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Lo Stretto necessario

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A cura di Roberta Pino

Biotestamento e vaccini: il consenso informato per una migliore consapevolezza del diritto di autodeterminarsi

La docente della Mediterranea, Tiziana Rumi, ospite della rubrica giuridica “Sentiti in diritto”, illustra i limiti e le possibilità dell’autorizzazione ai trattamenti sanitari

Biotestamento e consenso informato alle cure e ai vaccini. A far luce su una tematica così delicata, significativa ed anche attuale è stata Tiziana Rumi, professore aggregato di Diritto Privato all’Università Mediterranea e docente di Mediazione Civile e Commerciale all'Università per Stranieri Dante Alighieri di Reggio Calabria.

Stilo Faraone-4Consenso o rifiuto ai trattamenti grazie alla Disposizione Anticipata di Trattamento (DAT) o biotestamento, per procedere nell’affermazione completa della volontà della persona e consenso informato ai vaccini, materia attualissima che ha creato un ampio dibattito a causa delle ultime vicissitudini riguardanti il Covid-19, sono i temi al centro della rubrica giuridica “Sentiti in diritto”, degli avvocati Nancy Stilo e Angela Faraone, in onda su #Voices con Benvenuto Marra e Adele Briganti, in audio video su Touring 104, due lunedì al mese.

Estenuanti battaglie che hanno condotto alla Legge 219 del 2017, ma cos’è il consenso informato e quali sono le sue caratteristiche?

“Il consenso informato indica l’atto di volontà con cui il paziente acconsente ad un trattamento medico, diagnostico o terapeutico a seguito di un’informazione particolareggiata sui possibili rischi, benefici e alternative terapeutiche che viene fornita dal medico, che deve essere intelligibile, comprensibile, adeguata al livello culturale del paziente e attualizzata quindi non soltanto all’inizio del trattamento ma anche nel corso del trattamento terapeutico completo. E’ un atto personale anche se non personalissimo, come nel caso del biotestamento, per cui l’interessato può delegare la possibilità di prestare il consenso ad altri soggetti”.

Rumi Tiziana-2Libero, non condizionato, personale ed attuale “ma può essere dato per il futuro in caso di DAT”, sempre revocabile, queste le caratteristiche del consenso informato alle cure e con un effetto importante, come ricorda la professoressa Rumi, (nella foto), “legittima l’attività del medico, in considerazione del fatto che la nostra Costituzione stabilisce che nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario se non per espressa previsione di legge, alludendo ai trattamenti sanitari obbligatori, come per esempio vaccinazioni, stati di TSO o ancora l’isolamento per malattie contagiose come la quarantena per Covid-19”.

Gli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione rappresentano il primo e più importante punto di riferimento del consenso informato come diritto fondamentale. “La Costituzione ha avuto un ruolo importante in quello che è stato un passaggio epocale di concezione perché nel codice civile c’era un approccio patrimonialistico, si tutelava la persona per tutelarne il patrimonio, quindi la persona era mezzo e non fine. La Costituzione invece tutela la persona non soltanto come corpo ma come un insieme inscindibile di corpo e anima, di valori, interessi e bisogni.

Tutto questo incide sulla relazione corpo/persona e medico/paziente, perché si smette di considerare il corpo come una res staccata dalla persona stessa che sostanzialmente il malato consegna al medico, affidatario delle cure, il quale saprà esclusivamente qual è l’antidoto necessario per risolvere i problemi per il benessere fisico o psichico del paziente. L’idea che il corpo e la persona costituiscano un tutt’uno - prosegue la docente - comporta che anche col medico si stabilisca una relazione diversa, di cura e di fiducia, in cui il soggetto è parte attiva delle decisioni, collabora quindi con il medico nella scelta della terapia da seguire”.

Cosa succede se il medico non dà l’informazione al paziente?

“Incorrerà in responsabilità, è un illecito considerato plurioffensivo perché potrebbe causare sia un danno alla salute quanto il più nuovo e comunque ormai affermato danno da lesione del diritto ad autodeterminarsi”. E Tiziana Rumi illustra, sollecitata dalle domande degli avvocati Stilo e Faraone e della conduttrice Adele Briganti, la disciplina del consenso informato nella legge sulle disposizioni anticipate di trattamento. “La legge sulle DAT consacra il consenso informato che, però, prima della legge 219/17, aveva già trovato ingresso in altri provvedimenti legislativi, nazionali ed extranazionali.

Leggi importanti nel nostro ordinamento hanno fatto riferimento ad un consenso informato, la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, sulla procreazione medicalmente assistita e sui trapianti del midollo osseo. Certo con la legge sul biotestamento il consenso informato viene definito e ha acquisito il valore di elemento che collega il diritto alla salute con il principio di autodeterminazione, quindi con un altro diritto fondamentale.

Le DAT o biotestamento consistono in dichiarazioni che il soggetto fa nel momento in cui è perfettamente capace per il tempo in cui non lo sarà più, previa conoscenza di tutte le informazioni mediche necessarie di quelle che potrebbero essere le conseguenze delle sue scelte. Dichiara, ora per allora, il suo consenso/rifiuto a determinati trattamenti medici”.

Una legge importante che richiama l’art. 32 della Costituzione, ma soprattutto ribadisce “che nessun trattamento sanitario può essere imposto ma ci dice anche come deve essere dato questo consenso”. Un consenso per iscritto che contempla anche chi non sa scrivere o chi è portatore di una disabilità tale da impedire di formulare il consenso con questa modalità. “Il soggetto che non può comunicare, attraverso videoregistrazioni o dispositivi che consentono la lettura del pensiero, può dare il consenso con tali dispositivi.”

Consenso informato e autodeterminazione. “Rispetto alle DAT, le strutture sanitarie organizzano sia l’informazione da dare al paziente sia la raccolta del consenso attraverso dei formulari, dei moduli che contengono tutte le indicazioni necessarie sulle terapie, sul tipo di trattamento, la durata, le alternative, gli effetti rari e meno rari eccetera. In base a questo ventaglio di informazioni, il paziente si autodeterminerà consapevolmente”, chiarisce Tiziana Rumi.

Oltre al consenso, la legge presenta un altro aspetto essenziale, il rifiuto alle cure e la revoca di un consenso già prestato. “Quello che la legge positivizza è la libertà terapeutica, che è qualcosa di più ampio rispetto al semplice consenso, una libertà che è l’essenza dell’autodeterminazione. Ciò che conta è rispettare il valore della dignità umana, l’aspetto essenziale di questa normativa.

Rifiuto alle cure non significa che si rifiutano in blocco tutte le cure, perché per alcune malattie ci possono essere delle sofferenze resistenti rispetto ad alcuni trattamenti sanitari e la stessa legge sulle DAT consente al medico di alleviare queste sofferenze attraverso cure e sedazioni palliative, continue, profonde laddove non venga esclusa dall’interessato. Quindi il medico non può somministrare dei trattamenti che vadano contro la volontà del soggetto, allorché non siano obbligatori ma non può nemmeno astenersi dall’alleviare le sofferenze.

Rifiuto alle cure va inteso in questo senso. Peraltro il paziente non può pretendere dal medico dei trattamenti contra legem o che non siano stati sperimentati in modo adeguato e quindi approvati dalla comunità scientifica. E al contempo non si può pretendere che il medico agisca sulla base di indicazioni del paziente per causarne il decesso, come sappiamo nel nostro ordinamento l’eutanasia non è consentita”.

Sollecitata da Nancy Stilo, la professoressa Rumi si sofferma, poi, sul consenso informato per la vaccinazione anticovid. E un excursus sui vaccini è assolutamente doveroso.

“Sono considerati tra gli interventi preventivi più efficaci dal sistema sanitario nazionale proprio per porre riparo a malattie particolarmente contagiose con esiti, a volte, infausti. Nel nostro paese l’obbligo di vaccinazione risale al ‘39 con i vaccini contro la difterite - racconta - da quel momento in poi sono stati introdotti quelli contro la poliomelite, il tetano, l’epatite eccetera.

vaccino coronavirus ansa-2

Queste vaccinazioni sono considerate obbligatorie. Addirittura i dirigenti scolastici, negli anni ‘70, potevano impedire l’ingresso a scuola dei minori a cui non fosse stato inoculato il vaccino obbligatorio. La situazione è mutata intorno agli anni ‘90 quando si è cercato di evitare questa soluzione drastica e ai dirigenti scolastici è stata data la possibilità di segnalare il caso all’Unità Sanitaria Locale competente ed anche al ministero della sanità. Negli anni ‘90, poi, sono aumentati i tipi di vaccini possibili, anche se alcuni venivano solo raccomandati, come morbillo, rosolia, parotite.

La situazione non era omogenea sul territorio nazionale e siccome la competenza legislativa in materia spettava alle regioni, alcune vaccinazioni erano considerate obbligatorie altre facoltative. Dobbiamo attendere il 2017 per avere una legge organica sull’argomento che allarga l’elenco di quelle imposte, per cui oggi è obbligatorio vaccinarsi contro il morbillo, parotite, rosolia”.

E i tanto temuti rischi per gli effetti collaterali?

“Un vaccino obbligatorio implica che lo Stato faccia a priori una valutazione sulla sicurezza prima che venga immesso sul mercato e sulla idoneità del prodotto di immunizzare i soggetti interessati, di rendere un servigio all’intera collettività al punto da considerare i benefici superiori agli eventuali rischi. Per quanto riguarda quindi le vaccinazioni obbligatorie, posto che questo controllo lo fa lo stesso legislatore, il medico non deve chiedere il consenso informato al paziente, può agire in autonomia”.

E veniamo alla attuale situazione epidemiologica da Covid-19

“Siamo di fronte ad un numero elevato di vaccini per la stessa patologia che presenta caratteristiche diverse per struttura, composizione, effetti, al punto di essere stati discriminati sia con riguardo all’età che alla condizione di fragilità dei soggetti destinatari - chiarisce - ma si tratta in ogni caso di vaccini raccomandati, non obbligatori.

Ciò significa che è essenziale, perché un medico possa inoculare questo tipo di vaccino, il consenso informato del paziente. Al momento della vaccinazione viene consegnato un modulo di consenso, che contiene le generalità del paziente ma anche la dichiarazione di aver preso visione dell’informazione relativa alle modalità di somministrazione del vaccino, gli eccipienti contenuti nello stesso, le possibili reazioni distinte in molto comuni, comuni e rare. Una serie di informazioni, insomma, che noi firmiamo per avere la somministrazione del vaccino”.

E Tiziana Rumi ricorda, a tal proposito, il caso Astrazeneca che ha dato una rara reazione avversa, una forma di trombosi letale al punto che la sua somministrazione, seppur per un breve periodo di tempo, è stata sospesa da diversi stati, tra cui anche l’Italia.

Rispetto a questa situazione c’è stata violazione del principio di autodeterminazione dei soggetti vaccinati per il fatto che il loro consenso è stato dato senza essere stati resi edotti di questa possibilità?

“Su questo si è discusso molto, ma la risposta è negativa. Le case produttrici del vaccino Astrazeneca, nel momento in cui l’hanno messo in commercio, non erano a conoscenza di questo effetto indesiderato. La messa in commercio, poi, è avvenuta nel rispetto dei diversi step di verifica dei vaccini, autorizzati da due autorità scientifiche, l’EMA e l’AIFA.

Di conseguenza, lo stato dell’arte, le conoscenze scientifiche e tecnologiche presenti prima che i vaccini venissero somministrati su larga scala a livello mondiale, non erano tali da far presagire questo tipo di rischi, né i soggetti che si sono offerti per la sperimentazione avevano manifestato tali problemi. E’ emerso successivamente, nel caso di responsabilità delle case produttrici, può essere considerato come un esimente esclusione di colpa proprio perché non c’era la possibilità di prevedere questo difetto. Nessun vaccino è a rischio zero ed anche i vaccini obbligatori possono produrre, in minima e rara percentuale, degli effetti indesiderati gravi. Posto che i benefici del vaccino superano i rischi, Astrazeneca è stato ammesso con una variante. Si tratta di sperimentazioni che avvengono contestualmente al nostro vivere e non viene più praticata ad una fascia di età considerata a maggior rischio trombotico rispetto agli over 60 che dovrebbero avere meno rischi”.

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