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Domenica, 28 Aprile 2024
Lo Stretto necessario

Lo Stretto necessario

A cura di Roberta Pino

Techné, luogo d’arte che rispetta la memoria collettiva con una visione artistica contemporanea

L’artista Angela Pellicanò si racconta attraverso lo spazio che vuole contribuire alle atmosfere dell’arte divenendo luogo di interazione

Techné è un luogo dove l’arte filtra dalle pareti, dal pavimento, dalle finestre e, last but not least, dagli oggetti creati dalle mani e dalla creatività di Angela Pellicanò.

La galleria Techné, di arte e ceramica contemporanea, trasuda tutto questo ed appaga pienamente il bisogno incontenibile di stare in mezzo alla bellezza. C’è tanta Reggio Calabria nella sua formazione artistica, ma con una visione allargata e cosmopolita.

Angela Pellicanò ha studiato all’Accademia di Belle Arti ed ha collaborato, per circa venti anni, con una galleria d’arte di via Margutta a Roma. Dal primo amore, che è la pittura, si accosta poi alla ceramica. “Nasco pittrice, ma un giorno ho decorato un vaso che dovevo regalare, da lì è nata l’idea che potesse diventare un’arte fruibile”.

E nell’atelier Techné, di via dei Correttori, si trovano, infatti, creazioni in ceramica ma anche tele, oggetti che prendono forma dopo essere stati pensati. Si respira bellezza tra quelle mura che un tempo, non tanto lontano, fu un carcere. Un periodo fecondo quello trascorso nella capitale, era emersa, però, l’esigenza di essere indipendente. E Angela Pellicanò torna a Reggio, pur continuando a mantenere un rapporto con la galleria Margutta.

Sua è la creazione della statuetta del noto Premio Margutta, conferita a importanti personalità del mondo del cinema, della musica, della TV e della moda. Il suo ritorno nella città dello Stretto coincide con la scoperta di questo luogo magico e ricco di storia.

Techné, genesi e storia

Techné nasce nel 1999, ricorrono quest’anno i venticinque anni dalla sua fondazione, nella periferia reggina, quartiere Gebbione. “Da lì prende forma e identità Techné - racconta Angela Pellicanò - con mia sorella Caterina ed un gruppo di artisti, instauriamo un rapporto diretto con un vasaio e da lì l’idea che l’artigianato potesse diventare un prodotto artistico godibile, svecchiato dall’idea tradizionale di ceramica.

Era un piccolo laboratorio ed il nome Techné è stato ispirato da una mia amica, studiosa di filologia, che amava il significato di questa parola, in cui fosse compreso una tecnica, un modello antico ma anche nuovo di lavoro che si sposasse bene con il concetto di arte. Poi scopriamo questo posto di via dei Correttori.

Siamo qui da diciotto anni ormai, catapultati dentro un luogo della storia di Reggio ai più sconosciuta. Pochi sanno, infatti, che qui c’era la vecchia Questura e Techné sorge nelle vecchie celle dove, fino agli anni ‘70, passarono personaggi importanti, anche politici. Durante i moti di Reggio, qui fuori ci fu un incendio che interessò anche il palazzo, qualcuno ancora viene a raccontarci che, durante la rivolta, fu sbattuto dentro queste celle.

Poi questo spazio fu bonificato. L’ho conosciuto grazie ad un amico che mi disse che poteva essere utilizzato solo per fini di laboratorio. Quando entrammo con il lumicino, malgrado fossero sgabuzzini chiusi e umidi, avvertimmo immediatamente una bella sensazione”.

Passato lo scoraggiamento iniziale per i tanti lavori da fare, dopo tre anni Angela Pellicanò ed il suo gruppo riescono a restituire a questo luogo la sua dignità originaria, mantenendo, il più possibile, l'architettura dell’epoca. Si vedono, infatti, le porte delle celle con le sbarre, i segni dei carcerati sui muri, le inferriate originali e il pavimento, cementine anch’esse originali, con piccole installazioni di foglie d’oro, in pieno stile kintsugi.

Pavimento originale, cementine con il kintsugi

“Togliendo gli intonaci vecchi - racconta ancora Angela - abbiamo scoperto che questo palazzo è stato ricostruito con i resti del terremoto del 1783, si intravedono, infatti, resti di capitelli. Poi il palazzo è crollato con il terremoto del 1908, ma permangono tracce del passato ed è stato ricostruito in stile razionalista. Oggi è un atelier di arte e ceramica contemporanea e sono orgogliosa del pezzo di storia che rappresenta”.

L’arte di Techné

Ogni angolo di Techné emana un'energia positiva, racconta di un passato che accoglie ed abbraccia il nuovo senza alcuna paura. “Qui non chiudiamo mai, lavoriamo una ceramica che non interrompe con la tradizione, cambia la forma, si svecchia, dialoga con il territorio e con il resto del mondo. Cerchiamo di creare un linguaggio universale, che non sia fossilizzato, stereotipato.

Oggi la ceramica ragiona e parla il linguaggio della contemporaneità. Se noi dovessimo attingere e fermarci, significherebbe copiare, ma a noi piace stupire. Le materie prime che utilizziamo sono gli ossidi, gli smalti, le terre, il fuoco però il linguaggio si adegua al nuovo senza perdere l’identità.

Le forme che vediamo recuperano la tradizione, ad esempio i babbaluci, gli oggetti apotropaici, ma si adattano a
una contemporaneità, agli arredamenti, al linguaggio di oggi. Si cerca di portare il proprio modo di essere e rapportarlo al mondo. Chi viene qui sa come lavoriamo, è una fusion tra tradizione e innovazione ma anche fra artigianato artistico e arte contemporanea.

Non c’è una battuta d’arresto, è senza soluzione di continuità. Abbiamo partecipato di recente a un concorso in Puglia, a Terlizzi dove abbiamo presentato un progetto in ceramica per l’arte contemporanea. Lì si è compreso che l’evoluzione dell’identità avviene attraverso le forme che riescono a modificare i linguaggi”.

Non solo ceramiche a Techné, anche installazioni che parlano di passato e futuro insieme. “E’ un mio lavoro ed è di proprietà della Farnesina- spiega Pellicanò soffermandosi su una di esse - è realizzato con le carte di giornale della propaganda fascista, della seconda guerra mondiale, esposto già a Parigi.

Tutte le mie creazioni ragionano non solo in termini di pittura, ma realizzo anche installazioni. Uso il materiale che mi serve a seconda della creazione che voglio realizzare. Spazio dalla pittura alla ceramica, dalle installazioni alle nuove tecnologie. Siamo stati presenti alla Biennale dello Stretto con un lavoro che rilevava le maree con il pc”.

Un'installazione

Techné, luogo di evoluzione artistica

“Quello che accade in Techné è che si evolve in TechnéLab, il collettivo di artisti che sta all’interno dell’atelier, ognuno con la propria storia artistica, ma che si ritrova in questo gruppo per elaborare progetti d’arte, per ragionare in collettivo, per produrre le opere ed essere esposte in luoghi in cui siamo invitati. Technè è diventato il luogo delle idee che esporta anche fuori da questo spazio espositivo” chiosa Angela Pellicanò.

Luogo d’arte per eccellenza, a 360 gradi, Techné è aperto a concerti, mostre fotografiche, alla scrittura. “Noi
offriamo il luogo ad artisti che abbiano lo spirito giusto, un’arte che possa fare la differenza, rispettando la vocazione del luogo stesso”.

E la città di Reggio Calabria è grata a Techné e l’ha dimostrato proprio in queste festività natalizie. “Durante le festività, le persone hanno acquistato qui per fare regali. E’ stato fantastico vedere tanta gente che sapeva che quei soldi andavano alla cultura. Un inconsapevole circolo virtuoso innescato dai cittadini. Ciò significa amore per la bellezza che circola attraverso le persone, che è nell’aria.

Lavoriamo a progetti di arte contemporanea anche fuori da questo spazio e la gente ci riconosce. I nostri linguaggi dialogano con il resto del mondo. Attingono dalle nostre esperienze che quando traduciamo in opere è un linguaggio interiore ma soprattutto della nostra conoscenza dei luoghi, che non è solo Reggio”.

Oltre all’esperienza in Puglia e alla Biennale dello Stretto, Techné è stata presente anche nella mostra “Station to Station”, con opere d’arte in transito nel bunker della stazione centrale, una mostra patrocinata dal ministero della Cultura e dalla RFI nazionale.

“C’è bisogno di spazi come questo - si avvia alla conclusione Angela Pellicanò - spazi aperti anche ai nuovi artisti, senza etichette. Le amministrazioni dovrebbero aprirsi a nuovi luoghi di evoluzione dove il giovane artista possa entrare ed esprimersi. Ma c’è bisogno del sostegno degli enti. Ovunque si può crescere se si è sostenuti. Una città che crede nella creatività, è una città che si evolve”.

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