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La cerimonia / San Luca

Morì dopo un conflitto a fuoco, ricordato il brigadiere Tripodi

In mattinata, nel 37esimo anniversario della morte, l ’Arma dei carabinieri ha onorato con una sobria cerimonia il sacrificio del sottufficiale che fino all’ultimo ha dimostrato "profonda devozione nell’espletamento del proprio servizio"

Questa mattina a San Luca, a 37 anni dalla morte, l’Arma dei carabinieri ha onorato il sacrificio del brigadiere Carmine Tripodi, "caduto dimostrando fino all’ultimo profonda devozione nell’espletamento del proprio servizio".

Alla sobria cerimonia che si è svolta nel rispetto delle norme anti Covid hanno preso parte il comandante della legione carabinieri Calabria, gen. di brigata Pietro Francesco Salsano e il comandante provinciale di Reggio Calabria, col. Marco Guerrini. Il generale ha sottolineato l’alto valore di questa cerimonia che mantiene viva la memoria di un servitore dello Stato che ha perso la vita nell’adempimento del dovere, lasciando un profondo dolore nei suoi affetti e nella famiglia costituita da tutti gli appartenenti all’Arma dei carabinieri.

La storia del brigadiere Carmine Tripodi

Arruolato nell’Arma dei carabinieri il 14 luglio 1977, il brigadiere Carmine Tripodi, nato a Torre Orsaia (SA) il 14.5.1960 prestò servizio presso la compagnia di Bianco, la squadriglia carabinieri di Motticella e, da ultimo, dall’8 gennaio 1982, al comando della stazione carabinieri di San Luca. Fu fortemente impegnato con determinazione e grande professionalità ad arginare l’ondata dei sequestri di persona sui crinali dell’Aspromonte riuscendo ad assicurare alla giustizia i rapitori dell’ingegnere napoletano Carlo De Feo, tenuto prigioniero per 395 giorni sulle montagne reggine.

Alle 21 del 6 febbraio 1985, mentre stava andando a bordo della propria autovettura presso la caserma della compagnia carabinieri di Bianco subì, in località Cucuzza di San Luca, un agguato ad opera di tre malviventi che, dopo aver bloccato il passaggio del mezzo, esplosero all’indirizzo dell’auto numerosi colpi di lupara, attingendo mortalmente il militare e dileguandosi. Seppur ferito a morte, il sottufficiale reagì coraggiosamente esplodendo alcuni colpi con la propria arma, ferendo almeno uno dei malviventi in fuga, per poi accasciarsi esanime all’interno della sua autovettura.

Un esempio da ricordare ancora oggi, e per il suo altissimo senso del dovere, il 5 giugno 1986, in occasione della Festa dell’Arma dei carabinieri celebrata in Roma, il presidente della Repubblica ha conferito alla memoria del brigadiere Carmine Tripodi la “Medaglia d’Oro al Valor Militare” con la seguente motivazione:

"Comandante di Stazione distaccata, già distintosi in precedenti operazioni di servizio contro agguerrite cosche mafiose, conduceva prolungate, complesse e rischiose indagini che portavano all’arresto di numerosi temibili associati ad organizzazioni criminose, responsabili di gravissimi delitti. Fatto segno a colpi di fucile da parte di almeno tre malviventi, sebbene mortalmente ferito, trovava la forza di reagire al proditorio agguato riuscendo a colpirne uno, dileguatosi poi con i complici. Esempio di elette virtù militari e di dedizione al servizio spinto fino al sacrificio della vita".

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