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Skilla e Cariddi, vediamo come quei miti intramontabili esistono ancora oggi

I mostri della Letteratura antica visti con gli occhi della Scienza. Tutte le curiosità che non conoscete

Skilla e Cariddi, quelle divinità marine protagoniste del tempestoso viaggio di Ulisse tra canti ammalianti e sirene alate. Ma cosa c’è di vero in tutto questo? Quando il mito incontra la scienza non può che diventare pura realtà e se questi miti riguardano lo Stretto di Messina bisogna fare un passo indietro del tempo per comprenderne la complessità. 

A tal proposito entra in ballo l’Odissea, l’immensa opera letteraria che affonda le sue radici in un passato molto più lontano di quanto si pensi ma che è al contempo di un’attualità disarmante. A condurci in questo viaggio attraverso i miti dell’antichità visti con gli occhi della Scienza l’esperto e biologo marino Angelo Vazzana, studioso dei fenomeni dello Stretto che ha pubblicato numerosi libri sull’argomento tra cui "Odissea dell’Odissea". 

La spiegazione scientifica 

Innanzitutto bisogna partire da ciò che rende lo Stretto unico, ovvero quella  parte di mare  più stretta che unisce  Punta Pezzo e Punta Faro.  A 76 metri c'è una cresta di montagna, un valico tra i due bacini di Scilla e Area dello Stretto che si possono paragonare a due mezzi imbuti.  Tra loro  c’è una comunicazione costante. Un ruolo fondamentale è assunto dalle correnti influenzate dall' attrazione della luna  e dal microclima. Ogni giorno dunque nello Stretto c'è un movimento armonico  in cui si alternano  corrente montante (verso Nord e verso il Tirreno) e corrente scendente dal  Tirreno all' Area dello Stretto intervallati  da momenti di stanca. Per via delle correnti le acque di superficie incontrano quelle di profondità sotto i 400 metri dando vita ai vortici e che troviamo a Reggio a Punta Pezzo perchè  è da lì che comincia la cresta, ma anche a Punta Faro e nella Rada San Ranieri. Ma cosa c’entrano questi fenomeni con i miti? Ecco la connessione tra i due. 

Quando il mito incontra la realtà

“Nell’Odissea si fa uso costante di allegoria- precisa lo studioso - che è riscontrabile nella realtà ancora oggi”. Si parte intanto da alcune precisazioni: “L’Odissea è stata scritta a Reggio - afferma -  ci sono testimonianze storiche e letterarie a tal proposito  con  Teagene di Reggio nel 527 a. C. e in seguito con altri due autori reggini Lico di Reggio e Licrofone del 290 a.C. Omero è solo uno pseudonimo”. 

Di Skilla, questo il nome corretto e Cariddi attestazioni letterarie ascrivibili a questi autori che già parlavano dei miti dello Stretto.”Ogni mito - continua Vazzana - scritto all’interno dell’opera è spiegabile scientificamente. Ad esempio Skilla e Cariddi identificati come divinità marine sono in realtà i pericoli della navigazione, già in Grecia nel 517 si usava il termine Skilla con significato "pericolo, roccioso”, in pratica prima del terremoto del 1783  davanti alla Rupe di Scilla c’erano dal VI secolo a.c. degli scogli che apparivano fuori dall’acqua come pennacoli, chiamati i tre denti di Skilla.

Inoltre, la descrizione di questo mostro fa riferimento al pesce abissale drago di mare o pesce vipera, Chauliodus skyllae, spesso trovato nella spiaggia degli abissi  di Punta Pezzo e che doveva già essere conosciuto nell’antichità, anche questo si presenta con tre lunghi denti.

Oggi questi scogli su cui andavano a sbattere le navi  per via delle correnti costringendole a tornare indietro si trovano  sott’acqua e sono ricoperti da meravigliosi coralli. Dunque una realtà dimostrabile anche questa come  la Cariddi (la corrente e  i vortici) descritta allegoricamente come “colei che con la bocca aperta tre volte al giorno vomita e tre volte al giorno risucchia”, ovvero le fasi  alternanti delle correnti che nella letteratura diventano 3 anziché 4 solo perché di notte all’epoca non li avevano ancora osservati.

Che dire ancora delle sirene alate? Perché metà donne e metà rapaci e non pesci? Perché facevano riferimento alle arpie, ovvero ai cormorani, e il canto delle sirene invece non era altro che assimilabile ai rumori dei  vortici e dello scorrere di correnti profonde e di superficie che somigliavano ai lamenti che ammaliavano i marinai che sbattevano nella rupe di Scilla. 

E per quanto riguarda le leggende sia Skilla che Cariddi vengono descritti come mostri: Glauco si innamora di Scilla e la maga Circe gelosa avvelena le acque per renderla un mostro,  il veleno  è in realtà quello delle meduse, la  sostanza urticante che trasforma la pelle in qualcosa di terrificante.

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