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Il caso

Per il Times la Calabria è "hub della mafia", Occhiuto annuncia querela

Choc per un articolo del quotidiano britannico sull'accordo con i medici cubani, dove la nostra sanità è descritta nelle mani dei clan

Sanità calabrese senza professionisti e nelle mani della criminalità, dove il manipolo di medici cubani reclutato dalla Regione appare come un esercito della salvezza nella landa dove nessuno vuole lavorare negli ospedali. Così il Times lancia la notizia del progetto avviato con Cuba, ma il governatore Roberto Occhiuto è già pronto a querelare il quotidiano britannico. Occhiuto lo promette con un tweet dove spiega che il titolo originale dell'articolo pubblicato nelle scorse ore sul sito del giornale è stato modificato a tempo di record - lasciando intatto però il senso, ovvero che i nostri ospedali siano malgestiti e finanziati dalla 'ndrangheta (anzi mafia, perché all'estero questa regione è appendice di un grande calderone meridionale dove il male assoluto nell'immaginario collettivo si chiama sempre così, nell'iconico solto del Padrino siciliano).

"Per The Times - scrive il presidente su Twitter - la Calabria è l'hub della mafia. Un titolo, poi modificato, intriso di banali stereotipi, ad un articolo che racconta l'accordo con i medici cubani. La nostra regione è stanca di questi luoghi comuni".

In prima battuta nel pezzo del giornalista Tom Kington la Calabria veniva definita una sorta di nucleo caldo della mafia, alludendo che sia questo il motivo dell'emorragia di medici italiani negli ospedali regionali, ridotti al collasso. Dopo le prime segnalazioni di aver commesso una gaffe con il rischio della diffamazione, è stato aggiustato il tiro: adesso la Calabria in sè non è un hub mafioso ma abbiamo ancora il piccolo problema di ospedali controllati dalla criminalità e dunque evitati come la peste dai medici italiani, persino quelli oriundi, che a differenza di tanti emigrati eccellenti non intendono tornare. Infatti, riporta il Times, la chiamata dei professionisti calabresi trapiantati fuori per mettere a disposizione il loro lavoro nella loro terra non è stata accolta da nessuno, spingendo la Regione a rivolgersi ai cubani, la cui disponibilità si era sondata nel periodo dell'emergenza Covid.

Un giudizio che spiazza anche perché, meno di un mese fa, un altro Times, quello newyorkese, aveva magnificato la Calabria come meta ideale di vacanze e sede di località di bellezza incontaminata. Una terra bifronte, dunque, dove il rovescio della medaglia di una magnifica natura sarebbero, per i media esteri, la corruzione e il malaffare.

L'articolo sui medici cubani con questa disonorevole narrazione ha subito fatto montare l'indignazione tra i calabresi, e qualcuno si chiede anche chi abbia dato la "soffiata" al Times con toni evidentemente tali da giustificare una simile interpretazione. Un sospetto che affiora inevitabile alla luce della polemica seguita all'annuncio dell'assunzione dei 497 medici cubani, in questi giorni al centro di un rovente dibattito con attacchi alla gestione della sanità calabrese e strascici nello scontro politico in piena campagna elettorale. 

Il deprecabile svarione del Times fa riflettere perché dimostra che nonostante un presunto processo di restyling in corso, l'immagine della Calabria all'estero continua ad essere macchiata dall'ombra nera delle organizzazioni criminali. Basti ricordare il clamoroso caso del falso scoop della Bbc che nel '95 aveva allestito a Reggio una discarica urbana di siringhe e rifiuti per girare un drammatico servizio costruito ad arte nella città delle faide - smantellato in diretta e sbugiardato a livello internazionale. O ancora il claim della compagnia aerea EasyJet, che indicava terremoti e delitti di mafia come unici sussulti di varietà nel deserto di una Calabria arroccata fuori dal mondo. Non solo.

I temi del Padrino, libro e film meravigliosi, continuano a fare scuola e contaminare l'attualità oltre la loro reale collocazione culturale e storica, tanto che un anno fa di questi tempi l'Università Cattolica di Leuven in Belgio se n'era uscita con uno terribile spot pubblicitario per i suoi corsi d'italiano dove scherzava sul fatto che non conoscendo una lingua si possa fare il fatale errore di ordinare una 'ndrangheta per dessert.

La lavata di capo dell'ambasciatore italiano Francesco Genuardi aveva convinto l'ateneo a rimuovere i manifesti con lo slogan offensivo. Stavolta però il Times ha lanciato un'accusa molto grave: nel pezzo infatti si parla anche di manager sanitari incompetenti e messi al loro posto per interessamenti politici.

Kington, corrispondente in Italia per il grande quotidiano britannico, sembra amare molto un tipo di racconto grottesco del Sud e un mese fa aveva scritto di camorra enfatizzando la nuova passione dei giovani boss per TikTok. Toni da fiction che dall'esterno fanno l'effetto di una realtà distopica, continuando ad affossare la rinascita di quei territori condannati fine pena mai dall'onta di una malafama che nessuno vuole riabilitare.  

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