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I big del voto / Centro / Lungomare Italo Falcomatà

Folla in estasi per Conte: "Parassiti sono i mafiosi, non la gente in difficoltà"

Toccata e fuga reggina per il leader Cinquestelle, che va all'attacco della 'ndrangheta e incontra l'imprenditore minacciato dal racket Bentivoglio

"Quando diciamo parassiti dobbiamo parlare dei mafiosi, non di chi prende il reddito di cittadinanza. Come vi permettete voi, politici che state lì da da trent'anni e guadagnate anche con i soldi pubblici, di dare dei parassiti a chi è in difficoltà e ha un sostegno dallo stato? Questa è una cosa indegna, che mi fa imbestalire!".

Giuseppe Conte a Reggio difende la creatura pentastellata del rdc, e la folla dei suoi sostenitori, accalcata davanti al gazebo allestito sul lungomare, lo applaude e va in estasi. Per loro rimarrà sempre il presidente, il premier del momento più duro di quest'epoca storica, che l'avvocato affrontò con la fermezza ma anche il garbo e l'umana bonomia che l'hanno fatto entrare nel cuore della gente. Non è il bagno di folla di due anni fa, quando un gremitissimo tour calabrese in piena emergenza pandemica aveva suscitato polemiche. Stavolta la presenza non è oceanica, però ben più significativa di quella che ha accolto altri big politici approdati in riva allo Stretto per partecipare alla campagna elettorale dei candidati calabresi. Soprattutto la passione è sempre vivissima e Conte non delude chi sgomita per vederlo da vicino, fare un selfie o un autografo.

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Giuseppe ci sa fare ed esordisce magnificando l’orizzonte marino, “bello perché siamo qui in Calabria”. Un gruppo di sostenitrici è arrivata dalla provincia di Cosenza e sfoggia cappellini e maglia del Movimento, in tanti lasciano al numero uno dei Cinquestelle lettere e messaggi scritti a mano con uno stampatello straripante, dove saltano subito all'occhio parole esasperate, punti esclamativi, rabbia e indignazione. Nell'ovazione generale, le voci lo acclamano scandendo il suo nome e qualcuno, già vedendolo vittorioso alla guida del paese, grida "presidente, il 27 settembre ricordati di noi". 

Il traffico si ferma, passanti e automobilisti sono bersagliati dalla propaganda spontanea dei portatori di striscioni (“andate a votare Conte”).

1663334639045-2E’ l’ora di fare sul serio e infatti oggi le "bimbe di Conte" sono un lontano ricordo. Il lieve chiacchiericcio attorno al fascino del presidente, sempre ammiratissimo dalle signore, passa però in secondo piano. Questa campagna elettorale è oscurata da una cupezza più grave di quella degli anni del virus. I cartelli gialli degli elettori reggini di Conte sono un Sos, trasudano speranza e sincera fiducia in quello slogan "dalla parte giusta" scelto dai Cinquestelle per invitare al voto e che diventano passaparola per convincere altri elettori, i delusi e gli indecisi.

"Dei mafiosi non si parla mai - continua Conte - chi attacca il reddito di cittadinanza sa parlare solo della povera gente. Un paese che aiuta chi ha bisogno è civile, invece oggi stiamo vivendo in un mondo capovolto dove vogliono farci credere che il loro ordine politico sia la normalità". 

'Ndrangheta e criminalità organizzata sono i temi scelti da Giuseppe Conte per questo fugace passaggio a Reggio accanto ai candidati calabresi del partito, il procuratore antimafia Federico Cafiero de Raho e gli attuali parlamentari uscenti Riccardo Tucci, Giuseppe Auddino e Anna Laura Orrico. Breve ma intenso, tanto da far sorgere il malizioso sospetto che la visita reggina sia stata un po' un dovere di cortesia, fatta entrare al fulmicotone nell'articolata maratona siciliana del leader Cinquestelle. La Sicilia, che voterà anche alle regionali, è piatto più ricco, e questa sperequazione di interessi con l'orologio in mano si era notata pure per Matteo Salvini (che però, lui, in Calabria è candidato).

Qualche esortazione a "fare presto" scappa in effetti a Conte, pur docile a firmare t-shirt ed elargire sorrisi e saluti prima di scappare verso il traghettamento al di là del mare. Impossibile per i media, finiti nel vortice di gente, fargli anche solo una domanda sebbene il gazebo fosse stato indicato come area stampa e l'iniziativa rivolta ai cronisti (tanto che i giornalisti presenti hanno inviato una lettera di protesta al presidente dell'ordine regionale Giuseppe Soluri). Conte fa tutto lui, compreso introdurre de Raho ("un alfiere dell'antimafia, ha lavorato qui sette anni e non ve lo devo presentare io").

All'unisono i due si scagliano contro la piaga criminale, spiegando, il leader, che "la 'ndrangheta e le mafie sono capaci di insinuarsi in tutti i gangli della vita politica e istituzionale, e dobbiamo combatterle con legalità e onestà ma anche grande competenza, perché, signori, non basta essere onesti ma qui occorre aver studiato questo nemico che prosciuga le nostre migliori energie ed avere gli strumenti per contrastarlo".

Una delle persone giuste è per Giuseppe Conte, appunto, de Raho. L’ex magistrato dichiara: "E' vero quello che dice Giuseppe, il sistema criminale va capovolto e abbattuto. Questa terra può rinascere ma deve avvenire con dignità e nel rispetto della costituzione, dobbiamo impegnarci insieme e reagire ciascuno facendo la sua parte e restando sempre con la schiena dritta”.

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Nonostante la toccata e fuga, Conte ha avuto il tempo di omaggiare i Bronzi con un giro al museo archeologico, ma soprattutto ha dedicato gran parte della mattina a un incontro presso la Sanitaria Sant’Elia con l’imprenditore Tiberio Bentivoglio (nella foto al centro accanto a Conte), vittima di gravi ritorsioni per essersi ribellato al racket. L’ex premier e de Raho si sono fermati a lungo con Bentivoglio in un colloquio che ha coinvolto anche i rappresentanti cittadini di Confesercenti e Confcommercio, Claudio Aloisio e Lorenzo Labate, il presidente della camera di commercio reggina, Ninni Tramontana, e Angela Presto, imprenditrice edile che vive sotto scorta perché minacciata dalla criminalità.  

Accompagnato dai suoi fan, Conte si è eclissato dal lungomare lasciando dietro di sé commenti di approvazione. Si evoca il reddito di cittadinanza rivendicando che “è come dice il presidente, devono vergognarsi, loro rubano ma vogliono farci morire di fame”.

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