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Lunedì, 29 Aprile 2024
Dca e cure sul territorio

Disturbi alimentari in aumento, storie di dolore tra adolescenti e giovani della città

In un panorama meridionale penalizzato e con pochissimi centri di cura, a Reggio Calabria una fotografia precisa dei dca arriva dall'unità operativa locale Aidap

Dal 2019 ad oggi, secondo fonti del ministero della salute, il numero di persone con disturbi del comportamento alimentare dopo più che raddoppiati. Nonostante questo dato allarmante, la nuova legge di bilancio aveva cancellato le risorse del fondo nazionale istituito nel 2022 proprio per sostenere i centri che si occupano di questi pazienti, in maggioranza adolescenti e prevalentemente donne, ma non solo.

Su quel contestatissimo taglio il governo ha poi fatto dietrofront, prevedendo anche un aumento di budget e l’impegno ad includere le cure dei dca nei livelli essenziali di assistenza del servizio sanitario nazionale.

Il gap meridionale nei centri di cura dei dca e la situazione nel nostro territorio

Uno scenario che fa sperare soprattutto i pazienti residenti al Sud, dove il panorama dei centri specializzati è molto carente. A Reggio Calabria è attiva dal 2002 l’Unità Operativa Locale Aidap (Associazione Italiana Disturbi dell’Alimentazione e del Peso), associazione indipendente autonoma e senza fini di lucro, riconosciuta come società medico-scientifica dalla Fism. Nella struttura in via Willermin si applicano le terapie ambulatoriali standard e intensiva, ma senza copertura economica da parte dello stato.

Il coordinatore Giovanni Minutolo, medico e psicoterapeuta, dice: “Non è facile ottenere l’accreditamento. La nostra sede avrebbe molti requisiti, dalle figure specializzate ai protocolli di cura, e io metterei volentieri a disposizione anche una proprietà a Favazzina, che potrebbe essere sede per i ricoveri”.

Il principale gap calabrese (e meridionale) è proprio quello dei centri di degenza. Nella nostra regione, per i pazienti con dca gravi esiste soltanto l’ambulatorio di ricerca clinica e terapia dell’ospedale universitario Mater Domini di Catanzaro, mentre all’Asp di Crotone, nell’area diagnosi e terapia dca del centro di salute mentale, è erogato un servizio di terapia ambulatoriale specialistica. Posti letto dedicati esistono soltanto nell'unità operativa complessa di pediatria dell'ospedale di Cetraro, in provincia di Cosenza. In nessuno è previsto il servizio di riabilitazione intensiva residenziale.

“Si tratta di approcci molto diversi dal nostro”, dice Minutolo. “In quelle strutture l’impostazione è psichiatrica, quindi medico-prescrittiva, con ricorso ai farmaci e un aspetto dirigista nel rapporto con i pazienti. La nostra associazione segue invece un percorso di motivazione del paziente, che deve maturare la decisione del cambiamento ed esserne convinto”.

Per le situazioni di particolare gravità a Reggio l’Aidap ha aperto nel 2022 un’unità ambulatoriale intensiva alternativa al ricovero, dove il paziente è seguito con un protocollo di cure che comprendono i pasti assistiti e attività in una piccola palestra. “Abbiamo uno staff specializzato nei disturbi alimentari – continua Minutolo – composto da diverse figure (neuropsichiatra, psicologa, nutrizionista e un personal trainer), e l’impiego di queste professionalità non ci consente di ridurre il costo delle attuali rette settimanali di trattamento”. 

Con Giovanni Minutolo operano la psicologa Nicoletta Palesandro, le figlie Martina, nutrizionista, e Alessandra, neuropsichiatra infantile che attualmente svolge attività clinica e di ricerca presso la UOC di Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, ma torna nella sede medico-scientifica di Reggio durante i fine settimana.

L'aumento dei disturbi alimentari e le nuove patologie ancora poco note

Minutolo conferma la statistica di aumento dei disturbi alimentari e della nutrizione, effetto anche del periodo della pandemia e lo spostamento di relazioni e comunicazione sui social. Il target dominante continua ad essere quello di pazienti donne e in un’età adolescenziale che però si abbassa sempre di più. “Le donne sono più esposte ai modelli basati su un’equazione tra magrezza e bellezza diffusi storicamente dalla nostra società occidentale - continua Minutolo – e i social hanno peggiorato il fenomeno. Ci sono però disturbi meno noti eppure emergenti che colpiscono anche i ragazzi, come la vigoressia, caratterizzata da una eccessiva attenzione per la massa muscolare e l’assunzione di integratori o anabolizzanti”.

Da almeno un decennio, dei disturbi dell’alimentazione si sta parlando tanto - ed è un bene - ma spesso nelle sedi non adatte e senza le giuste competenze. E tra enfatici diari della malattia su TikTok (a rischio emulazione) e autodiagnosi da influencer, sono ancora molte le zone d’ombra su un universo di patologie sconosciute.

Un esempio per tutti è la bulimia, che in epoca antica era considerata pratica salutare ed epurativa attraverso il vomito indotto, e fu identificata come malattia nervosa per la prima volta solo nel 1979 grazie a uno studio dello psichiatra inglese Gerald Russell. “Un disturbo diffuso ma poco noto – aggiunge Minutolo – è il binge eating disorder, disturbo caratterizzato da episodi di alimentazione incontrollata. Rappresenta una possibile evoluzione di bulimia e anoressia e spesso si riscontra in soggetti con obesità”.

Storie di giovani donne della città, vissuti e sofferenze diversi oltre l'immaginario standard

La persona con disturbi alimentari dall’esterno è identificata con un immaginario stereotipato di vissuti e aspetto estetico. Invece questo tipo di sofferenza non è standardizzabile, come dimostrano i casi di alcune pazienti in cura all’Aidap. Le storie che apprendiamo dal dottor Minutolo sono fatte di dolore e solitudine, celate nelle pieghe della comunità di giovani che vivono attorno a noi, nelle scuole e le famiglie della nostra città.

“Una situazione emblematica riguarda una ragazzina di 12 anni che aveva perso quindici chili in tre mesi. E’ arrivata nella nostra sede su segnalazione dello psicologo che opera nell’istituto scolastico di Reggio frequentato dalla ragazza. Il caso era già grave perché non ingeriva cibo né acqua e non andava più a scuola non avendo la forza di alzarsi. Il contesto della famiglia, molto numerosa, è di disagio sociale e scarsi mezzi, ma era necessario che la ragazza fosse seguita, così l’abbiamo inviata a Messina per un ricovero presso il reparto ospedaliero di neuropsichiatria infantile. Non è un centro specializzato per i dca ma potrà gestire questo momento di emergenza”

In quel caso la dodicenne aveva iniziato una dieta e poi smesso di mangiare dopo il commento negativo di una coetanea sul suo peso. Ma un disturbo del comportamento alimentare lo presenta anche un’altra giovane donna, che in apparenza non avrebbe nessun motivo per non essere soddisfatta del suo corpo. “Questa paziente – afferma Minutolo – ha una laurea nel settore della moda e lei stessa partecipa a sfilate, ma proprio i condizionamenti sull’aspetto fisico insiti nel settore in cui lavora l’hanno portata a sviluppare anoressia nervosa. Questa professione le piace e non vuole abbandonare, in un certo senso dovrà imparare a convivere con questo ambiente e affrontare il focus del disturbo psicopatologico, che è l’autovalutazione disfunzionale”.

Nei dca è questo il cuore del problema, una dismorfofobia che spinge a sfidare il proprio organismo con restrizioni alimentazioni e food checking ossessivo e mai soddisfacente. Che capiti solo a persone con corpi non rispondenti ai canoni estetici dominanti è un falso mito. “L’autostima di chi ha un disturbo alimentare – spiega Minutolo – è fondata unicamente sui tre criteri del peso, di come si riesce a controllarlo e di come ci si vede allo specchio. Sono i soli criteri di validazione personale, anche per ragazze che hanno molti amici, un buon rendimento scolastico, doti artistiche. Ma tutto questo per loro non conta”.

Depressione, inflessibilità, perfezionismo, istinti rabbiosi e calo del desiderio sessuale sono tra le conseguenze di una vita incentrata sulla restrizione del corpo finalizzata ad aderire a modelli fisici sempre irraggiungibili. “Andare contro la biologia – ribadisce lo psicoterapeuta – crea gravi danni”. Persino lo sport può trasformarsi da attività benefica in ossessione, come accade a una docente 45enne di origine reggina, che insegna al Nord. “Lo sport - sottolinea - può essere usato come strategia di compenso all’assunzione di cibo oppure come meccanismo di controllo sul peso, analogamente alla dieta ferrea, ed è questo il caso della paziente di cui parliamo, che svolge iperattività fisica”.

Il supporto delle famiglie, risorsa nel percorso di terapia e guarigione

Nei disturbi del comportamento alimentare i genitori sono comunemente sul banco dei grandi accusati, ma l’impostazione di Aidap è opposta: “Sfatiamo l’idea che i dca siano dovuti a carenze d’affetto, perché non è mai così trattandosi di disturbi con cause multifattoriali, che dipendono da molteplici fattori di rischio, sia genetici che ambientali, da un fattore scatenante (ad esempio un episodio o un evento traumatico), e da fattori di mantenimento messi in atto dallo stesso paziente con il controllo del peso: dieta ferrea, pratiche di food e body checking”.

Per Aidap i genitori sono collaboratori preziosi della terapia. Precisa Minutolo: “Non siamo mai giudicanti e non emettiamo capi di accusa. Al contrario le famiglie per noi sono una risorsa, e chiediamo il loro aiuto nel percorso di cura, coinvolgendoli con la lettura di un manuale apposito in cui è spiegato come possono diventare nostri aiutanti”.

I dca sono un nemico insidioso e la strada della guarigione è minata da ricadute anche a distanza di tempo, quando si pensava di esserne fuori. Minutolo conclude con parole confortanti, perché i dati nazionale Aidap attestano la guarigione in oltre il 50% dei casi, anche quando a mettere ansia è l’assenza prolungata del ciclo mestruale. “E’ un effetto del calo di peso oltre la soglia minima dell’indice di massa corporea di un normodotato. Può accadere che il ciclo scompaia anche per molti anni, ma ugualmente tutto si rimette in moto se si seguono le terapie e il corretto comportamento alimentare e si lavora sullo stress. Non sempre sono necessari integratori o farmaci: il nostro corpo - conclude Giovanni Minutolo - è stato progettato per essere una macchina perfetta, pertanto anche in grado di recuperare le funzioni perse, in modo naturale”.

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