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Giovedì, 25 Aprile 2024
Il blitz

Li seducevano e poi li lasciavano senza risparmi: ecco come li hanno incastrati

Una banda internazionale con delle "adescatrici professioniste" agiva contro gli anziani soli nel Reggino. L'operazione Transilvania condotta dai carabinieri e Europol

Sceglievano accuratamente le loro vittime: anziani soli, uomini, con risparmi disponibili. Li addescavano fuori dall'ufficio postale o in piazza, si avvicinavano solitamente con la scusa di vendere accendini e fazzoletti e poi seguiva la fase di “adescamento”. Le adescatrici erano giovani donne, appositamente addestrate, che si fingevano innamorate degli ignari anziani, per poi chiedere soldi adducendo nella maggior parte dei casi fittizi problemi di salute personali o dei propri familiari residenti, in particolare, nell'est Europa. 

Anziani, una quindicina, tra 70 e 90 anni sono finiti nel mirino di una banda internazionale capace in poco tempo di impossessarsi di oltre un milione di euro. Poi, finalmente, uno dei raggirati ha avuto la forza e la dignità di parlare con i carabinieri e di sporgere denuncia. Quattro anni di indagini, dal 2018 ad oggi, per l'operazione Transilvania che è stata condotta dai carabinieri del reparto operativo di Reggiore l'Europol. 

Il blitz è scattato in Italia, Romania, Olanda e Germania per sedici persone a cui il gip, su richiesta della Procura di Locri, ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare. Per dieci è stato disposto il carcere mentre 6 sono stati posti ai domiciliari, 13 dei quali individuati tra la Romania, la Germania e l’Olanda, cinquantanove gli indagati.

Minacce e ricatti erano gli strumenti utilizzati dalle donne per farsi dare i soldi dai malcapitati anziani. Nel corso delle indagini, infatti, sono emersi i fatti: una vittima, accortasi della spirale nella quale era incappata, decideva di non elargire nuove somme, per poi essere ricattata dietro l’intimidazione di rivelare la relazione clandestina ai familiari o all’eventuale coniuge nel caso in cui fossero cessati i versamenti. 

Di particolare rilievo - a conferma della spregiudicatezza dei componenti dell’associazione - è l’arresto operato nel dicembre 2018 dai militari della stazione carabinieri di San Luca, i quali sottoponevano a fermo di indiziato di delitto due donne dell’organizzazione, successivamente condannate e tutt’ora ristrette in carcere, responsabili di aver commesso una rapina in abitazione in danno di un settantasettenne precedentemente circuito, non prima di avergli somministrato una dose quasi letale di valium, causando all’uomo, nei giorni successivi all’evento, ben due infarti.

La dichiarazione del maresciallo capo Michele Fiorentino, comandante della stazione di San Luca

In altre due occasioni, rispettivamente nel dicembre 2018 e nell’aprile 2021, i carabinieri traevano in arresto in flagranza di reato altrettante donne nel momento in cui queste riscuotevano i soldi oggetto di richiesta estorsiva conseguente alla ribellione da parte delle proprie vittime, le quali si vedevano costrette a pagare nuove somme affinché non venisse rivelata ai familiari la relazione. 

La violenza con cui agiva la banda, nonché la ripartizione dei ruoli al suo interno, è dimostrata anche dall’episodio avvenuto nell’ottobre 2018 a Grotteria che ha visto coinvolto un uomo quasi novantenne, condotto in un’abitazione privata in uso alla propria adescatrice, dando così il tempo ai complici della donna di sottrargli il portafoglio dall’autovettura. 

La strategia della cooperazione

Nel corso della conferenza stampa tenuta al comando dell'Arma di via Aschenez, con la presenza del tenente colonnello Massimiliano Pesa, comandante del gruppo dei carabinieri di Locri, del maresciallo Michele Fiorentino, comandante della stazione di San Luca e del colonnello Marco Guerrini, comandante provinciale di Reggio Calabria, ecco che è stato sottolineato come è stata importante la strategia della cooperazione tra forze di polizia. I carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria, insieme al personale delle forze di polizia di Romania e Germania, con la supervisione di Europol, l’agenzia di polizia europea specializzata nel contrasto al crimine transfrontaliero tra gli stati membri dell’Unione, hanno lavorato insieme per raggiungere l'obiettivo di sgominare la banda internazionale e fermare la frode. 

L'operazione Transilvania

Gli inquirenti l’hanno chiamata operazione Transilvania, dal nome dell’area geografica punto di arrivo dei flussi finanziari che, secondo quanto ricostruito nelle indagini, sono stati illecitamente acquisiti dagli indagati. Un nome legato a una manovra di cooperazione internazionale complessa, condotta sotto la duplice direttrice giudiziaria e di polizia, i cui brillanti risultati confermano la validità degli strumenti e degli organismi sovranazionali predisposti in ambito europeo per potenziare la lotta al crimine comune e organizzato, il cui modus operandi è sempre più frequentemente caratterizzato dalla natura transfrontaliera.  Una operazione - è stato sottolineato nel corso della conferenza stampa a cui ha preso parte anche Pedro Felicio investigatore portoghese e capo dell'unità del crimine economico e patrimoniale di Europol - che è stata condotta mettendo in campo tutte le competenze, anche di nuova concezione, delle forze di polizia e alla collaborazione tra le forze europee.

Si fingevano innamorate per truffare gli anziani: la banda aveva sede nel Reggino

La denuncia dell'anziano 

L’attività d’indagine nasce dall’ascolto del territorio e dal contatto diretto dell’Arma dei carabinieri con i cittadini, in funzione di polizia di prossimità e di rassicurazione sociale. Si tratta di una funzione svolta quotidianamente per dare concretezza alla vocazione di vicinanza alla popolazione che rappresenta, sin dalle sue origini, uno dei tratti distintivi dell’Istituzione. Una vicinanza che, nel tempo, ha progressivamente incrementato anche l’attenzione nei confronti delle vittime vulnerabili.  In questo ascolto quotidiano del territorio ecco che rientra anche la denuncia sporta da un anziano originario di un paese della locride il quale si è rivolto alla locale stazione carabinieri, segnalando per primo di essere stato circuito da una giovane donna di nazionalità rumena la quale, fingendosi innamorata di lui, lo aveva indotto, nell’arco di un anno, a consegnarle, attraverso danaro contante e versamenti tramite “Money Transfer” all’estero, la somma complessiva di 20.000 euro.

Da qui sono subito partite le indagini dei carabinieri che anche seguendo il flusso di denaro sono giunti in breve a disvelare un’articolata organizzazione criminale, dotata di una struttura piramidale, composta interamente da soggetti di nazionalità rumena, ognuno con un compito ben definito all’interno della rete avente un vertice stanziale in Romania e la propria base operativa in Italia tra Bianco e Melito di Porto Salvo, con articolazioni nei comuni di Siderno, Rosarno, Bovalino, Reggio Calabria e Milazzo (Messina).  In particolare, l’associazione, faceva capo a due coniugi originari di Bistriţa-Năsăud (Romania) ma aveva l'appoggio anche di familiari. 

A ulteriore conferma della valenza operativa dei rapporti tra forze di polizia di Stati diversi, finalizzati alla condivisione delle informazioni, è importante sottolineare come dallo scambio informativo intrattenuto nel corso delle indagini anche tramite Interpol – l’Agenzia con sede a Lione che completa, unitamente a Europol, il Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia – abbia permesso il rintraccio e la cattura in Romania, Inghilterra e Francia di 7 latitanti rumeni, tutti destinatari di mandati di arresto europeo per reati commessi in Italia e collegati a vario titolo con i membri dell’organizzazione criminale investigata. 

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