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Cronaca

L'ambiente è sotto attacco, le ecomafie sono sempre più potenti

Ecco i risultati dell'analisi annuale svolta da Legambiente, reati in crescita nonostante la pandemia e l'inasprimento delle norme del codice penale

L’ambiente è sotto attacco. Le mafie non hanno mollato la presa e continuano a sfruttare la natura per il proprio sporco tornaconto. Né i lockdown né l’introduzione degli ecoreati nel codice penale hanno potuto invertire la tendenza in aumento degli illeciti ambientali. Anzi, tutt’altro. Nonostante nel 2020 i controlli si siano ridotti del 17%, si è registrato un incremento della criminalità dello 0,6%. E la Calabria, naturalmente, spicca in questa classifica odiosa.

E’ questa la  fotografia scattata dal nuovo rapporto “Ecomafia” di Legambiente che registra una media di 95 atti illegali al giorno. E come spesso accade, a farne le spese più di tutti sono stati i boschi e gli animali. Per rendere più efficace l’azione dello Stato, gli ambientalisti hanno presentato 10 proposte: “Fondamentale – ammonisce Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - non abbassare la guardia contro gli ecocriminali, completare e rafforzare il sistema normativo e alzare il livello qualitativo dei controlli pubblici ambientali in tutta Italia, a partire dal Centro-Sud, soprattutto ora che il Paese spenderà le ingenti risorse pubbliche previste dal Pnrr”.

Ecco i numeri 

Nel dettaglio, i reati contro la fauna rappresentano da soli il 23,5% del totale dei reati ambientali con 6.792 persone denunciate, oltre 18 al giorno, 5.327 sequestri effettuati e 33 arresti. Numeri sicuramente in difetto rispetto alla realtà, sia per l’esiguità dei controlli effettivi (principalmente nelle aree interne e naturali), sia per la scarsa efficacia del sistema sanzionatorio, ancora privo di delitti adeguati alla gravità dei fatti. E la fauna porta con sé i boschi. Nell’anno che ha mandato in fumo quasi 180mila ettari di superficie forestale, i reati relativi agli incendi sono aumentati dell’8,1% rispetto all’anno precedente.

Ma una flessione c’è stata ed ha riguardato il ciclo dei rifiuti, che aveva sempre rappresentato un grave problema. Fino ad appellare intere zone della Campania come “Terre dei fuochi”. Nel caso degli smaltimenti illegali infatti lo scorso anno ha registrato un -12,7% rispetto al 2019, ma più arresti (+15,2%). Un dato che può frenare gli entusiasmi comunque, se consideriamo che potrebbe essere riconducibile ai periodi di chiusura di molte attività produttive durante i lockdown. Reati in leggera flessione anche nel ciclo del cemento (-0,8%), con una crescita però delle persone denunciate.

I dati, frutto del lavoro svolto dalle forze dell’ordine, dalle Capitanerie di porto e dalla magistratura insieme al sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, mostrano dunque una criminalità diffusa, seppure maggiormente concentrata nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa: Sicilia, Campania, Puglia e Calabria.

I dati della Calabria

La Calabria che invece si colloca al quinto posto della classifica nazionale con 2.826 reati.

Nel Rapporto inoltre, emerge che la Calabria possiede il triste primato per le interdittive antimafia con ben 194 provvedimenti. Seguita da Campania (100), Sicilia (97) e Puglia (93).

Nel ciclo illegale del cemento la Calabria si colloca al 4°posto nella classifica delle regioni italiane con 1082 reati. Nella top 20 delle province italiane infatti, Cosenza è al 2° posto con 271 reati; Reggio si colloca al 5° posto; Crotone al 13° e Vibo al 14° posto.

Per quanto riguarda il ciclo illegale dei rifiuti, invece, la Calabria è all’8° posto con 456 reati. Nella top 20 delle province italiane, Cosenza è all’8° posto, seguita da Reggio Calabria.

Dal 2002 ad oggi, tra le principali operazioni di polizia giudiziaria sull’art.452 quaterdecies del Codice Penale, sono state 39 le inchieste che hanno riguardato la Calabria di cui 25 dirette dalle procure calabresi e 14 dalle altre procure d’Italia in cui è coinvolta la Calabria. Dall’operazione “Econox” del 20 aprile del 2002 a “Mala pigna” del 19 ottobre 2021, 193 sono state le ordinanze di custodia cautelare emesse; 616 le persone denunciate, 74 le aziende coinvolte. Ben 4 le operazioni nel 2021: “Erebo Lacinio”; “Quarta Chiave”, “Efesto 2” e “Mala pigna”.

La Calabria si colloca al 6° posto invece nella classifica dei casi di incendi ad impianti di trattamento smaltimento e recupero rifiuti che, dal 2013 ad oggi, in regione sono stati 88.

Nei reati contro la fauna, su terraferma e a mare, 5° posto per la Calabria con 527 reati. Reggio Calabria al 5° posto in Italia. Nella pesca illegale per km di costa, la Calabria è al 3° posto con 374 reati su 111,7 km di costa (3,3 reati per km di costa).

L’appello di Legambiente

“In un momento storico in cui dovremo spendere ingenti risorse pubbliche previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – prosegue Ciafani - va scongiurato in ogni modo il rischio di infiltrazioni ecomafiose nei cantieri per la realizzazione di opere ferroviarie e portuali, impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e di riciclo dei rifiuti, depuratori, interventi di rigenerazione urbana, infrastrutture digitali, solo per fare qualche esempio delle opere che servono alla transizione ecologica del paese”.

E proprio per questo conclude Enrico Fontana, responsabile osservatorio ambiente e legalità dell’associazione ambientalista: “E’ necessario completare il quadro normativo e rimediare all’errore commesso due mesi fa. Quando la riforma del Codice Penale ha introdotto l’improcedibilità per i delitti ambientali, nel caso di una soglia temporale troppo lunga”. 

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