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Lunedì, 29 Aprile 2024
Scalino19

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A cura di Antonio Marino

Sul Gòlgota con Otello Profazio: il racconto dell’uomo del mondo e di Calabria che soffre e s’affida

"L'orologio della Passione" è un "canzoniere cristiano" geniale, spirituale e dialettale: manuale per guadagnarsi il Cielo a uso dell’uomo di questa nostra terra

Il Signor Camillo vive, con fede e raccoglimento, i giorni della Settimana Santa. E, di solito, sceglie per quel tempo letture che orientino l’animo e la creatività sua verso quel mistero ch’è origine e nutrimento d’ogni uomo: dal legno insanguinato alla pietra spostata, dalle labbra imbrattate d’aceto alle guance rigate dalle lacrime di gioia delle donne che, nel pasqual mattino, scoprono che la morte è umiliata, sconfitta, derubricata a tenero passaggio da una vita a tempo e in carne a una beata vita eterna in spirito e verità.

E così noi, al Signor Camillo, lo abbiamo beccato assorto sul divano suo, in un primo pomeriggio privo di sole primaverile, grigio e nuvoloso proprio come garba a lui! Tra le dita ha “L’Orologio della Passione”, un libricino d’appena 37 pagine che Città del Sole Edizioni pubblicò nel marzo del 2015. L’autore? Otello Profazio.

Gli occhi nostri, ovviamente, crollano sul taccuino suo: il cuor nostro sussulta leggendo l’attacco redatto dall’amico Camillo. È questa una lettura che va suggerita a chi, ai Riti della Settimana Santa, associa un po' di privato tempo dedicato alla meditazione.

Otello Profazio, si sa, non è bigotto! Otello Profazio è il Cantastorie che, più o meno in rima, riesce a raccontare il cammino di Gesù, di Maria in maniera, mi permetto dire, nuova: umanizzandoli – “Mamma, pigliu licenza e mi nd’i vaju… E la Madonna si misi a ciangìri: a undi ti nd’i vai, gioiellu miu? O mamma, mamma… ‘un vi lu puozzo diri, ca è pena vostra lu turmientu miu…” – rende l’agire d’ogni comune Uomo capace di divenire azione divina. Tant’è che nella prefazione l’insigne francescano Nazareno Fabbretti parla di “una spiritualità ingenua e virile nello stesso tempo, aliena da astratte culture quanto ricca di intuizioni esistenziali e di confronti vitali col mistero e col sacro; una spiritualità che si esprime in moduli che pregano e raccontano in dialetto, ma pensano e adorano nella lingua della speranza e della fede”.

In 18 capitoletti o brani o ballate, chiamiamole come più ci aggrada, Otello Profazio scolpisce immagini nuove, intriganti, struggenti. In “Canto della passione” la Madonna s’imbatte nel fabbro ferraio che “staju facendu tri pungenti chiova!” Stava lavorando i chiodi che sarebbero serviti ai soldati per appiccicare alla Croce il Cristo: “quandu Maria ‘ntisi ‘sti paroli, scuràu lu cielu, lu mari e lu suli; scuràu lu cori di Maria la bella!”

E se nella “Orazione della sera” Profazio narra della serenità che avvolge il credente che, andando a far la nanna, è consapevole d’esser custodito dagli Angeli – “ora chi aju ‘st’amici fidili, mi fazzu la cruci e mi mentu a durmiri! – in “La settimana” è significativa l’immagine di una campana di legno che non suona in quel venerdì…

Insomma, sfogliando le pagine è riscontrabile sia il profumo della Terra Santa, di quei luoghi che goderono dell’umanità del Divin Risorto, sia delle terre di Calabria: sembra di vederlo, Gesù, sui viottoli di Pentedattilo, sulle salitelle di Armo o sulla spiaggia di Scilla: Profazio narra il Cristo e la Passione sua, Profazio narra l’uomo, del mondo e di Calabria, che soffre e s’affida, che pecca e si pente, che teme e che ama, che sa che “si Maria non avissi la mantu, éremu persi tutti quanti!... Arrivamu a la Matrici: ndi cunsola e benedici!...”

E ai crocicchi dei paesi nostri ecco materializzarsi Maria: Profazio canta la Mamma che teme per il Figlio che parte, che viene preso imprigionato processato e ammazzato, Profazio canta le mamme della nostra Calabria, che piangono i figli costretti a costruirsi un presente lontano dall’azzurro mare nostro, che subiscono soprusi, che soccombono sotto il peso di lavori usuranti ma necessari per vivacchiare – “Signuri, chi li cori sai guardari, dammi la forza tu pe’ lavurari!” – che s’arricchiscono poi e che scoprono la dolcezza della condivisione: “cu non teni ‘nu paliccu, si vo’ Deu, diventa riccu… E cu’ inveci avi un casteddhu e di sordi un gran munzeddhu… Diu nt’a nenti lu poò fari povareddhu diventari!”

Pertanto, in una libreria che si rispetti, non può mancare codesto “canzoniere cristiano”: un manualetto garbato, artistico e spirituale che suscita nell’uomo il desiderio di Cielo, che rammenta all’uomo che la vita, una e solo una, va vissuta appieno, altrimenti…”cu’ ha fattu l’arruri lu ciangirà!”

Anche perché, solo Profazio poteva, col brano “L’Orologio della Passione”, scandire le ultime ventiquattr’ore di vita terrena di Gesù, stabilendo che “a li vint’uri fici testamentu, e a Giuanni cci lassàu Matri Maria!”

Ecco, richiamando quanto affermato da Papa Benedetto XVI, “queste parole di Gesù sono soprattutto un atto molto umano. Vediamo Gesù come vero uomo che fa un atto di uomo, un atto di amore per la madre e affida la madre al giovane Giovanni perché sia sicura. Una donna sola, in Oriente, in quel tempo, era in una situazione impossibile. Affida la mamma a questo giovane e al giovane dà la mamma, quindi Gesù realmente agisce da uomo con un sentimento profondamente umano. Questo mi sembra molto bello, molto importante, che prima di ogni teologia vediamo in questo la vera umanità, il vero umanesimo di Gesù. Ma naturalmente – chiosa Papa Ratzinger – questo attua diverse dimensioni, non riguarda solo questo momento, ma concerne tutta la storia. In Giovanni Gesù affida tutti noi, tutta la Chiesa, tutti i discepoli futuri, alla madre e la madre a noi”.

Ecco la grandezza artistica del Profazio laico e credente, menestrello e cantore: donarci l’umanità di Dio affinchè la nostra umanità diventi santa, divina, capace di gesti eclatanti e normali, proprio come quelli del Nazareno Risorto.

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