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Infrastrutture

La lunga utopia del Ponte diventata una commedia all'italiana

L'opera che il centrodestra assicura al via al centro di un lungo dibattito su ambiente e rischi che oggi è soltanto scontro politico

Il Ponte sullo Stretto è da anni il cavallo di battaglia del centrodestra, e stavolta la coalizione, suggellando il proposito con un abbraccio messinese tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni davanti all'orizzonte del mare, giura di fare sul serio. Ma che sia la volta buona non ci crede più nessuno e il battage della campagna elettorale ha già fatto fiorire sui social i meme dove foto tarocche mostrano un superponte sullo stile di quello di Brooklyn che millanta essere quello tra Reggio e Messina solcato dalle auto dei pendolari calabro-siculi. 

Trent'anni di tira e molla per un'opera diventata utopia  

L'attuale progetto della grande opera, approvato in via definitiva, è in realtà tutt'altro che pronto per l'avvio dei cantieri, a causa dello sbarramento dello studio di fattibilità tecnico-economica commissionato alla Rete Ferrovie Italiane dal governo Draghi. A chiederlo è stato il ministro Giovannini, affidando a Rfi la valutazione su un progetto alternativo a più campate, che di fatto metterebbe in pausa di riflessiine quello a campata unica, anch'esso sotto la lente dell'esame perché ritenuto comunque da aggiornare.

L'ad Vera Fiorani in una recente iniziativa pubblica ha ipotizzato che gli esiti dello studio richiederanno un altro anno di tempo, perché il ministro ha chiesto a Rfi un parere preliminare su venti quesiti molto impegnativi e specifici (per citare i principali, si chiede di analizzare la resilienza e la risposta ad eventi sismici e di forti venti e perturbazioni; modalità del transito differenziato di merci e persone; raccordo con le reti autostradali e ferroviarie). Senza il piano di fattibilità non potrà essere affidato l'appalto. Insomma, siamo molto lontani dal partire in autunno - casualmente subito dopo le elezioni - come garantito dai leader di centrodestra.

Il Ponte sullo Stretto è storicamente identificato con un grande sogno di Silvio Berlusconi. Fu infatti il Cavaliere nel 2002, durante il suo secondo mandato da premier, a prendere in carico un progetto preliminare già esistente dal 1992, un'idea vagheggiata pure da Cossiga e Craxi. Berlusconi era convinto di farlo in tempi brevisimi e l'iter sembrò partire con l'assegnazione a una ditta vincitrice di apposita gara. Nel 2006 tutto si blocca con il governo Prodi; due anni dopo il ministro Matteoli, ministro rilancia l'opera, che nel frattempo aveva incassato un veto del Parlamento europeo con una risoluzione contraria.

L'atteggiamento dell'Ue rispecchia peraltro l'andamento contraddittorio della politica italiana e internazionale attorno al Ponte. Nel 2011 l'infrastruttura dello Stretto fu esclusa dalle prorità finanziarie, oggi Bruxelles la inserisce come piatto forte del recovery plan. Occorre però precisare che quei fondi sono vincolati al 2026 e nonostante i proclami è impossibile che i lavori del Ponte, pur iniziando domani, si concludano entro quella data. 

Nel 2005 il costo dell'infrastruttura era stato previsto in 3,88 miliardi di euro con una tempistica di realizzazione di 5 anni e 10 mesi. Un orientamento mai cambiato (finora) è quello del suo attraversamento senza pedaggio, che a qualcuno ricorda la scelta fatta in origine per l'Autostrada del Mediterraneo, nata come opera di sviluppo a favore di popolazioni in condizioni di arretratezza e svantaggio. Che dalla comunità internazionale non siamo visti ancora così è tutto da dimostrare.

Il governo Monti costituì la seconda battuta d'arresto del progetto, rientrato dalla finestra con il nuovo centrodestra e Renzi, che lo sfoderava come generatore di sviluppo e occupazione, segnando l'inizio di un dibattito ideologico dai contorni sempre più labili, dove destra e sinistra ma anche la stessa società civile non soni su posizioni nettamente opposte come in passato. 

In particolare il fronte degli ambientalisti è meno combattivo e lo scontro è ormai scivolato solo sul terreno dei costi e dell'eterna diatriba su dove si debba mettere davvero mano con urgenza, ad esempio nello stato di viabilità e mobilità delle due regioni coinvolte. Ovvero, il centrosinistra non è più contrario per motivi legati all'impatto dell'opera e a prospettive di manutenzione e sicurezza, ma ne fa un capitolo non impellente dell'agenda di sviluppo, sicuramente secondario all'intervento sulla rete di auto e treni.

I deputati Cinque Stelle siciliani, che restano fronte contrario, la scorsa estate hanno lanciato la proposta di far decidere i cittadini delle due regioni attraverso un referendum simile a quello sulle trivelle, ma sul punto aveva replicato Nino Spirlì, allora governatore facente funzioni, ampliando la platea dello strumento di partecipazione popolare all'Europa, vera titolare del progetto Ponte.

Il Ponte mediatico, dalla traversata di Grillo alla profezia di Tozzi  

Negli anni le prese di posizione sul Ponte sono diventate quasi materiale da commedia all'italiana. La più eclatante è stata quella di Beppe Grillo, che per rispondere alle polemiche sui tempi di percorrenza via mare diede spettacolo attraversando a nuoto lo Stretto in meno di un'ora di bracciate.

Giuseppe Conte, invece, nel 2020 immaginò una soluzione quasi da romanzo di fantascienza, ovvero il tunnel sottomarino. Una proposta non nuova (la citava anche Craxi come eventuale alternativa al ponte sospeso), che era già stata avanzata ottenendo una sonora bocciatura. Denominato tunnel di Archimede, sarebbe ancorato al fondale e lì trattenuto grazie alla teoria della spinta del matematico, è stato ritenuto troppo costoso e con rischi sismici elevati. 

A proposito di terremoti, il geologo Mario Tozzi l'anno scorso ha evocato uno scenario macabro, dichiarando in uno scioccante tweet che "costruire il ponte sullo Stretto antisismico con denaro pubblico significa scegliere di unire due cimiteri in caso di terremoto, visto che solo il 25% della popolazione di Reggio Calabria e Messina risiede in case adeguate. E non è questione di se, ma di quando". Una riflessione profetica su un antico timore dei dettrattori del Ponte (ma ormai pare essere diventato tabù), che aveva suscitato reazioni scomposte tra i follower del divulgatore scientifico, bersagliato da accuse di antimeridionalismo - oltre che di portare sfiga.

Sarà il più lungo al mondo, superando Akashi e Cannakale

Tozzi era stato smentito da chi ricordava i ponti costruiti in Giappone e sulla faglia di Sant'Andrea - siti altrettanto sismici, dove però l'adeguamento degli edifici circostanti è molto diverso da quelle delle abitazioni di Reggio e Messina. L'unico progetto sinora approvato ed emblema di tutta la storia è quello della società concessionaria Stretto di Messina, attualmente messa in liquidazione. Un'opera ambiziosa, a campata unica di 3300 metri, che ne farebbe il più lungo ponte esistente al mondo, superando anche quello giapponese di Akashi, di estensione pari alla metà del nostro, ma riprogettato e parzialmente chiuso dopo il terremoto del 1995 a Kobe. Attualmente in cima alla classifica c'è il Cannakale Bridge turco, lungo 2023 metri, che si srotola sopra lo Stretto dei Dardanelli e unisce Turchia e Corea del Sud, prendendo a modello proprio il nostro progetto a campata unica. 

Ulisse, erede del ponte galleggiante dove passarono gli elefanti cartaginesi

Romano Prodi lanciò uno frecciata cattivella a Berlusconi annunciando che "il ponte sullo Stretto lo vedrà mio figlio", ma da quella battuta tranchant sono passati nel frattempo anni sufficienti a stimare che i figli passeranno presumibilmente il testimone ai nipoti.

La pagina web satirica "Lo statale Jonico" si è portata avanti annunciando la fatidica data di avvio del cantiere per il prossimo 31 settembre ma se non vogliamo immaginare metaversi e mondi paralleli, per trovare un'idea davvero geniale di transito sopra le acque dobbiamo piuttosto andare molto a ritroso nel tempo. Precisamente al luglio del 251 avanti Cristo, quando il console Lucio Cecilio Metello, durante la prima guerra punica ordinò la costruzione di un ponte per permettere il trasporto di 140 elefanti cartaginesi, bottino di guerra della battaglia di Palermo, diretti a Roma e quindi che avrebbero dovuto superare il tratto di mare.

Si trattava di un ponte di legno galleggiante, di cui abbiamo notizia negli scritti dello storico greco Strabone e nella "Naturalis Historia" di Plinio il Vecchio, dove viene descritto come una passerella composta da botti vuote legate tra loro e intervallate da barche, sopra cui erano state poste larghe travi a formare un piano per l'attraversamento. Il ponte era delimitato da parapetti laterali e fu capace di contenere la carovana di pesanti pachidermi insieme ai soldati, oltre ad essere incredibilmente stabile sotto le sferzate delle correnti dello Stretto, alle quali la struttura si adeguava con fluttuazioni naturali. Quell'espediente, adottato da Assiri e Persiani tra le sponde dei fiumi, era una novità assoluta in quel contesto costiero. Dopo l'utilizzo per quell'occasione il ponte rimase intatto per diversi mesi, prima di arrendersi alla potenza del mare in tempesta. 

Restando in tema di antichità, il futuro ponte è stato battezzato Ulisse in omaggio alla mitologia che sullo Stretto evoca creature terribili e magiche come Scilla e Cariddi, domate dall'intelligenza di uomini eroici. Meglio prendere ad esempio l'astuto Ulisse e non gli imbonitori elettorali che calpestano il suolo che fu della Magna Grecia.

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