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Lunedì, 29 Aprile 2024
I verbali

"Case popolari", parla un pentito: "In cambio delle assegnazioni degli immobili voti garantiti alle elezioni"

L'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia e le indagini dei carabinieri hanno fatto luce sul malaffare

Parlano i pentiti, fanno dichiarazioni ai magistrati, raccontano del peso criminale di Carmelo Consolato Murina e Roberto Franco e della gestione dell'assegnazione delle case popolari dell'Aterp a Reggio Calabria. Non solo le dichiarazioni, ma anche intercettazioni ambientali registrate dai carabinieri nell’ambito dell’operazione "Case popolari" hanno portato all’arresto di nove persone a Reggio Calabria.

Su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri e dei pm Sara Amerio e Nicola De Caria, il giudice per le indagini preliminari, Stefania Rachele, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare. In carcere è finito così il boss Carmelo Consolato Murina, ritenuto il capo promotore dell’associazione a delinquere e già detenuto perché reggente della cosca Franco-Murina di Santa Caterina federata con la famiglia mafiosa dei Tegano.

Quasi duemila pagine di ordinanza di custodia cautelare dove si evince il malaffare e la forza anche intimidatoria della cosca di Santa Caterina che estende la sua potenza nell'assegnazione degli alloggi non solo nella zona nord della città, Archi, Arghillà, ma anche nella periferia sud nel quartiere di Modena. 

L'operazione dei carabinieri: dettagli e nomi degli arrestati

Le minacce

"Ti spacco tutto quando ti prendo" ed ancora "mi ha detto che alle due sale lì sopra e mi brucia la macchina" parlavano così Francesco Franco e i suoi prospettando azioni ritrosive in caso di mancato accoglimento della richiesta, - è scritto nelle carte dell'inchiesta - per costringere Antonio Nucera a consegnargli la somma in contanti di 450 euro nonché un assegno di  duemilaquattrocento euro.

Minacciavano e agivano per gestire il business degli alloggi popolari ed esercitare il potere sul territorio, così per riappropriarsi di alcuni alloggi non esitavano a minacciare e a volte anche a pestare, chi aveva occupato abusivamente, senza il consenso della cosca, un appartamento per intimargli di lasciarlo:  "Ti taglio la testa a te… a tua madre… a tuo padre!!!… ti brucio vivo… ti brucio la casa… te ne faccio di tutti i colori... vi brucio vivi ... bastardi!!". 

Un business, che secondo gli inquirenti, è pilotato anche dall'ex dirigente dell'Aterp di Reggio Calabria Eugenia Rita Minicò, finita adesso agli arresti domiciliari. "La Minicò - secondo quanto riportato nell'ordinanza di custodia cautelare - si dimostra in grado di pilotare la concessione degli immobili, ideando e suggerendo agli altri indagati le modalità migliori per la gestione illecita degli alloggi popolari".

Il bacino di voti e la politica

Secondo gli inquirenti l'assegnazione illecita degli immobili permette alla criminalità organizzata di gestire importanti bacini di voti da fare confluire sul candidato della cosca di riferimento. È chiaro l'ex assessore comunale Seby Vecchio, adesso collaboratore di giustizia dopo un arresto per mafia.

Così ecco che l’ex assessore Vecchio nei verbali - si legge nelle carte dell'inchiesta -  afferma: "Sappiamo quali sono gli appartamenti vuoti o delle persone decedute o che hanno consegnato le chiavi. Il politico, in campagna elettorale ma anche dopo, viene avvicinato e gli viene chiesto di favorire un "amico" (in termini ndranghetistici), superando la graduatoria. È molto difficile ottenere una casa tramite graduatoria regolare".

"Peppe Scopelliti e Giovanni Pontari fecero addirittura un summit con l'Americano (ossia Enzo Bevilacqua) per l'assegnazione delle case per la distruzione del 208 e l'assegnazione ad Arghillà ed evitare cosi guerriglie", - dichiara Seby Vecchio nelle carte "Chiaramente in cambio delle assegnazioni degli immobili, si avevano voti garantiti alle elezioni. C'era tutto un sistema che riguardava politici, assessori, funzionari, dirigenti e appartenenti alla 'ndrangheta. Questo vale per i quartieri di Archi, Gallico, Modena, Arghillà ed altri".
 

Le dichiarazioni di Seby Vecchio e la mazzetta pagata

"Nella zona di Santa Caterina delle assegnazioni delle case popolari si era molto interessato Renato Romeo, uomo di Peppe Scopelliti. Lì c'era una grande influenza della criminalità organizzata attraverso la cosca Logiudice. Un soggetto a nostra disposizione (intendo politica e di ndrangheta) era il dottor Cristiano in servizio presso l'Aterp. Lui lì era un funzionario. I rapporti venivano mantenuti da Seby Romeo ma anche da Nino Caridi. Vi erano altre persone che si mettevano a disposizione attraverso l'intervento di mediazione di Cristiano sempre presso l'Aterp, ma ne sconosco i nomi in quanto non me ne interessavo personalmente". 

Dalle carte della Direzione distrettuale antimafia si legge ancora:"Michele Raso si occupava dell'assegnazione illecita delle case popolari in virtù del suo ruolo di assessore nello specifico comparto. Quando qualcuno non otteneva la casa dal politico di turno, venivano a lamentarsi da me e mi riferivano del denaro versato a titolo di corruzione. Per questa ragione io sono a conoscenza di molti fatti delittuosi accaduti, anche se ora non li ricordo più nel dettaglio. Era consuetudine raccogliere le lamentele di coloro i quali avevano votato in favore di altro assessore... Quando Raso mutò la sua delega (non essendo più confermato nel ruolo di assessore al patrimonio edilizio, ma divenendo assessore ai cimiteri, anagrafe, ecc...), continuò comunque ad occuparsi della gestione illecita delle assegnazioni delle case popolari come faceva prima, anche senza titolo. Lo continuava ad esercitare di fatto. Il suo posto lo prese Walter Curatola, che lo gestì in modo pressoché analogo.

A San Sperato vi erano immobili riconducibili ai Serraino che poi sono stati oggetto di sequestro. Anche per le case minime, vicino al campetto di calcio di San Sperato, vi è stata assegnazione attraverso il sistema di Raso. Una mia zia, Concetta Crucitti, deceduta, ha ottenuto una abitazione in San Sperato versando del denaro nelle mani di Michele Raso. La mazzetta era pari a 5mila euro circa. Di solito questo era l'importo, poi variava a seconda dei casi".

 

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