovanni Muraca, invece, si sarebbe adoperato per far riassumere una coppia di sposi licenziata dall’Avr per le troppe assenze ingiustificate e per far prorogare il contratto in subappalto dei rifiuti ingombranti alla “Cooperativa sociale Rom 1995”.

Giovanni Nucera, ex consigliere regionale, invece, avrebbe premuto per la riassunzione di un operaio della “Autostrade service” per non vedere svilito il proprio peso politico.

Mentre il consigliere metropolitano Filippo Quartuccio, secondo i carabinieri reggini, avrebbe chiesto ai vertici dell’Avr, che dalle carte dell’inchiesta risultano anche parti offese, di far ottenere al padre un incarico di maggior rilievo dentro l’azienda, “o quantomeno di maggiore comodità o prestigio”.

Se Quartuccio si sarebbe mosso per tutelare il padre, il consigliere comunale Rocco Albanese, decano a Palazzo San Giorgio, avrebbe fatto lo stesso per “migliorare la posizione lavorativa del figlio”. Una richiesta non andata a buon fine, come quella di Quartuccio, scrivono i magistrati: “per l’opposizione dei dirigenti e dei dipendenti dell’Avr.

Antonino Castorina, consigliere comunale e metropolitano e capogruppo Pd al Comune, “quello con lo zainetto” come lo definivano i soggetti intercettati durante l’inchiesta “Helios”, non voleva passare per “fesso” e, scrivono i pm Musolino, Ignazitto e Moffa, adeguandosi al modus operandi dei colleghi indagati, in una sorta di così fan tutti, si sarebbe mosso “minacciando attività vessatorie contro l’Avr”, e avrebbe esercitato “indebite pressioni tramite la Catalfamo per ottenere un atteggiamento compiacente da parte dell’Avr”.

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