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Venerdì, 29 Marzo 2024
La riflessione

Una campagna elettorale dai tavoli e senza la passione delle piazze

Pochissimi veri comizi per i big arrivati a Reggio, che non sono riusciti ad attirare la folla e hanno preferito visite fugaci

Quella che sta per concludersi è stata una campagna elettorale atipica, dove è mancata la componente principale, la piazza. Stavolta non è colpa del Covid, ma a Reggio nessun politico, né locale né big, è riuscito ad attirare il classico pubblico che eravamo abituati a vedere in passato nelle sedi dei comizi. Che in realtà non sono quasi mai stati tali, smorzandosi in semplici giri di rappresentanza nei quartier generali dei vari partiti o in gazebo risicati. Forse per timore di un colpo d'occhio lampante, con i grandi spazi disertati dalla gente e l'inoppugnabile prova del declino dei consensi.  

Che ci sia stato un calo di presenze (e d'interesse) generalizzato è evidente, ma il motivo non è da ricercarsi nell'assodata disaffezione alla politica. Al contrario, mai come stavolta la gente sembra caricata a molla, esasperata e pronta ad esplodere contro chi si presenta a chiedere voti vendendo parole di fumo. Cosa è successo, dunque, e perché le piazze sono rimaste mezze vuote? Tra partiti e supporter, la tentazione di cedere al vecchio vizio delle gare di numeri è sempre forte, e in questo caso per tutti la prima domanda che rimbalza da uno schieramento all'altro è piuttosto su chi ha fatto meglio.

Tanti big in riva allo Stretto ma i comizi veri sono pochi

Nell'opera di attrazione delle masse, la differenza l'hanno fatta i grandi nomi. Ma a Reggio se ne sono visti pochi e con la netta sensazione di essere quasi tutti di passaggio. La leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni da questa parte dello Stretto non è apparsa (si aspettano visite a sorpresa dell'ultima ora che ci possano smentire), e questo nonostante si sia diretta in Sicilia saltando a piè pari Reggio. Una scelta intuitiva: sulla bilancia dei territori appetibili l'isola ha il peso maggiore perché lì si gioca anche la partita delle regionali.

Un ragionamento fatto pure da altri leader, che però hanno pensato di mettere in agenda anche fugaci apparizioni qui in città. Meloni no, in Calabria per lei basta e avanza Cosenza, dove l'affluenza al suo comizio è stata al centro di tesi opposte, suffragrate da prove fotografiche contraddittorie ma tutte visivamente attendibili. Resta intatto l'amletico dilemma.

Nella piazza cosentina erano davvero una folla o in realtà non così tanti? In queste ore sui social è diventata virale una foto dove Giorgia parla davanti a un oceano di teste, ma qualche osservatore attento ha notato che nel pubblico ci sono diversi replicanti e che anche le scarpe della bionda leader sono misteriosamente aumentate di numero. Se non è photoshop sarà il tour elettorale ad avere questo effetto anabolizzante. 

Anche Giuseppe Conte ha diviso gli animi. Secondo alcuni, la gente accorsa per vederlo sul lungomare (dove un gazebo Cinquestelle riservato ai media è rimasto deserto perchè non si è mai svolta neanche la parvenza di una conferenza stampa) era un gruppo esiguo; secondo altri erano tantissimi - e di certo sono stati i sostenitori più appassionati. Nel caso di Conte ha sicuramente inciso la scarsa pubblicità attorno a quello che non era un comizio, ma un semplice incontro con i giornalisti e i candidati calabresi (ma c'era solo Federico Cafiero de Raho), nel quale si è infilata anche la consueta visita ai Bronzi e un colloquio con l'imprenditore minacciato dal racket Bentivoglio e le associazioni di categoria. Insomma, a giudicare dall'entusiasmo con cui i presenti hanno accolto il leader Cinquestelle, se lo avessero saputo sarebbero stati molto più numerosi. Pur paziente e assertivo con gli ammiratori giunti da altre province e con qualche "bimba" in cerca di autografi e sorrisi, il presidente aveva però la malcelata fretta di raggiungere la destinazione più importante, ovvero la solita Sicilia.

Matteo Salvini ha dato soddisfazione alla Calabria. Le due volte a Reggio a breve distanza hanno provocato un fisiologico calo di presenze sotto i gazebo, ma il numero uno della Lega (a cui intanto va la palma del più puntuale e rispettoso degli orari) è habituè di queste lande, e tra i suoi nessuno dà importanza a queste cifre di pubblico, preferendo contare i nuovi tesseramenti. Però se per i tradizionali selfie post comizio qualcuno dello staff si industriava per invitare (o convincere) la gente, forse qualcosa è cambiato e il segnale non andrebbe sottovalutato.

Meno consistente e soprattutto meno calorosa la presenza di pubblico per Maria Elena Boschi. Ad ascoltarla c'erano essenzialmente simpatizzanti e militanti del terzo polo; Renzi avrebbe forse ottenuto di più ma l'ex premier a Reggio stavolta non ha rischiato, preferendo parlare agli elettori calabresi da Lamezia. Poco seguito, per ovvi motivi di popolarità, il presidente nazionale di Azione, Matteo Richetti, che però ai comizi ha preferito un'iniziativa originale. Oltre che a Reggio è andato a Taurianova, dove ha fatto colazione con i panificatori e i pasticceri della città discutendo con loro delle difficoltà del caro bollette.

Buon riscontro, commisurato al personaggio, per il presidente di Noi con l'Italia Maurizio Lupi, big elettorale chiamato a Reggio da Noi Moderati, anche lui protagonista di dibattiti molto orientati come tipo di pubblico, ma comunque capaci di dare il testare il gradimento della coalizione. 

Una sorpresa l'ha riservata invece un big controverso come Gianluigi Paragone, fondatore di Italexit. Ha scelto un lido per dare il suo sostegno ai candidati nei collegi regionali ed è riuscito a riempirlo e guadagnare applausi. Mentre Luigi de Magistris che in Calabria stavolta lancia il suo partito Unione Popolare, a Reggio è stato penalizzato da un calendario regionale serratissimo: il pubblico non ha avuto il tempo di avvicinarsi che già l'ex sindaco di Napoli era pronto per ripartire. 

Passioni e invettiva solo sul web, la piazza resta tiepida

L'impressione è che gli elettori reali non ci siano mai stati in una campagna elettorale così strutturata, gestita non dai palchi ma dietro tavoli di conferenza, con uno scarsissimo contatto umano. L'unico vero comizio in città lo hanno animato i candidati del centrosinistra calando il tris d'assi Letta-Speranza-Bersani, che se volessimo davvero montare una sfida tra piazze almeno lì avrebbero stravinto. Chi conosce un po' la fauna della coalizione ha potuto riconoscere tra il pubblico vecchie glorie del Pd, militanti, amministratori e un parterre oriundo, decisamente fuori dai sondaggi. Ma a piazza Duomo c'era anche la gente vera, tantissima.

Gli applausi non sono stati in proporzione, quel pubblico è apparso tiepido, serio e quasi guardingo. Un dato oggettivo ed evidente, che conferma lo spostamento della campagna elettorale più verace dalla presenza fisica ai social. I primi a farlo, con un battage capillare che ha inaugurato anche il filone di TikTok, sono stati gli stessi candidati. Gli elettori rispondono a tono, e quella è proprio la sede giusta. Nelle piazze reggine in queste settimane era circolata la promessa di qualche intervento eclatante. Sottovoce si annunciavano fischi, striscioni e polemiche. Poi invece è stata calma piatta: le piazze sono rimaste mute e anestetizzate nella rabbia repressa contro quei leader finalmente a portata di invettiva, mentre su Facebook e Twitter i leoni da tastiera si sono scatenati e ce n'è stato per tutti. 

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