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Cronaca Locri

Finisce in Brasile la fuga dalla giustizia di Rocco Morabito

Il broker della droga era evaso a Montevideo nel 2019, sulle sue tracce si erano messi gli investigatori del Ros, con lui c'era un altro narcotrafficante latitante, Vincenzo Pasquino

E' considerato il numero uno tra i broker che gestiscono il traffico di cocaina per i cartelli del Sudamerica Rocco Morabito, superboss della 'ndrangheta arrestato dai Carabinieri del Ros in un'operazione che li ha visti lavorare fianco a fianco con gli uomini dei comandi provinciali di Torino e Reggio Calabria e con gli investigatori brasiliani. Dall'anno della sua evasione da un carcere dell'Uruguay, nel 2019, il Ros è stato sulle sue tracce senza mollare mai fino a oggi, quando la squadra di circa 20 uomini arrivata in Brasile per braccare il secondo ricercato più pericoloso dopo Matteo Messina Denaro, sono riusciti a far scattare la trappola e a catturare Morabito a San Paolo. Con lui c'era un altro narcotrafficante latitante, Vincenzo Pasquino.

Hanno collaborato anche Fbi e Dea alla cattura del superboss della 'ndrangheta Rocca Morabito messa a segno questa sera dal Ros dei Carabinieri in Brasile. Ad agire, insieme al Ros, i carabinieri del gruppo di Locri e dei comandi provinciali di Reggio Calabria e Torino e gli uomini del servizio centrale di cooperazione di polizia - progetto Ican, della polizia federale brasiliana. Morabito, originario di Africo e broker numero uno per i cartelli sudamericani, è stato rintracciato in Joao Pessoa insieme a un altro narcotrafficante, Vincenzo Pasquino, torinese: il primo è inserito negli elenchi dei latitanti di massima pericolosità facenti parte del "programma speciale di ricerca" e il secondo in quello dei latitanti pericolosi stilate dal ministero dell'Interno. A coordinare l'attività del Ros, svolta in sinergia tra i reparti dell'Arma e il collaterale brasiliano, con il supporto dell'Fbi e della Dea statunitense, le procure distrettuali di Reggio Calabria e di Torino con l'ausilio della direzione generale Affari internazionali e cooperazione giudiziaria del ministero della Giustizia italiano e del dipartimento di giustizia statunitense. Rilevante, sottolineano gli investigatori, è stato il contributo informativo delle autorità uruguaiane: Morabito era infatti evaso nel 2019 dal carcere di Montevideo, nel quale era ristretto dal 2017, quando fu arrestato dai carabinieri e dalla polizia uruguaiana a punta dell'Este dopo 23 anni di latitanza. 

"Siamo soddisfattissimi di questa attività, iniziata il giorno dopo la sua fuga in stretta collaborazione con l'autorità giudiziaria e la polizia giudiziaria uruguaiana, in stretto collegamento con la Dda di Reggio Calabria, i carabinieri del Ros del comando provinciale di Reggio Calabria e di Locri, successivamente con il supporto della Dea, dell'Fbi, della polizia brasiliana e Interpol. Abbiamo messo in campo tutte le eccellenze investigative per raggiungere questo risultato". Lo dice all'AdnKronos, commentando la cattura del superboss Rocco Morabito, il capo della Dda di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri. "La fuga di Morabito poco prima dell'estradizione in Italia era una sconfitta - aggiunge -, ringraziamo anche la Direzione generale della Cooperazione internazionale del ministero che ci ha supportati in questa ricerca. Sono state messe in campo tutte le collaborazioni a livello internazionale di cooperazione di polizia giudiziaria che ci hanno consentito questo risultato importantissimo". "Fra l'altro con Morabito è stato arrestato anche un altro pericoloso latitante seguito dalla Dda di Torino con cui abbiamo collaborato. Un risultato importante che testimonia come non si è mai abbassato il livello di guardia nella lotta al narcotraffico e ai latitanti che si sottraggono alle ricerche a loro carico".

Un "grande successo collettivo - prosegue Bombardieri - che testimonia l'importanza della cooperazione internazionale e della collaborazione che non ci è mai mancata, a iniziare dai colleghi uruguayani con cui, subito dopo la fuga, ci siamo messi in contatto e abbiamo collaborato fino ai giorni scorsi. Tutti gli sforzi sono stati finalizzati alla cattura di quello che era uno dei latitanti più pericolosi, il numero 2 dell'elenco del ministero dell'Interno". "Lo seguivamo da tempo - conclude Bombardieri -, eravamo sulle sue tracce da tempo, è stato un lavoro certosino, la polizia giudiziaria italiana è stata più volte in Uruguay e in Brasile per questa cattura. E grazie alla collaborazione con gli altri organismi di polizia giudiziaria internazionale siamo riusciti a ottenere questo risultato. E ci tengo a sottolineare proprio lo sforzo corale da parte di tutti, perché tutti avvertivano l'importanza di questo obiettivo".

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