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Venerdì, 26 Aprile 2024
Lo Stretto necessario

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A cura di Roberta Pino

Plautilla Bricci: la prima architettrice della storia moderna in mostra al Castello Aragonese

Una narrazione in immagini delle donne architetto nei secoli, in un'esposizione voluta dalla Commissione pari opportunità dell’Ordine degli architetti di Reggio Calabria in collaborazione con il Comune

“Esiste anche ciò che è al di là del nostro orizzonte”. Si legge così sul retro di copertina del libro “L’architettrice” di Melania G. Mazzucco, Einaudi editore, romanzo storico in cui l’autrice ci regala il ritratto di una straordinaria donna del Seicento, Plautilla Bricci, la prima architettrice della storia moderna.

Le sue idee all’avanguardia sono intrappolate a causa di un’epoca improntata al patriarcato ed alla predominanza maschile, ma nel suo caso fu proprio il padre a lanciarla nel mondo della pittura e dell’arte in generale. Plautilla, non senza fatica, diventò, però, molto di più di ciò che il padre aveva immaginato per lei. (in basso la balena, simbolo della Cpo dell'Ordine degli architetti).

Mostra su Plautilla Bricci Balena Cpo

E la Commissione pari opportunità 2021-2025 dell’Ordine degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori della provincia di Reggio Calabria ha voluto dedicare alla figura della Bricci la mostra “L’architettura scritta dalle donne. Storie vere ex Plautilla nobis”, in esposizione nelle sale del Castello Aragonese. Inaugurata venerdì 11 novembre, la mostra sarà fruibile dal pubblico fino a venerdì 2 dicembre, con ingresso gratuito. L'evento è ideato e curato dalla Cpo, "promosso" dall’Ordine degli architetti PPC della provincia reggina e dal Comune di Reggio Calabria.

Le opere di Plautilla Bricci

Unico architetto donna dell’età preindustriale, Plautilla era figlia d’arte. E proprio nella bottega del padre Giovanni muove i primi passi nella pittura. Sua è, tra le altre, la tela Madonna col Bambino di Santa Maria in Montesanto (1640 circa), il San Luigi IX di Francia e la Fede dipinto da Plautilla per la cappella di San Luigi (1676-1680) della Chiesa dei Francesi. Pittrice ed architettrice, la Bricci realizzò il primo progetto per la scalinata di Trinità dei Monti (1660) e la Villa del Vascello (1663-1667). Grazie all’incontro con l’abate Elpidio Benedetti, servitore prima del cardinale Giulio Mazzarino e poi di Jean-Baptiste Colbert, primo ministro di Luigi XIV, Plautilla si affermò anche come architetto. Fu, infatti, l’abate a commissionarle Villa Benedetta, fuori Porta San Pancrazio sul Gianicolo, detta “il Vascello” (per la particolare forma di un vascello da guerra).

Plautilla Bricci

Il pensiero ispiratore della mostra al Castello Aragonese

“All’epoca esisteva il titolo di “architettore”, mentre per la donna non esisteva alcun titolo - racconta Giovanna Caminiti, presidente Cpo dell’Ordine degli architetti di Reggio Calabria - l’idea della mostra nasce dalla lettura del libro della Mazzucco del 2019, basato sulla figura di Plautilla Bricci che, nel 1600, è la prima donna architetto dell’epoca preindustriale. Plautilla, quando l’abate Elpidio Benedetti, grazie al quale ha molte commissioni, riceve l’incarico di costruire per lui una villa, detta “villa Benedetta” poi “villa del Vascello”, si pone il problema di definirsi, lei si definirà così architettrice, perché non esisteva un termine appropriato in quell’epoca.

Nel 1663, quando firma un capitolato, in cui viene dichiarato che lei è direttore di cantiere oltre che progettista, si firmerà tale, Plautilla Bricci, architettrice. Il capomastro si rifiuta di voler essere diretto da una donna, quindi lei è da considerarsi una pioniera, realizzando, per la prima volta, opere di architettura e lasciando in eredità a tutte le donne dopo di lei e fino ai giorni nostri, un messaggio fondamentale.

Plautilla non è solo il simbolo della donna architetto che nei secoli si è distinta, per cui la ricordiamo nella mostra di oggi, è il simbolo per ogni individuo al quale la professione, la società, ha assegnato, immeritatamente, un secondo posto. E il motto che contraddistingue il pensiero della Cpo, è “non il posto di una quota rosa da occupare ma l'equo riconoscimento di una abilità”.

Noi riteniamo - prosegue Giovanna Caminiti - che in una società equa debba essere valutata una donna al pari di un uomo, e soltanto con questo giudizio equo può andare avanti chi ha un’abilità riconosciuta al di là del genere che lo contraddistingue. La situazione non cambia fino a quando si continua a parlare di pari opportunità. Il volerne parlare, il ghettizzare una donna all’interno di una quota rosa non fa altro che acuire un problema che non esiste e che non dovrebbe esistere. Noi teniamo molto alla declinazione del titolo professionale al maschile - conclude Caminiti - architetto può essere anche una donna e la forza sta proprio in questo, il titolo me lo prendo di diritto e per merito”. (Nella foto, in basso, da sinistra: Giovanna Caminiti, presidente Cpo, gli architetti Alessandria Iaria e  Teresa Sapey)

Caminiti Iaria Sapey

Allestimento e inaugurazione

Donne architetto in mostra al Castello Aragonese. Sessantasette stampe che raffigurano volti, storia e opere delle più importanti “architettrici” nel mondo. L’inaugurazione si apre con la performance di Silvana Luppino, attrice del Teatro Primo che, su un monologo elaborato da Giovanna Caminiti, liberamente tratto dal libro della Mazzucco, ha impersonato Plautilla Bricci.

A raccontarci la messa a punto dell’esposizione è l’architetto nonché segretario della Cpo dell’Ordine reggino,
Alessandra Iaria. “E’ strutturata, nella parte iniziale con la balena, diventata il simbolo della Cpo, segno di queste donne che cercano di emergere con forza per mostrare quello che realmente valgono - racconta - come ci raccontava l’attrice all’inizio della performance, pur non avendo visto una balena nei nostri mari non vuol dire che non esista.

E il fatto che una donna possa cimentarsi in lavori, come in questo caso, di architettura, sempre prerogativa degli uomini, non vuol dire che debba necessariamente essere un lavoro legato solo a quella parte di esseri umani. Non dovrebbe esistere proprio la differenza di genere - sottolinea ancora Alessandra Iaria - quello che può essere fatto da un uomo, può essere fatto da una donna, non si dovrebbe guardare il genere ma la meritocrazia”.

Mostra su Plautilla Bricci stampe

Le stampe raccolgono la vite e le opere di 67 donne architetto, non solo italiane, raffigurate in ordine cronologico a partire da Plautilla Bricci, nata nel 1616 fino a Benedetta Tagliabue, nata nel 1963, divise per gradazione di colore, per indicare il decennio di appartenenza. E così, nella lunga esposizione in verticale, troviamo, tra le altre, Louise Blanchard Bethune (1856), la prima donna a esercitare la professione di architetto negli Stati Uniti.

Signe Hornborg (1862), la prima donna al mondo a laurearsi in architettura. Sophia Hayden (1868), il primo architetto donna del continente americano. Elena Luzzatto Valentini (1900), prima donna in Italia a laurearsi in architettura nel 1925. Lin HuiYin (1904), considerata il primo architetto donna della Cina moderna. Stefania Filo Speziale (1905), la prima donna a laurearsi a Napoli in architettura nel 1930.

Minnette De Silva (1918), prima donna architetto modernista dello Sri Lanka. E le più note Gae Aulenti (1927) e Zaha Hadid (1950), nome, quest’ultimo, legato alla città dello Stretto. Per finire con Benedetta Tagliabue e Teresa Sapey (1962).

Curatori della mostra, oltre al presidente della Commissione pari opportunità, Giovanna Caminiti, al vicepresidente, Selenia Talia e al Segretario, Alessandra Iaria ci sono anche gli architetti Maria Bagnato, Loredana Brianti, Benedetta Facciolo, Giovanna Miceli,Paola Redi, Letizia Vittoriano.

Mostra Plautilla Bricci inaugurazione

Presente all’inaugurazione al castello Teresa Sapey, tra le donne architetto raffigurate nella mostra. Torinese, trapiantata a Madrid, Sapey è approdata nella città dello Stretto con molto entusiasmo e ci dice la sua su cosa significhi essere donna architetto oggi.

“Non sapevo che ci fossero tutte queste donne che hanno fatto la storia dell’architettura - esordisce - è un valore per tutte le donne architetto. Sono cambiate delle cose ma non più di tanto. Secondo me la professione è neutrale, non ha genere, non mi sono mai chiesta se ero donna o uomo in cantiere, faccio il lavoro che amo e per il quale ho studiato e lottato. Riconosco che non ci sono tante donne in cantiere, ci sono tante donne architetto, tante donne che studiano architettura ma le donne che si sporcano con il cemento e la calce sono di meno. Il cantiere è più maschile, come ai tempi di Plautilla. Non ho mai visto un muratore donna! Ci sono dei limiti fisici e aldilà di tutto non vedo una grande discriminazione”.

Seminario

Aperto ai soli iscritti all’Ordine degli architetti, si è svolto venerdì mattina, un seminario di studi su Plautilla Bricci, tenutosi al Convitto nazionale di Stato Tommaso Campanella. Tra i relatori, anche il professor Yuri Primarosa,
conservatore presso la Galleria Nazionale di Arte Antica di Roma, che ha raccontato la vita di Plautilla attraverso le sue opere.

E l’antropologa Patrizia Giancotti, che ha collegato l’architettrice alla figura di Artemide, soffermandosi sull’essere creativa e l’essere pro-creativa di una donna. “Le donne che sono pro-creative, in realtà possono creare idee, progetti, non necessariamente figli” spiega Giancotti.

L’antropologa torinese si è soffermata, poi, sulla figura di Margaret Mead, antropologa statunitense che ha lavorato sulle questioni di genere, scrivendo il libro “Sesso e temperamento”, “in cui afferma che tutte le persone hanno un temperamento e che bisogna cominciare a considerare gli esseri come persone e non come maschile e femminile, in quanto maschile e femminile stanno in entrambi i sessi. E questo lo dice negli anni ‘20 del Novecento” sottolinea e conclude Giancotti.

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