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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

La "ndrangheta di sostanza" dietro il progetto e l'esecuzione della stagione stragista

Il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo sta proseguendo la sua lunga requisitoria nel processo "Ndrangheta stragista": dibattimento nato da un'inchiesta che vuole colmare un vuoto di giustizia

“Ci avete messo venti anni da Reggio Calabria a venire a sentirmi”. Chi parla è Gioacchino Pennino, politico, massone e mafioso siciliano che ha scelto di collaborare con la giustizia, chi racconta è Giuseppe Lombardo, il procuratore aggiunto della Repubblica di Reggio Calabria che è impegnato nella requisitoria finale del processo “Ndrangheta stragista” che si sta tenendo presso l'aula bunker del Viale Calabria.

Le parole di Pennino, raccolte dal magistrato reggino, lasciano una traccia di evidenziatore sui ritardi della giustizia italiana nell’affrontare e provare a risolvere una delle pagine più oscure della storia italiana: quella della stagione stragista della mafia, dei rapporti contorti con pezzi deviati degli apparati di Stato e del ruolo assunto dalla ‘ndrangheta sullo scenario politico e criminale della fine degli anni novanta.

Un vuoto che il processo, nel quale sono imputati Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone come mandanti dell’uccisione dei carabinieri Fava e Garofallo, sta provando a colmare.

“Dalle parole di Pennino - ha spiegato Giuseppe Lombardo - si acquisiranno certezze sulla ‘ndrangheta di sostanza, che si nasconde dietro due o più paraventi ma che, invece, interagisce nella programmazione e nell’esecuzione della stagione stragista che si è consumata fra il 1991 e il 1994”.

Una stagione culminata negli attentanti ai rappresentanti dell’Arma in Calabria e che avrebbe dovuto registrare all’Olimpico una carneficina di carabinieri: “il colpo di grazia allo Stato” come lo definì il boss di Brancaccio, nel momento in cui l’Italia, uscita a pezzi dall’inchiesta “Mani pulite”, si stava aprendo ad un nuovo soggetto politico che stava nascendo fra Milano e Roma e che la mafia voleva tenere sotto scacco per i propri interessi particolari. 

In quella fase, ha concluso il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo, "bisognava fare un vero e proprio massacro di carabinieri, per destabilizzare lo Stato attraverso l'uccisione di quelli che sono dei simboli della Nazione, dopo gli avvertimenti dati alla Chiesa con le bombe ai simboli ecclesiastici o alla popolazione con gli attentanti ai simboli della cultura".

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