Reggio Calabria meta decadente di "Viaggi del degrado"
Tra rifiuti, palazzi fatiscenti e brutture urbane, la città finisce tra gli scenari della versione italiana della community fotografica internazionale
Cos'ha in comune Reggio Calabria con Beirut, Tirana, Instanbul o Bangkok? La risposta non è quella che si vorrebbe sentire. Insomma, non parliamo di esotismo o atmosfere incantate: a rendere alcuni angoli di questi luoghi in un certo senso vicini alla città dello Stretto è purtroppo una vena di abbandono e squallore urbano, in una parola il degrado. Tema che è protagonista della popolare community fotografica internazionale Rotten Trips - nella sua versione italiana, appunto, Viaggi del degrado - dove è presenza abituale pure Reggio, immortalata con scatti dove spazzatura, palazzi non finiti, relitti di roghi e carcasse di automobile si manifestano in tutta la loro decadenza contemporanea.
Bisogna precisare che le immagini sono bellissime (di alcune sono autori fotografi professionisti), e forse soprattutto per il soggetto, e la capacità di raccontare l'anima perduta di quei luoghi sfatti, consumati, sventrati da tempo e inciviltà. Dettagli che abbiamo ogni giorno sotto gli occhi, ma visti così, nella loro ineluttabile realtà, fanno un effetto scioccante. Reggio è una zona di guerra, ferita a morte da mali letali come l'edilizia abusiva e le discariche a cielo aperto, ma anche gli sprechi culturali e urbanistici.
Così l'ex cinema Orchidea annerito dal fumo fa capolino tra post che raccontano altre storie visive di degrado, lontanissime eppure affratellate alla nostra. Dal lato oscuro della Thailandia turistica, con i fabbricati in amianto nascosti dall'ombra degli hotel lussuosi ai murales combattenti di Atene, fino ai bunker albanesi che tradiscono il trauma della guerra sempre in agguato. L'Italia è ben rappresentata, dall'hinterland di Milano a una Roma oberata di spazzatura che contamina persino il Colosseo, e poi tanto Sud. Reggio è reginetta calabrese con tante suggestioni, affiancata nella rappresentanza regionale da qualche immagine del Catanzarese.
All'apparizione di montagnole di immondizia che proliferano nelle strade e i quartieri di periferia, i commenti di chi segue la pagina sono facili da prevedere. Tra i reggini qualcuno si offende, ma tanti fanno ammenda o rimpiangono i bei tempi andati, quando Reggio era bellissima e non somigliava a un teatro di saccheggi e bombardamenti. Non si salva neanche il nostro fiore all'occhiello, il lungomare dove una pianta abbattuta dal vento resta lì, lasciata al suo destino con le grandi radici franose esposte in modo quasi impudico, anche quando è tornata la luce del sole. E ci sono grappoli di rifiuti esplosi come una granata all'ingresso di Archi, che fanno da bastione respingente a una terra inaccessibile; e l'iconicissima statua del Cristo redentore a braccia aperte, una pennellata pop tra l'erba riarsa davanti ai finestroni delle case popolari lungo viale Europa.
"Arte moderna", ironizza un follower, e a poco serve tentare di schermirsi come fa chi lamenta la disonorevole attenzione verso Reggio: "Ma ce l'avete con noi?". E si scatena pure una diatriba di patriottismi armati e contrapposti. Guerre tra poveri, ovviamente. Polacchi che accusano i reggini "lordazzi", reggini che appellano i polacchi come ubriaconi, e immigrati dell'Est che provano a mettere pace spiegando che non tutta Reggio è così.
Sarà vero, ma siamo finiti su una pagina che va a caccia di bruttezza, un record dolceamaro da categoria degli ultimi. Dal letame nascono i fiori, cantava Faber. E in una challenge avvincente lo scheletro di una Panda al tramonto sulle colline di Terreti ha perso per un soffio il titolo di orrore più poetico contro un palazzo semidistrutto che sfregia la vista della splendida cattedrale di Trani. La fotografia pugliese ha vinto perché qualcuno ha rincarato la dose con un deposito a cielo aperto di mattoni, materiale di cantiere e un materasso sfondato, proprio sullo sfondo del Duomo. Stavolta la sconfitta non fa male perché in questo caso non siamo stati noi i peggiori.