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Lunedì, 29 Aprile 2024
Inaugurazione anno giudiziario

Con la riforma Cartabia a rischio "estinzione" l'85% dei processi

L'allarme è stato lanciato dal procuratore generale Dominijanni che, durante la sua relazione, ha richiamato la gente ad una più attenta collaborazione

C’è uno spettro che si aggira sul distretto giudiziario reggino e non è una concetto politico, ma un precetto normativo: l’improcedibilà dei processi, uno dei risvolti, forse il più controverso e criticato, della riforma firmata dall’ex guardasigilli Marta Cartabia.

Uno spettro che è stato reso pienamente visibile dalle parole del procuratore generale Gerardo Dominijanni che, con come sempre caustico e lucido nella sua analisi, ha messo in risalto il rischio che corre l’amministrazione della giustizia in provincia di Reggio Calabria.

Potrebbero, infatti, essere circa l’85% dei fascicoli processuali ancora pendenti a non trovare uno sbocco definitivo ma anzi ad essere cancellati, attraverso la dichiarazione di improcedibilità.

"Ho provato a simulare quel che accadrebbe con gli attuali numeri della corte d'appello di Reggio - ha detto Dominijanni - ovviamente un dato prognostico posto che la norma si applica ai fatti commessi dopo il 1 gennaio 2020. Se escludiamo i reati di 'ndrangheta per i quali si applica un regime speciale, alla data del 1 luglio 2021 pendevano in corte 7083 processi per reati comuni. Alla data del 30 giugno 2022, ovvero dopo un anno, ne sono stati decisi 1340, di cui 452 definiti entro il limite massimo dei tre anni. Dunque, su 7083 fascicoli, oggi 6631 dovrebbero essere dichiarati improcedibili, ovvero l'85% del totale". 

Un dato che ha fatto dire, senza giri di parole, al procuratore generale Gerardo Dominijanni che la “Riforma Cartabia porterà alla inevitabile estinzione dei processi”.

Un rischio che, sommato alla costante ed “allarmante” carenza di organico, non è sottovalutato dai magistrati reggini ma che, come sottolineato da Dominijanni, non porterà a fare “nessun passo indietro nella lotta al criminalità organizzata”.

E ciò nonostante il fatto che, rispetto allo stato dell’arte della giustizia nel distretto reggino rappresentato lo scorso anno, poco o nulla sia cambiato nell’approccio della società civile ai rischi commisurati alla presenza pervasiva della ‘ndrangheta e al mancato supporto all’azione dei magistrati che, ancora una volta ed amaramente, il procuratore generale non ha mancato di mettere in evidenza.

“Ancora oggi - ha detto - parte di quell’opinione pubblica che si professa a parole contro la ‘ndrangheta poco ha fatto concretamente”.

Le periferie da recuperare, la scuola - presente con varie rappresentanze di studentesse e studenti degli istituti superiori reggini presso la caserma “Fava e Garofalo” in occasione della cerimonia di apertura dell’anno giudiziario del distretto reggino, come motore determinante di crescita culturale e sociale, sono state al centro del discorso del procuratore generale.

“Dobbiamo fare leva - ha detto Gerardo Dominijanni - sulla meglio gioventù”, bisogna puntare sulla crescita etica e morale delle giovane e dei giovani reggini per creare un argine sociale all’avanzare della criminalità organizzata.

Fra le cose negative, quelle che ancora non sono ancora cambiate rispetto allo scorso anno, c’è l’incapacità da parte dello Stato di risanare le aziende sequestrate ed evitare il fallimento con il carico di disoccupati costretti a fare ricorso agli ammortizzatori sociali. La proposta di costituire un gruppo di lavoro regionale, proposta dal procuratore generale lo scorso anno, si è infranta sulla scelta del Csm di non consentirne la partecipazione ai magistrati.

Per Gerardo Dominijanni si è trattato un “errore inaccettabile”, di un “fallimento”, in una terra in cui le cosche hanno creato uno stato sociale parallelo “la gente è indotta a pensare che la ‘ndrangheta crea posti di lavoro e uno Stato che li distrugge”.

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