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Lunedì, 29 Aprile 2024

Il commento

Isabella Marchiolo

Giornalista

Buon 2024 Reggio Calabria, difendendo ancora sogni e speranze

Dopo un anno travagliato, l'augurio a una città che nonostante il carico di delusioni deve trovare la forza di reagire

Il portale natalizio addobbato all’ingresso della città ha la cornice sbilenca, un difetto che si nota subito, anche a distanza. Forse è stato il vento, ma molto forte, uno scirocco violento e aggressivo che in questi giorni della sua natura indolente conserva soltanto l’alito caldo, come una mutazione marziana nel mese di dicembre. E forse la parola giusta è un'altra. Non sbilenca ma ammaccata, sbattuta, sferzata. Perché a Reggio Calabria, che si appresta ad entrare nel 2024 come ogni altro luogo del pianeta, di prendere colpi è accaduto spesso in quest’anno vicinissimo ormai a consumarsi, finito tra poche ore.

E’ stata una città sul ring, Reggio, e sotto qualche attacco più duro degli altri si è ritrovata alle corde, rimbalzando spossata ed esausta. Come quando ha accolto la dolcissima Patrona in un clima irreale, abulico e privo della consueta, spontaneo gioia. Senza voglia di festeggiare quella Madre che tante volte ha salvato il suo popolo dal disastro.

Un anno sul ring, con tanti colpi e ferite che fanno ancora male

Facendo amara ironia, possiamo dire che i reggini non hanno trovato regali sotto l’albero, anzi hanno rischiato di non averne neanche uno. Quello alto e scenografico di piazza Duomo, cuore della città, appare solitario, iraggiungibile. Il Natale è arrivato in ritardo e male, e i mercatini belli come in un villaggio da cartolina delle feste ma desolatamente vuoti e chiusi in modo inospitale, in un periodo che dovrebbe invitare all'accoglienza e il calore, sono l’emblema di come ci sentiamo oggi. Nemmeno delusi – la fiducia l’avevamo già persa da tempo e siamo abituati a non aspettarci nulla di buono – ma rafforzati nel nostro pessimismo, e un po' giustificati nel farlo scivolare verso l'abituale lamento e la deresponsabilizzazione. Non è mai colpa nostra, non possiamo cambiare le cose ma soltanto assistere allo sfacelo. E prendere i popcorn per aizzarci l’uno contro l’altro sui social. La dea Atena da anni rivolge arma e scudo verso la città, non teme più nemici dal mare e sa da chi dobbiamo difenderci. 

L'inverno quest'anno è indulgente, e il cambiamento climatico è una profezia lontanissima. Qui si pensa a oggi, e ad arrivare a domani. "Meglio così - dice un barista preparando uno degli ultimi caffé del 2023 - perché quando c'è la fame è meglio che non faccia freddo". 

Quest’anno Reggio ha perso tanto. Persone che facevano parte della nostra storia o soltanto dell'immagine impressa nella memoria e appartenente all'infanzia e alla famiglia diffusa di una comunità inesorabilmente votata all'estinzione. Amori violentati e traditi, come la Reggina. Anche se millantiamo pose da cinici, le ferite fanno male e sono lente a cicatrizzare. Sullo sfondo i litigi e le strategie di chi dovrebbe governare e invece gioca a scacchi mettendo in palio il declino della città, trofeo sacrificale per le cui spoglie non esiste più riguardo. 

Qualche ferita è invisibile e sembra che importi a pochi: lo Stretto che chissà per quanto ancora potremo guardare così, con l’orizzonte aperto e gravido dei suoi retaggi millenari, scrigno di vita marina; la natura sfregiata dalle pale eoliche, svenduta per un inganno travestito da elemosina. In una fiaba tradizionale irlandesi, il diavolo comprò le anime di popolani che morivano di fame offrendo abbondante cibo, ma dopo l'abbuffata tutti furono dannati per l'eternità. 

I reggini sono sulla loro barricata, scontrosi, guardinghi e atavicamente inerti. Dall’altra parte c’è una politica che si azzuffa, gioisce degli errori degli avversari, tiene poco alla città e tantissimo ai propri interessi. Qualcuno è in malafede, altri sono vergognosamente proni. A qualcuno però basterebbe affacciarsi dalla torre d’avorio e guardare fuori, ascoltare la gente, scoprire che Reggio la si ama davvero, non a parole. Che la città è al primo posto, come si era promesso agli elettori. 

Quello che vorremmo vedere nel 2024, dai sogni alla realtà

Dal 2024 vorremmo vedere questa scena da film dei buoni sentimenti. Qualcuno che, come accadde in un passato e non abbiamo dimenticato, esca dal palazzo e s'immerga nella materia viva del dolore, dei bisogni. E della bellezza racchiusa nelle pieghe e pulsante nella resilienza, fragile ma tanta.

Perché c’è qualcosa che Reggio possiede e da cui potrà sempre ricominciare. E’ quella cosa che ci farebbe sbollire la rabbia se davvero assistessimo a quella scena che pare utopia. E' quello che supera indignazione e senso di abbandono e fa subito emozionare quando ci dicono di una persona ricoverata in ospedale. E il resto non conta più, i reggini mandano messaggi di vicinanza, preghiere, affetto. E’ quello che fa imprecare infinite parolacce per le casette di Natale chiuse, ma poi basta una band che suona i successi dei Beatles e in piazza Duomo si canta e si balla con il cuore felice, nonostante tutto.

Reggio con amore e squallore, come direbbe Salinger se la sua ribellione beat fosse ambientata qui. Una città dove si brinderà al 2024 fingendo di non crederci più, ma poi non è vero. Non ancora. Speranze e desideri sono intatti. E se qualcuno è ammaccato come il portale natalizio si puà aggiustare. Rimane da decidere in che modo, ognuno facendo la propria parte. Che i reggini finalmente capiscano che ogni rinascita funziona così è l'augurio più bello che dobbiamo fare a noi stessi.

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