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Lunedì, 29 Aprile 2024
L'agonia del Tito Minniti

Aeroporto, una pista oggetto di studio e la vera storia delle restrizioni

Michele Buonsanti, docente di ingegneria all'Università mediterranea ed esperto di sicurezza di volo, ci spiega come sono nate le limitazioni e perché non sono il motivo della crisi

La salvezza ormai in extremis dell’aeroporto dello Stretto è tornata al centro del dibattito, e uno dei temi più controversi è quello delle famigerate limitazioni all’operatività dello scalo reggino, legate alle caratteristiche delle piste e le conseguenti procedure di atterraggio dei velivoli. Una situazione che però affonda nella stessa storia dell’infrastruttura e non ha mai scoraggiato le grandi compagnie aeree dal frequentare il Tito Minniti. Perché adesso, con la nuova gestione regionale unificata, questa è diventata la bestia nera per giustificare la progressiva desertificazione del nostro aeroporto e rilanciarne una vocazione low cost, come è nelle intenzioni del governatore Roberto Occhiuto?

Questo scenario sconcerta Michele Buonsanti, professore presso il dipartimento di Ingegneria dell’Università Mediterranea, oltre che pilota civile dal 1980, ufficiale di sicurezza volo dell’aeronautica militare e nel recente passato presidente della Commissione Sicurezza Volo per l’aviazione generale. L’aeroporto dello Stretto lo conosce molto bene e dice: “Risulta ampiamente dimostrabile che negli ultimi vent’anni lo scalo ha svolto regolare servizio commerciale oltre che per Alitalia anche per altre compagnie internazionali di notevole consistenza. Non si comprende come si possa oggi amplificare la problematica delle restrizioni quale elemento di ridotta operatività dello scalo e persino per giustificare il decremento di traffico”.

Anche perché quelle restrizioni non sono il male assoluto e anzi lo specifico addestramento dei piloti, posto a tutela della sicurezza, secondo il professore costituisce un obbligo corretto e inamovibile. “Ho assistito al ’near miss’ che coinvolse un MD80 da cui in seguito, l’autorità emise i provvedimenti restrittivi sull’addestramento – afferma - e non molti anni fa, anche a quattro mancati avvicinamenti di un velivolo low cost che svolgeva occasionalmente la tratta Torino-Reggio. Inoltre sulla rivista Sicurezza Volo della forza armata l’anno scorso il risk assessment per la pista 33 è stato oggetto di pubblicazione e studio. Per gli atterraggi RWY33 la manovra sul tratto finale è abbastanza complessa e necessita di abilità, conoscenza e coordinamento, soprattutto perché nell’aeroporto di Reggio c’è totale assenza di strumentazioni specifiche tali da consentire avvicinamenti e decolli in maniera strumentale, che dunque devono essere condotti in modalità manuale”. Sarebbe proprio questo sforzo (e i suoi costi) il motivo del gran rifiuto delle compagnie aeree, ma Buonsanti ci dimostra che il problema non ha mai riguardato i big del trasporto areo, ma semmai le low cost tanto caldeggiate nelle recenti dichiarazioni del presidente Occhiuto.

Le restrizioni e la necessità dell'addestramento dei piloti su una pista oggetto di studio

Andiamo con ordine, facendoci spiegare in cosa consistono queste restrizioni, che tecnicamente sono procedure di avvicinamento per i voli strumentali, pubblicate ed aggiornate su AIP (Aeronautical Information Pubblication). Dopo essere stato per trent’anni aeroporto militare, nel 1982 il Tito Minniti divenne civile subendo diverse modifiche strutturali alla pista principale. Il primo paletto è quella delle minime di visibilità, che devono essere pari a quelle utilizzate per il volo a vista (orizzontale pari o maggiore di 5 chilometri): le radioassistenze dislocate sull’aeroporto consentono di svolgere le operazioni in piena sicurezza anche con visibilità relativa. L’altro tipo di limitazione è dovuta a ostacoli naturali ed artificiali (tra cui la famosa torretta da abbattere) che impongono avvicinamenti con misure laboriose nel tratto finale della pista, su entrambi i lati della RWY15/33. Buonsanti sottolinea: “Questa particolare condizione morfologica delle aree e dell’infrastruttura ha portato le piste dello scalo a poter essere utilizzate solo con procedure di avvicinamento non di precisione, a causa dell’impossibilità ad avere installazioni di radionavigazione atte al soddisfacimento dei requisiti per atterraggi radioassistiti”.

Michele Buonsanti-2

Ulteriori restrizioni scattano in caso di eventi meteorologici che portano anche alla chiusura operativa dello scalo. Sia il vento che l’acqua possono inficiare la sicurezza del volo secondo minime che, ricorda Buonsanti, “furono imposte da Enac alla fine degli anni ‘80, dettate le stesse dalla condizione altimetrica della pista 15-33, nonché dal suo stato di usura e frammentazione, che incidevano negativamente sui parametri di frenata”. Con i lavori di adeguamento del 2004 il problema fu risolto, ma su AIP la situazione dell’aeroporto di Reggio Calabria non venne aggiornata: “La pista 15-33 fu integralmente rifatta a partire dai sottofondi, eliminando le pendenze fuori norma alla intersezione con la pista 11-29, che generava copiosi ristagni di acqua quindi condizioni di pericoloso acqua-planning. Anche il rifacimento dei manti di usura venne realizzato secondo le migliori tecniche ed ancora oggi lo stato di usura è soddisfacente, ma le restrizioni poste all’epoca sono in parte ancora vigenti”.

Per eliminare questa oggettiva debolezza dell’infrastruttura di volo, le proposte di procedure alternative presentate nel tempo si sono rivelate inapplicabili. “La procedura G-Bas presentata da Sacal – afferma - lascia molte perplessità da quando il sistema non è utilizzabile per atterraggi in curva e quindi è impossibile rendere assistita l’automazione per la fase finale del volo. Inoltre il sistema a bordo di ogni velivolo ha la necessità di avere una interfaccia assolutamente non presente sui velivoli standard e questo significherebbe (alti) costi ulteriori per il vettore che dovrebbe dotare i proprio velivoli di questo surplus strumentale ….solo per Reggio Calabria?”

Buonsanti, cita però qualche possibile orientamento tecnico migliorativo: “Dal punto di vista operativo – ribadisce - le criticità sono dovute specialmente all’assenza di procedure strumentali di precisione, da quando, specie per la RWY33, il tratto finale in curva, impedisce approcci avvicinamenti automatizzati. Difficile, se non impossibile, anche il tentativo di riclassificare come strumentale la pista 15-33 senza lo sviluppo delle obbligate superfici ideali parallele alla pista e larghe 150 metri per lato (in atto sono larghe 75 metri). Potrebbe anche essere ripreso il discorso – continua - degli ostacoli presenti su due fabbricati prospicienti la testata pista 15, che se qualora non fossero presenti consentirebbero un aumento della distanza utile all’atterraggio per la pista 15”.

Il sentiero di avvicinamento finale per la pista 33, principale attore per le restrizioni, secondo il professore potrebbe essere interessato da studi e verifiche per modificare il raggio che caratterizza l’ultima virata: “Ciò consentirebbe poter effettuare manovre stabilizzatrici al tratto finale senza eccessive angoli di virata o meglio, graduali virate iniziali per poi avere un avvicinamento quasi rettilineo no escludendo la possibilità di svolgere una procedura Ils-Offset“.

Da qualche anno a questa parte, osserva il professor Buonsanti, la tecnologia Gps utilizzata nella navigazione aerea ha consentito notevoli margini di miglioramento della sicurezza: “Purtroppo, pur diminuendo le quote minime di avvicinamento, nello scalo di Reggio nemmeno questo ausilio è riuscito a togliere la difficoltà del tratto finale a vista/manuale”. L’expertise del pilota resta dunque giusta, e indispensabile: “Le procedure di avvicinamento nella loro rigorosità garantiscono la piena sicurezza delle operazioni in arrivo e partenza”.

Per vent'anni il servizio di linea si è svolto ugualmente con regolarità e grandi numeri

Il vero deterrente per le compagnie aree riguarda proprio gli equipaggi e il loro addestramento. “Il dato delle grandi compagnie che hanno svolto servizio a Reggio per vent’anni – dice Buonsanti – è fondamentale per capire come la tecnica e le problematiche già illustrate possano relazionarsi con un aspetto commerciale se non ottimale, quanto meno di possibile regolarità operativa e quindi la disponibilità delle diverse compagnie aeree ad operare pur in presenza delle restrizioni. In un passato recente le compagnie hanno ugualmente operato in piena e totale sicurezza (movimentando oltre 700.000 passeggeri per anno), dimostrando che la richiesta e obbligata abilitazione degli equipaggi non è un problema insormontabile”. E, secondo Buonsanti, rispetto al passato le condizioni sarebbero migliorate grazie alle procedure di simulazione: “In passato le abilitazioni sul campo richiedevano tre decolli e tre atterraggi, molto onerosi per le compagnie perché un velivolo che realizzava un trasferimento da e per vuoto, veniva tolto dalla regolare attività, e gli istruttori ed esaminatori andavano ricollocati sul sito. Oggi avviene tutto con le sinergie delle compagnie che impiegano simulatori con un costo orario che non arriva a 3000 euro, e il proprio management di istruttori e qualificatori in sede”.

Le piste dell'aeroporto dall'alto

Attorno alla querelle le congetture sono maliziose quando legano lo scalo a uno specifico operatore. “Qualsiasi azienda – continua l’esperto - fonda la sua operatività nel pieno e totale rispetto delle normative vigenti ma nulla vieta allo stesso operatore adottare delle Sop (standard operative procedure) di compagnia più restrittive, il tutto a salvaguardia delle operazioni di volo. Quando le Sop sono poco o per nulla attuabili sullo scalo, il discorso cambia e le difficoltà procedurali diventano di colpo insuperabili rendendo impossibile all’operatore lo svolgimento del servizio”.

Uno di questi casi sembrerebbe essere proprio la corteggiatissima Ryanair. “Non verrà mai a Reggio - taglia corto Buonsanti – perché la politica di quel tipo di compagnia non investe su questo tipo di addestramento e non cambierà (giustamente e correttamente) mai le Sop interne, anche se altri lo stanno blaterando da anni”.

Un inarrestabile declino iniziato con la gestione unica e bandi che non avrebbero potuto funzionare 

Il rapido declino dell’aeroporto dello Stretto fa male a chi, come Michele Buonsanti, ha in testa una chiara parabola di questa crisi. “Prima dell’arrivo dell’attuale gestore – commenta - Reggio Calabria aveva 3 a/r relazioni giornaliere con Roma svolte da Alitalia (che diventavano 4 nel periodo estivo) oltre 1a/r con Blue Panorama. Nel periodo estivo Alitalia raddoppiava per due mesi Linate in maniera analoga, oltre a svolgere un frequentatissimo Torino, con coefficienti di riempimento di oltre il 95 per cento e un altro collegamento stabile annuale sempre su Linate, svolto da Blue Panorama. Arrivato il nuovo gestore, oggi lo scalo servito esclusivamente da ITA, ha 2 a/r per Roma e per Milano a orari impossibili, e nonostante tutto ringraziamo il vettore che lascia il collegamento, poiché si è riusciti a perdere anche la sosta notturna di uno dei due velivoli ITA, oltre ad aver fatto scappare Blue Panorama. In un bilancio di tre anni operativi lo scalo supererà forse i 150.000 passeggeri. Molto pochi, ovvero giusti per sancire l’improduttività dello scalo”.

I bandi deserti sono stati errati nella tempistica secondo Buonsanti: “Pubblicati ad aprile, l’esito era già scritto per far morire la stagione estiva, perché le compagnie fanno programmazione semestrale ed i loro operativi erano già tutti impegnati fin dall’inoltrato autunno 2022. Ad oggi appare evidente che le scelte operate della società unica di gestione aeroportuale sono focalizzate sull’aeroporto ‘madre’ Lamezia, lasciando, in un clima di totale abbandono, il resto degli scali. A conferma di ciò – aggiunge  -come aspetto di strategia, nei mesi di paralisi parziale del trasporto aereo per la pandemia, Sacal ha fatto il gestore nel vero senso della parola, ovvero ha programmato strategicamente la riapertura della normalità, avviando e chiudendo contratti con numerose nuove compagnie che però opereranno esclusivamente da Lamezia e per Lamezia!”

Il futuro low cost immaginato da Occhiuto per lo scalo di Reggio è un evidente errore

Buonsanti rimarca come la prospettiva di sviluppo di Reggio come aeroporto delle low cost sia un errore: “I numeri noi li abbiamo fatti con Alitalia e Blue Panorama, guardavamo al futuro verso il milione di passeggeri. La storia insegna che lo scalo reggino, fino alla precedente gestione, attraverso il vettore di bandiera ha garantito passeggeri e sicurezza in grande affidabilità. Quello che dichiara, generando estrema perplessità, il presidente Occhiuto per Reggio è l’esatta antitesi delle logiche del trasporto aereo, perché è invece Lamezia l’aeroporto delle low cost, uno scalo privo di restrizioni e con ampia operatività per ogni minimo vettore”.

Il costo stellare dei biglietti, però, è concreto e pesa sugli utenti del territorio. “Non è irrisolvibile – risponde Buonsanti – io ad esempio, volando con frequenza, programmo i biglietti e non arrivo mai a cifre elevate. Certamente se compro il biglietto due-tre giorni prima allora diventano cifre da capogiro ma, attenzione vale per tutti i vettori, low cost incluse. Se poi pensiamo a quelle offerte da 9 euro che resero celebre Ryanair ai suoi esordi dovremmo capire tutti che sono tempi finiti per sempre. L’anno scorso hanno chiuso i battenti 36 piccole compagnie, i low cost hanno purtroppo un fardello di fattori negativi dovute alla consistenza dimensionale, spesso piccola, ma non rapportata ai costi che restano (grandi) per tutti. Soprattutto – precisa il professore - pensando al pendolarismo giornaliero o settimanale dei tanti reggini e non, qui servono un vettore o due per consentire attraverso hub come Roma o Milano di potersi muovere in tutta l’Europa, e perché no nel mondo intero, con coincidenza affidabili e principalmente protette, come in passato avveniva con Alitalia. Oggi c’è ITA e non possiamo perderlo, anzi è il vettore su cui mirare il rilancio dello scalo”.

Ogni considerazione sulla volontà politica (quella da cui passa la strada della gestione autonoma con una società territoriale dello Stretto) è sottintesa e quasi superflua. Conclude Michele Buonsanti: “In cinque anni siamo crollati. Dopo il Covid la situazione paradossale era che Comiso aveva voli per Roma e noi no! Reggio Calabria ha il diritto di un collegamento stabile con il resto del paese. Non si comprende perché oggi volare con ITA e le garanzie e i servizi annessi non possa passare dallo scalo reggino, che invece nella logica terrificante delle low cost andrebbe destinato solo a tratte da punto a punto… per poi restare noi sempre allo stesso punto”

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