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Cronaca Centro / Via Sbarre Centrali

I pizzini e le utenze occulte per gestire le piazze di spaccio fra Sbarre e Viale Calabria

In tre anni di indagini i carabinieri del comando provinciale hanno ricostruito la struttura e i metodi operativi delle due organizzazioni sgominate all'alba con l'operazione "Sbarre"

Tre anni di indagini. E’ questo il tempo che hanno impiegato i Carabinieri della compagnia di Reggio Calabria, guidati dal colonnello Giuseppe Battaglia, per fare luce e disarticolare due organizzazioni criminali operanti nel settore dello smercio delle sostanze stupefacenti. L’operazione “Sbarre” ha messo in luce la struttura delle organizzazioni ed i rispettivi comportamenti criminali.

Le misure emesse dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria, Arianna Raffa, su richiesta della competente Direzione distrettuale antimafia (Sostituti procuratori Walter Ignazitto e Diego Capece Minutolo), riguardano due associazioni finalizzate al traffico illecito di sostanza stupefacente o psicotrope, produzione traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, tentata estorsione, sequestro di persona aggravato, lesioni personali aggravate, ricettazione, detenzione e porto illegale di arma comune da sparo, detenzione e porto illegale di armi clandestine.

L’attività d’indagine, condotta dalla Compagnia di Reggio Calabria da ottobre 2017 a marzo 2020, ha consentito di evidenziare l’esistenza di due distinti gruppi criminali dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti, operanti in maniera non concorrenziale in zone contigue del quartiere Sbarre.

Il gruppo del rione Guarna/Caridi

Il primo, composto da numerosi affiliati e organizzatisi in maniera sistemica nelle piazza di spaccio del popoloso Rione Guarna/Caridi, che, sotto la direzione di Luigi Chillino e Gabriele Foti, si sarebbe dotato di una struttura non rudimentale, caratterizzata dalla: individuazione di una base operativa con attribuzione di ruoli specifici a ciascuno degli associati; predisposizione di turni ad orari tendenzialmente fissi per presidiare i luoghi di detenzione e spaccio della merce con relativa corresponsione “stipendiale”; regolare tenuta della contabilità, appositamente trascritta; utilizzo di utenze operative, intestate a terzi soggetti e finalizzate alla trasmissione di direttive e indicazioni sull’attività da compiere, anche mediante l’utilizzo di post-it e “pizzini” e adozione di un linguaggio convenzionale per lo scambio di messaggi tra i consociati.

Il secondo gruppo

Il secondo, più limitato dal punto di vista numerico, seppur “connotato da minori mezzi operativi ed impegnata in transazioni di droga di più modesto valore”, sotto la direzione di Antonio Sarica intratteneva rapporti con soggetti di elevata caratura criminale vicini alle famiglie della ‘ndrangheta locale Tegano e Molinetti, operando già a partire dal 2017, in modo sistematico e professionale, nonché ponendo la propria base operativa in una non modesta area compresa tra la zona cittadina del rione Sbarre e Viale Calabria.

Il sequestro di persona

La vicenda dalla quale si dipanano le investigazioni è  un sequestro di persona a scopo di estorsione, avvenuto nel settembre 2017,  nei confronti di due minori, uno dei quali reo di aver commesso ai danni dell’organizzazione il furto di una non irrisoria quantità di sostanza stupefacente, poi dallo stesso rivenduta a Gianluca Mirisciotti. Più dettagliatamente i sequestratori sono stati indentificati in Giuseppe Chillino, Anouar Azzazi, Gabriele ed Andrea Foti, i quali hanno privato i due minorenni della libertà personale, costringendoli a rimanere, per un apprezzabile arco temporale all’interno di una abitazione sita in via Bolzano e anche in una cantina di viale Europa: gli indagati hanno minacciato i due minorenni anche con l’uso di armi, oltre ad averli legati ed imbavagliati con l’intento di costringerli a confessare la sottrazione dello stupefacente ed imporre la restituzione o comunque il pagamento del controvalore. 

Le vittime venivano liberate solo grazie all’intervento di Antonio Sarica che si impegnava ad assumere “in proprio” il loro debito, versando la somma in favore dei sequestratori.

Secondo quanto emerso in seno all’attività d’indagine, i soggetti gravitanti intorno alla figura di Giuseppe Chillino si erano organizzati in modo da assicurare, nella zona dello spaccio, un costante controllo del territorio, stabilendo turnazioni a tutela dell’attività di spaccio e secondo le direttive fornite dai capi gruppo mediante un penetrante servizio di “guardiania”. 

La contabilità

L’attività d’indagine ha fatto altresì luce sulla contabilità tenuta dal gruppo di spacciatori, essendo emerso che gli stessi fossero soliti annotare le quotidiane transazioni di droga su fogli manoscritti nei quali, sia pure in modo del tutto rudimentale, mantenevano una sorta di bilancio dell’attività, in modo da monitorare i rapporti di dare/avere in capo a ciascun “pusher”.

I nomi degli arrestati

I pizzini

Nella piazza di spaccio -  il 16 aprile 2018 - gli operanti hanno infatti rinvenuto, all’interno di un rudere, diversi biglietti, “post-it” e “pizzini”, riportanti numeri e lettere, con chiari riferimenti alle dosi di sostanza stupefacente cedute e al soggetto che aveva provveduto alla relativa vendita.

Il gruppo, per scambiare messaggi e indicazioni sul da farsi con lo scopo di eludere eventuali identificazioni esterne, utilizzava “utenze operative occulte”, in quanto spesso formalmente intestate a cittadini di origine extracomunitaria (non dimoranti nel territorio reggino) ma effettivamente utilizzate, come accertato dagli operanti e che non lasciano margini per l’individuazione dei reali conversanti, riconducibili agli odierni indagati.

Le utenze occulte

In particolare, lo schema adottato dagli appartenenti al gruppo era quello di utilizzare le citate utenze per scambiare prevalentemente messaggi di testo dal contenuto più o meno criptico, ove i conversanti, per non essere immediatamente identificati, facevano ricorso ai propri epiteti (“Talpa”, “Avvocato”, “Centro”), e contenenti “comunicazioni di servizio”.

Le indagini hanno consentito di accertare che il gruppo avesse mire espansionistiche che hanno condotto alcuni degli associati a spostarsi sul territorio nazionale ed a svolgere una parte della propria attività di spaccio in altra regione, ossia il Veneto, ove poteva contare del sostegno di alcuni associati e familiari. 

Il “gruppo Sarica” 

Il secondo gruppo criminale riconducibile al citato Antonio Sarica, si è caratterizzato per la sistematica e professionale dedizione allo spaccio dei suoi componenti. Costoro hanno operato in un contesto organizzato, caratterizzato dalla presenza di grossisti capaci di garantire costanti forniture di droga (in prevalenza “marijuana”) ed in grado di soddisfare le richieste di una pletora di abituali ed affezionati clienti. Gli affiliati hanno dialogato -per gli approvvigionamenti dello stupefacente- anche con rappresentanti delle locali famiglie di ‘ndrangheta, compiacendosi del riconoscimento loro attribuito da parte delle locali ‘ndrine e muovendosi con agilità nel sottobosco criminale reggino per rifornirsi diuturnamente e freneticamente dello stupefacente da collocare sul mercato.  

I componenti più dinamici

I principali e più dinamici componenti dell’associazione, sono Antonio Sarica (detto Totò), Andrea Pennica (detto “Barone” o “Anderson”) e Gianluca Mirisciotti (detto “Pupo”). Le intercettazioni li descrivono come soggetti che si muovono sinergicamente sul territorio, acquistando sostanza stupefacente (prevalentemente “marijuana”, senza però disdegnare la “cocaina”) da rivendere al dettaglio. 

Nel corso delle indagini è emerso come i tre si rivolgessero a taluni grossisti di riferimento e si dedicassero successivamente al piccolo spaccio, con modalità collaudate e professionali.

Anche con riguardo a questo secondo gruppo criminale è stato delimitato il territorio sul quale lo stesso opera, ricompreso tra la via Sbarre Centrali e Viale Calabria di Reggio Calabria più nel dettaglio all’interno di detta area sono stati individuati alcuni luoghi, convenzionalmente indicati come “il parco”, “il muretto”, “il palo”, che costituiscono il punto di ritrovo o il luogo di occultamento della sostanza stupefacente o delle somme di denaro provento dallo spaccio.

I numeri dei controlli

Nel corso dell’attività complessivamente sono state tratte in arresto in flagranza di reato 16 persone, deferite in stato di liberò cinque persone e segnalate amministrativamente 12 persone per uso di sostanza stupefacente. Inoltre dalle captazioni tecniche e dai riscontri effettuati la sostanza stupefacente complessivamente emersa nell’indagine è relativa a marijuana (peso complessivo superiore a 8 kg circa al prezzo di mercato pari a 3 euro al grammo) e cocaina (peso complessivo superiore a circa 250 grammi al prezzo di 70 euro al grammo).

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