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Lunedì, 29 Aprile 2024
Le intercettazioni

La droga dalle "Calabrie" e la paura di passare lo Stretto: "Su 10 carichi otto si perdono"

Nelle carte dell'inchiesta dei carabinieri di Messina gli stratagemmi del gruppo criminale di Barcellona Pozzo di Gotto per far passare la cocaina e la marijuana dalla Locride e dalla Piana

La droga per le piazze di spaccio del messinese arrivava “dalle Calabrie”. La cocaina e la marijuana partivano dalla Locride e della Piana, dove trovano casa alcuni dei casati storici del narcotraffico internazionale, per attraversare lo Stretto di Messina e inondare la sponda di Cariddi di sostanze stupefacenti.

Ma proprio questo passaggio non faceva dormire sonni tranquilli al gruppo criminale di Barcellona Pozzo di Gotto che è stato disarticolato dai carabinieri del comando provinciale di Messina all’alba di ieri.

“Compà - si dicevano due degli indagati ignari di essere intercettati dalle forze dell’ordine - ogni 10 carichi, otto si perdono e tre riescono”. Al netto della scarsa propensione alla matematica, il ragionamento era suffragato dagli innumerevoli sequestri di droga ed arresti di corrieri effettuati agli imbarcaderi di Villa San Giovanni e di Messina. “Perché se non c'era il traghetto, se era a Messina - si legge ancora nelle carte dell’inchiesta - allora è un altro discorso, siccome è nelle Calabrie... e loro addirittura, loro addirittura, se vogliamo, ci scortano fino a Villa San Giovanni, capito? Cioè, proprio, ci fanno la scorta, se volete, dice, "guarda fino a Villa vi scortano", cioè corrispondono loro da quando parte da 2 fino a Villa, quindi…”.

Il rischio di perdere il carico di droga era molto presente nei ragionamenti degli indagati. A rischio c’erano molti soldi, alla luce del fatto che un grammo di cocaina veniva pagato dai 35 ai 38 euro, in ballo sovente c’erano quasi 50 mila euro. Un costo che poteva lievitare se la “bianca” veniva scortata dai fornitori calabresi anche oltre lo Stretto attraverso corrieri e staffette appositamente assoldate.

Un meccanismo che, però, negli ultimi tempi stentava a mettersi in funzione per la penuria di soggetti disposti a rischiare l’arresto per coprire i tre chilometri che separano la Calabria dalla Sicilia con la macchina imbottita di droga.

Dalle intercettazioni agli atti dell’inchiesta emergono questi timori: “un altro ragazzo di Reggio Calabria ...inc... questo qua di Reggia Calabria si spaventa di portarla fino a qua, e il prezzo me l'hanno accettato: trentotto euro ...inc... originale. Però gli ho detto il trasporto a destra e a sinistra”.

Il Covid-19, poi, aveva peggiorato la situazione. I controlli delle forze dell’ordine si erano moltiplicati sia alle porte dello Stretto che per le strade della Sicilia e il gruppo disarticolato dai carabinieri era costretto a trovare nuovi stratagemmi per coprire i propri traffici: come quello dei certificati medici per eseguire dei controlli ospedalieri.

“Se io trovo la persona giusta - si legge nell’ordinanza firmata dal gip Ornella Pastore - lui viene con la sua macchina, io vado con la mia macchina, faccio fare due certificati che dobbiamo andare all'ospedale a Catania per passare due visite, per dire, una tac, una cosa, vediamo come riesco a sistemare questa situazione. Avendo questi due certificati nelle mani, che ci possiamo muovere, lui viene, lui aspetta fuori e io entro dentro. Lui mi apre il cofano, gliela metto nel cofano, io avanti e lui indietro ...inc... se si può fare... se non ho la persona…”.

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