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Cronaca Catona

"Nessun pizza party, sarebbe meglio dire solidarietà party", Ripepi precisa e annuncia ricorso

Il leader della comunità Pace contesta le sanzioni della polizia dopo i controlli anti Covid effettuati all'interno dell'Istituto per la famiglia di Catona che "offre pasti caldi ai meno fortunati"

"Non c'è stato nessun pizza party, sarebbe meglio dire solidarietà party". Esordisce con queste parole il consigliere comunale e pastore della comunità Pace, Massimo Ripepi, dopo i controlli anti Covid effettuati qualche giorno fa dagli agenti della polizia di stato all'interno dell'Istituto per la famiglia di Catona.

"La compagine dell’Istituto - afferma Ripepi - è costituita da tre “pilastri”: i bisognosi, i volontari e quanti bussano alla porta perché si avvicinano a questa meravigliosa realtà. L’opera di carità che l’Ipf rivolge agli svantaggiati non è un fatto episodico bensì giornalmente ripetuto con successo. Nulla di particolare in realtà. Come tantissime altre organizzazioni benefiche l’Ipf offre pasti caldi ai meno fortunati, attraverso una mensa solidale aperta a quelli che la società civile (la società degli egoisti benpensanti) considera reietti ed indesiderabili. Né più né meno di quanto fanno tante organizzazioni religiose, meritorie della riconoscenza collettiva". 

"Per dovizia di particolari - dichiara Ripepi - nessuna caratteristica di “Party” è stata evidenziata dagli operatori di polizia: niente invitati, festoni, palloncini, regali e cotillons! Solo bisognosi e volontari che li assistevano. Dopo l’iniziale sconcerto, ben gestito dagli agenti, sono state identificate 60 persone ed elevate 44 contestazioni (di cui 26 a volontari in servizio e 18 ad assistiti) sul presupposto assolutamente errato (almeno per noi, che proporremo ricorso dinanzi alle competenti autorità) che in quel momento si stesse svolgendo attività di ristorazione in orari non consentiti dalla legge.

Nessun ristorante e nessuna pizzeria, ma solo le normali attività di mensa per bisognosi e volontari. Ben 15 dei sanzionati non si trovavano neppure all’interno dei locali dell’associazione, ma nei cortili adiacenti, non stavano consumando alcun pasto ed erano tutti dotati di mascherina. Gli altri - continua il consigliere comunale - erano diversamente dislocati sui diversi livelli della struttura. In quel momento, in quella sala, di ben 350 mq (quindi idonea a contenere più di 100 persone nel rispetto delle distanze di sicurezza), erano sedute non più di 25 persone, suddivise in 7/8 tavoli tutti debitamente distanziati e molte di loro pure appartenenti allo stesso nucleo familiare. Nella sala, l’areazione è garantita da due immense aperture che fungono anche da vie d’uscita". 

E ancora: "Per noi, che viviamo questa meravigliosa esperienza cristiana, non è stato assolutamente difficile immaginare chi possa essere stato ad indirizzare le forze dell’ordine al presunto “party”. Anche questo fa parte di un disegno criminoso che, da diverso tempo, “taluni” (a noi però ben noti e già denunciati) intendono concretare ai danni del sottoscritto e di questa comunità".

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