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La storia

Disturbi alimentari: "Così, dopo aver privato il suo corpo, mia figlia sta ritrovando l'amore per se stessa"

Il 15 marzo ricorre la giornata del fiocchetto lilla e abbiamo parlato di dca con la madre di un'adolescente reggina, che ha condiviso la sua storia

“Quando mia figlia ha iniziato a perdere peso ho pensato che soffrisse di un’intolleranza. Non sapevo niente di disturbi alimentari e lei mi diceva di sentirsi male, sempre gonfia. Oggi penso che forse dentro di me non volevo davvero vedere quello che stava succedendo”. La madre che ci sta raccontando questa storia vive a Reggio Calabria e le chiediamo di condividere con noi il percorso iniziato alcuni mesi fa dalla figlia quindicenne per guarire da una patologia che intacca corpo e anima. Alla sensibilizzazione sui disturbi alimentari e della nutrizione è dedicata, nella data del 15 marzo, la giornata del fiocchetto lilla, a cui partecipiamo con la testimonianza di Marina e la sua Giada (usiamo per loro due nomi di fantasia).

“Per i genitori non è semplice affrontare questa situazione – dice Marina, professionista e madre di un’altra adolescente – i sentori del disturbo non sono chiari e nel nostro caso è stata la pediatra ad aprirmi gli occhi e farmi capire che poteva trattarsi di qualcosa per cui servisse un aiuto specialistico”.

"Da soli non riuscivamo ad aiutarla, eravamo Davide contro Golia"

La dottoressa indirizza Giada alla società medico-scientifica Aidap, nell'unità operativa reggina diretta da Giovanni Minutolo, nella quale la ragazza è seguita dallo scorso settembre. Quando si è avvicinata ai professionisti dell’equipe, aveva perso nove chili in sei mesi a causa di rigide restrizioni sul cibo. Giada voleva essere magra, forse perché, praticando la danza, era influenzata dai modelli fisici di questo ambiente. “Non voglio assolutamente colpevolizzare scuole di danza o palestre – precisa Marina – anche se è innegabile che la frequentazione di questi contesti porti il rischio di sviluppare alcune ossessioni per l’immagine e confrontarsi con i corpi degli altri, magari più allenati o simili a quelli proposti dai media. Ma la nostra esperienza mi ha insegnato che tutto dipende dalla psicologia della persona, spesso non c’è un evento scatenante ma tanti fattori diversi”.

I dca sono ancora avvolti dentro credenze banali e false convinzioni. Tutto nasce nella mente, e per questo ogni vissuto è diverso. “Si fa l’errore di considerarli capricci – continua Marina – ma non lo sono, è un disagio psicologico. Le ragazze non accettano il cambiamento corporeo, spesso inizia così”.

Si cresce, le forme si arrotondano e molte giovani vivono questa età di passaggio con timore, non riconoscendosi più. Giada dimagrisce perché mangia meno e spiega che il cibo le crea qualche problema – per questo la madre dapprima ipotizza che possa essere un evento allergico. Quando è chiaro che la ragazza rifiuta di mangiare, i genitori non hanno gli strumenti per aiutarla, e nel vortice della crisi intervengono nel modo sbagliato.

“Ci sentivamo Davide contro Golia – confida Marina – io insistevo per farla mangiare e lei era oppositiva. Non ci ascoltava e non serviva a niente fare leva sul buonsenso che lei ha, essendo una ragazza intelligente e studiosa. Mostrava un senso di onnipotenza e il suo carattere era cambiato, tendeva a isolarsi ed essere depressa”.

Le restrizioni al cibo, il controllo delle calorie e l'ossessione per l'immagine

Il contatto con l’Aidap permette alla famiglia di Giada di intraprendere la strada giusta per avviare la guarigione. Una strada partita dalla volontà della quindicenne: “Ci hanno fatto capire che tutto doveva venire da lei e così siamo riusciti a parlarle e farle comprendere che aveva bisogno di aiuto. Sin dai primi incontri con gli specialisti le è stato chiaro che avrebbe partecipato attivamente al programma. Si è sentita serena, accolta nei suoi sentimenti. Poi continuando il percorso è stato importantissimo che la abbiano coinvolta nei pasti assistiti, perché quella fase le ha dato la tranquillità di tenere sotto controllo quello che mangiava”.

Il passo successivo è allentarlo, quel controllo. Non contare le calorie, non guardarsi troppo allo specchio. Durante la terapia Giada attraversa alti e bassi, e in parallelo alla cura nutrizionale procede il lavoro psicologico per regolare le emozioni legate all’immagine corporea. “Ha fatto molti progressi – dice ancora Marina – per lei ogni superficie riflettente era utile per guardarsi e questo ora non accade più, inoltre sta meno tempo in bagno, anche quella era la spia della sua perenne attenzione sull’aspetto fisico”. Non mancano i momenti duri, i pianti e l’apprensione dei genitori davanti a ogni comportamento anomalo. “Era arrivata alla taglia 32, e quando ha guadagnato peso e raggiunto un indice di massa corporea stabile, un giorno mi ha chiesto di buttare un paio di pantaloni che non le andavano più… Ammetto che ho avuto paura che percepisse male questa cosa e avesse un ripensamento. Sta facendo un grande lavoro emotivo, sta ritrovando l'amore per se stessa”.

Giada ha una sorella minore: con la dolcezza dei suoi 11 anni, anche lei si è unita ai genitori per creare in casa un clima di supporto e contribuire a questo percorso. “Le tensioni ci sono state, è inevitabile, ma abbiamo scelto di dire tutto all’altra figlia, anche perché c’era il rischio che emulasse quel modo di vedere il corpo. Nonostante sia ancora piccola, sta facendo tutto quello che può per sostenere Giada”.

La routine di una famiglia che affronta il dca, dai pasti assistiti alle cene fuori

Vivere con una persona che soffre di dca comporta uno stravolgimento dello stile e i ritmi familiari. Nella pratica, l’organizzazione quotidiana deve essere adattata al piano alimentare seguito. “In Aidap è programmato tutto, dai cibi alle quantità e gli orari – conferma Marina – e ci hanno anche dato strategie per le situazioni particolari, ad esempio nelle cene al ristorante prendiamo come riferimento le quantità standard i prodotti usati. Io ormai mi regolo da sola anche quando siamo da parenti, misurando il cibo con i mestoli, molti alimenti non li peso neanche più”.

E’ chiaro che il mangiare fuori è percepito con malessere da chi ha questo disturbo. “Sul questo al centro hanno trasmesso sicurezza a mia figlia. Le hanno fatto capire che anche se nel menu sabato ha la pizza questo non la farà ingrassare. Non è facile mangiare regolarmente dopo un periodo di restrizioni imposte al corpo, e l’obiettivo è discostarsi via via dai menu per tornare all’alimentazione normale. Abbiamo imparato la pazienza del seguire un metodo scientifico, l’arte dei piccoli passi”.

La giornata del fiocchetto lilla ricorda l’incidenza dei disturbi alimentari nella popolazione giovanile italiana, in prevalenza femminile, accendendo i riflettori sulla necessità che questo diventi un capitolo dell’agenda sanitaria statale. Non tutti possono affrontare la spesa di cure private. “Per noi sono costi sostenibili da una famiglia media – conclude Marina – ma ritengo che il servizio sanitario nazionale dovrebbe prendersi carico dei dca, sia per garantire servizi a chi non può permetterseli, sia per convenzionare i centri che si occupano di curare i nostri figli. Ed è importante finanziare la ricerca scientifica, perché si tratta di malattie ancora poco note”

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