rotate-mobile
Sport

Basket in carrozzina, Cugliandro: "Favoriti per la A. Strutture? Come se dessimo fastidio a qualcuno"

Il coach della Farmacia Pellicanò Rc Bic, unica calabrese in lotta per la Serie A, ha commentato per ReggioToday l'attuale stagione, l'impegno sociale e l'impiantistica reggina

Una realtà sana, promettente e con risultati di spessore da custodire gelosamente e mostrare con orgoglio. Racchiuso in poche parole: Farmacia Pellicanò Bic Reggio Calabria. Si tratta dell’unica squadra di basket in carrozzina della regione attualmente presente in Serie B e impegnata costantemente nell'aiutare i giovani con disabilità ad avvicinarsi allo sport e migliorare di conseguenza il proprio stile di vita.

Il roster reggino viaggia a vele spiegate nel proprio girone e, a quattro giornate dal termine, le fasi finali per il sogno promozione in massima serie sono più concrete che mai. Una società sportiva così ben affermata ad ottimi livelli e concretamente impegnata nel sociale è, paradossalmente, costretta a dover fare i conti con delle serie problematiche d’impiantistica nel territorio reggino. Condannati ad allenarsi in orari scomodi al PalaLumaka, devono stravolgere le loro tabelle di marcia e, come se non bastasse, in vista di una possibile Serie A il problema andrebbe ad ingigantirsi.

Cugliandro Antonio-2A tal proposito, in esclusiva per ReggioToday, il coach della squadra Antonio Cugliandro (in foto) ha fatto il punto della situazione sia sul fronte tecnico che per la parte sociale e in ultimo ma comunque sempre in primo piano le questioni sugli impianti sportivi.

Percorso netto in campionato con 8 partite e 8 vittorie. Il sogno Serie A è sempre più concreto?

“Si, quest’anno si. Abbiamo tutte le carte in regola per fare il salto di categoria a livello sportivo. Rispetto alle esperienze passate abbiamo fatto dei passi in avanti. É il quarto anno che esistiamo e il quarto che riusciamo a strappare il pass per le finali.

Sulla carta dovremmo essere i favoriti anche se c’è Varese che è una bella squadra con l’esperienza della A dell’anno scorso anno, anche se ha perso qualche giocatore e il 14 marzo disputeranno le qualificazioni dell’Euroleague. Noi abbiamo fatto richiesta, ma essendo una squadra che esiste da pochi anni, non abbiamo ranking. Eravamo la prima da ripescare, ma non ha rinunciato nessuno. Ci hanno garantito che il prossimo anno saremo tra quelle considerate ad effettuare le qualificazioni per una manifestazione di livello internazionale e di prestigio così da portare in alto il nome di Reggio.

Abbiamo giocatori che vengono da tutto il mondo, uno dall'America, una dalla Turchia che è stata la prima atleta del settore ad andare fuori dal proprio Paese, uno svedese, due lettoni, due romani. Purtroppo nel nostro territorio è difficile trovare ragazzi perché sono chiusi in casa o perchè i genitori vedono lo sport come barriera perché secondo loro è impossibile giocare."

Quali sono le insidie da fronteggiare nelle ultime partite del girone e nelle eventuali fasi finali?

“Nel nostro girone non ci sono grandi insidie, le uniche potrebbero essere le attuali seconde Bari e Lecce però siamo a quattro punti di vantaggio. Anche una sconfitta non creerebbe problemi, il margine che ci da' tranquillità. Non devono, però, ingannare i risultati. Il girone purtroppo magari non è allenante ma superato, nella fase finale, gli scontri sono tutt’altra cosa. Come la Serie A rispetto alla B è un’altra cosa. Si va molto più veloci. Magari qua vinciamo di 50 punti, poi diventano tutte belle toste e vinci solo di qualche punto. Domenica prossima siamo a Barletta ed è l'ultima in classifica e noi andremo con sei atleti per dare spazio a tutti. Una volta superato il girone, guardando i roster, quelle che potrebbero dare più fastidio sono Varese, Vicenza e una tra Treviso e Gradisca d'Isonzo. Di queste ultime due, solo una potrà passare visto che sono nello stesso girone."

Le novità di regolamento sulle fasi finali potrebbero incidere?

"Quest’anno la formula cambia, nei primi tre anni c’erano le final four. Adesso invece abbiamo quattro gironi, passeranno le prime due con otto squadre alle finali. Ci saranno i quarti di finali con andata e ritorno e differenza canestri. Chi avrà la meglio andrà in semifinale e poi si passerà all’eventuale finale sempre al meglio delle due partite. Nuova formula pensata in virtù dell’anno scorso dove abbiamo avuto l’onore di organizzare le final four a Reggio. Noi e Padova nel sorteggio siamo capitate le prime a scontrarci alle 9 del mattino. A parte l’orario improponibile, con la partita di cartello all'inizio è stato brutto capire da subito chi fosse la squadra che andava in Serie A, purtroppo in quella partita è andata male. C’è servito come esperienza. L’anno scorso abbiamo perso solo quella partita, bastava sbagliarne una e tutto andava perso, quest’anno si ha la possibilità di recuperare con al meglio delle due."

In cosa consiste nello specifico il vostro impegno nel sociale?

"Sabato saremo a Cosenza in una scuola impegnati in un evento per sensibilizzare tramite il basket in carrozzina. Non ci limitiamo allo sport ma abbattiamo le barriere mentali. Su Reggio abbiamo notato miglioramenti. Oggi a passeggiare sul Corso iniziano i sorrisi, iniziano a chiederci quando giochiamo e inizia tutto ad essere veramente una realtà. Tutti i sacrifici incominciano ad avere dei riscontri. Piano piano stiamo andando avanti. C’è la Farmacia Pellicanò che ci da' una bella mano ma purtroppo non basta. Siamo gli unici in Calabria a partecipare ad un campionato nazionale. Ci stiamo già muovendo per le finali, ci vorrà programmazione e anche tanti soldini. Ci stiamo organizzato tramite gli scout e amicizie e stiamo facendo per Pasqua la raccolta fondi tramite vendita di uova di Pasqua. Stiamo andando nelle scuole per sensibilizzare. Purtroppo non ci sono gli sponsor, cerchiamo di sopravvivere. La squadra in Serie A più vicina è Roma ed è assurdo che al sud Italia non ci sia nemmeno una squadra che ci giochi. Il motivo è la mentalità, perché al nord ci sono società che esistono da oltre trent'anni e in Calabria solo 5 anni fa. Per la mentalità siamo indietro rispetto al nord."

Cosa si sente di dire ai ragazzi con disabilità e ai loro genitori per avvicinarsi al basket in carrozzina?

"Abbiamo avuto esperienza personali. A gennaio 2019 abbiamo organizzato il Candido Junior Camp. L’ex direttore della Gazzetta dello Sport Candido Cannavò credeva tanto nello sport per disabili come terapia. Si tratta di un camp di basket in carrozzina dove si avvicinano i giovani allo sport per renderli più autonomi. Ho contattato circa 12 ragazzi di Reggio e inizialmente sembravano entusiasti di partecipare, dopo ho avuto tutte risposte negative. Sul territorio siamo riusciti a portare un ragazzo extracomunitario. La difficoltà è che sul Corso Garibaldi, ad esempio, ho visto un ragazzo in carrozzina e il genitore infastidito quando mi sono avvicinato per parlargli della nostra squadra. Parte tutto dalle famiglie, se i genitori sono chiusi mentalmente è normale che i ragazzi abbiano difficoltà nel capire che lo sport possa essere una risorsa per diventare autonomi e approcciarsi alla vita.

Un'altra esperienza personale mi è capitata a Soverato, quando un ragazzo l’indomani mattina di una trasferta mentre eravamo in hotel è scoppiato a piangere ed era un pianto di emozione perché ci raccontò che era la prima volta che riusciva a dormire fuori casa senza i suoi genitori. Questi eventi ci danno la forza per andare avanti. Ci sono mentalità differenti tra i disabili e insieme si possono confrontare e aiutare. C’è pure il fatto dei genitori magari più morbosi e vicini ai figli. La mentalità viene plasmata da tante cose. Potrei dire qualsiasi cosa ad un ragazzo, devono aprire le menti e abbattere queste barriere mentali perché il fatto stesso di andare a giocare con una squadra, farsi l’allenamento, la doccia da soli, tutto questo li rende molto più liberi. Un ragazzo di Gallina, ad esempio, non aveva mai guidato la macchina dopo essersi preso la patente. Quando ha cominciato a giocare con noi è uscito con l'auto, ha iniziato ad andare al pub con gli amici e cose così. Lo sport aiuta a socializzare e confrontarsi anche tra loro. Chi la vive in un modo e chi un un altro la disabilità e confrontandosi si rendono conto di tante cose e vivono in maniera diversa, si danno consigli. Sembrano cose scontate ma la realtà è che bisogna affrontare.”

Quanto è difficile portare avanti un'attività sportiva in un territorio con carenze strutturali?

"È capitato di sentirci come se dessimo fastidio a qualcuno. C’era stato garantito che per questa stagione il Centro di Reggio Modena sarebbe stato aperto e che noi saremmo stato i primi ad entrare in quell’impianto. Nell’attesa e nelle certezze che ci avevano dato ci siamo cullati di questo fatto e ci siamo ritrovati ad ottobre che dicevano a novembre, poi a dicembre e così via. A un certo punto eravamo senza un impianto per allenarci, con voli dei giocatori da ritardare e atleti arrivati a Reggio ma fermi senza potersi allenare. Il bel rapporto che ci unisce con la famiglia Laganà ci ha aiutato ad entrare al PalaLumaka e ci siamo dovuti accontentare degli orari. Abbiamo due allenamenti dalle 22:30 alle 00:30. Tornare a casa all’1:30 è pesante. I giocatori scambiano il giorno per la notte, è tutto sfasato. Di giovedì e venerdì ci alleniamo, invece, di mattina. Per sei mesi devo togliere tempo al lavoro per cercare di andare avanti con gli allenamenti. Difficoltà che ci ha causato un vero disagio."

 Come cambierebbe la situazione in caso di promozione in Serie A?

"Non si sa cosa si prospetterebbe. Una struttura come il PalaLumaka non è accessibile per una partita di Serie A e non potremo mai disputarla lì. Su Reggio Calabria c’è la tendenza a voler dare in gestione gli impianti. Il Botteghelle è privato e ha dei costi elevati. Abbiamo fatto dei lavori a spese nostre per docce a norma e un deposito per posare tutte le carrozzine. Abbiamo speso 5 mila euro in totale per disputare le finali, poi per ritornare ci hanno chiesto una spesa assurda, già escluse partite. Il PalaCalafiore è inavvicinabile, per prezzi, concerti, acqua calda che non c’era e a volte nemmeno fredda. È un palazzetto abbandonato, mai pulito, si pulisce solo il campo. Noi abbiamo il vincolo di giocare sul parquet. Giocare su terreni in gomma è pericoloso per i giocatori e non è possibile. I campi in parquet sono pochi. Il Boccioni non ha le tribune. L'unica soluzione sembra il Centro Viola di Reggio Modena, ma siamo in attesa con la speranza che riapra. Soluzione più fattibile, anche se sappiamo ci sia politica di mezzo.” 

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Basket in carrozzina, Cugliandro: "Favoriti per la A. Strutture? Come se dessimo fastidio a qualcuno"

ReggioToday è in caricamento