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Rischio insetti in tavola

Farine di grillo, i panificatori reggini non ci pensano neanche

Nino Laurendi, presidente di Assipan Confcommercio, anticipa la posizione di netto dissenso della categoria, che nei prossimi giorni si esprimerà in modo ufficiale

“A introdurre farine di insetti nella nostra produzione non ci abbiamo mai pensato né intendiamo farlo. Non lo faremmo neanche sotto costrizione”. E’ tassativo Nino Laurendi, presidente Assipan Confcommercio provinciale e componente del direttivo nazionale. Proprio ieri nel corso di una riunione a Roma con rappresentanti delle varie sedi italiane dell'associazione è stato sollevato il tema del via libera dell’Unione europea all’impiego della polvere sgrassata di acheta domesticus (il comune grillo) nei prodotti alimentari.

La nuova disposizione entrerà in vigore il prossimo 23 gennaio e i panificatori Assipan hanno deciso di esprimere la loro posizione in via ufficiale dopo l'imminente salone di categoria Sigep a Rimini, che si terrà dal 21 al 26. Ma possiamo già anticipare che il sentimento degli artigiani reggini del pane, condiviso a livello nazionale nel settore, è di assoluto dissenso. Insomma, nessuno rischia di trovare particelle di insetti in pane o biscotti o quant'altro acquistato presso i fornai del territorio.

“La farina è farina senza nessun'altra opzione – dice Laurendi – e noi che seguiamo le prescrizioni della legge vigente non possiamo accettare qualcosa che è fuori dal mondo della panificazione. Non siamo d’accordo né come imprese né da consumatori. Personalmente provo disgusto a immaginarlo e non mi permetterei mai di proporlo a un cliente”.

Tra disgusto e diffidenza, i panificatori compatti dicono no

Tra artigiani e consumatori la reazione emotiva di rifiuto su questo argomento è quella più diffusa, soprattutto in un’area massimamente rappresentativa del modello nutrizionale della dieta mediterranea. Ma al di là dell'aspetto alimentare, l’orientamento europeo si basa evidentemente su uno scenario, molto inquietante, di crisi e di aumento insostenibile dei costi delle materie prime. Un panificatore costretto ad alzare i prezzi potrebbe a malincuore dover fare questa scelta per avere un’alternativa economica sugli scaffali, l’unica a cui, in questo paventato futuro con sempre meno grano disponibile, avrebbe accesso il consumatore che non può permettersi il pane vero, che diventerebbe quasi deluxe.

“Non conosco i costi di queste farine perché non ho mai neanche ipotizzato questa possibilità e dunque non mi sono documentato”, dice ancora Laurendi. “Fortunatamente la situazione del grano non è così drammatica, abbiamo avuto disagi ma siamo riusciti a superarli sensibilizzando i consumatori negli ordini ed evitando gli sprechi. Operando con lungimiranza la farina oggi non ci manca. Il vero problema è quello dei consumi di gas e luce, rilevanti per attività energivore come la panificazione”. Il caro bollette è ancora un’emergenza: “Per la sola elettricità a dicembre ho pagato 1600 euro, a gennaio 8000. Con i conguagli qualcuno arriva a cifre enormi”

E se questa prima apertura europea sulla farina di grillo fosse l'anticamere di un obbligo di legge? “Guardi, meglio chiudere anziché essere soggetti a un’assurdità del genere”, precisa Nino Laurendi. “Noi lavoriamo grani antichi tramandando le tradizioni e le risorse del territorio e non siamo disposti a produrre usando una farina di cui non sappiamo nulla. La pensiamo così tutti insieme, da Reggio al Nord. Se dovessimo fare una scelta del genere, meglio riunirci in consorzio e coltivare noi direttamente, anche se la Calabria per la sua geografia purtroppo è svantaggiata per il grano, storicamente abbiamo questo deficit”.

Tra le leggende allarmiste che stanno circolando dopo la notizia dell’ordinanza europea, c’è la fobia dell’ingrediente occulto - un sospetto che riguarda proprio i prodotti artigianali, mentre quelli del supermercato sono ritenuti facilmente smascherabili grazie alle informazioni delle etichette. Il rischio di mangiare a nostra insaputa una focaccia che contiene insetti non esiste, rassicura Laurendi. “Abbiamo norme precise sull’esposizione dei cartellini e certificazioni Hccp, il consumatore è sempre informato di quello che mangia. Al contrario, non è sicuro che ciò accada nei supermercati. Ad esempio – conclude – a proposito del pane precotto e surgelato, che non si può più vendere sfuso e deve essere segnalato nelle confezioni e situato nell’apposito comparto, la provenienza, spesso dall'Est, dovrebbe essere indicata, ma in città non è sempre è così”.

In Aspromonte il "casu du quagghiu", parente del formaggio sardo con i vermi

Alimenti a base di insetti sono già entrati in commercio con l'autorizzazione europea dal 2018, anno del regolamento sui "novel food" che mette in regola cibi usati nei paesi orientali come la locusta e le larve della farina. Ma dalle nostre parti qualcosa di simile esiste da tempi ben più remoti, tanto da essere stata citata dal filosofo naturista romano Plinio il Vecchio. Parliamo dei famigerati formaggi con i vermi. In Aspromonte ha aura di tipicità rinomata il "casu du quagghiu", versione calabrese del famosissimo casu marzu, pecorino il cui nome in dialetto sardo significa appunto marcio. Si tratta infatti di un formaggio nel quale vengono introdotte larve della mosca casearia, formando dopo almeno tre mesi di fermentazione una crema dal sapore speziato.

Di preparazione antichissima, del casu marzu e i suoi simili, tra cui il latticino calabro (che appare anche nella zona cosentina di Acri), dagli anni Sessanta è vietata la vendita con multe per chi trasgredisce, ma tutti sanno che i pastori continuano a produrlo e commercializzarlo nonostante sia stato riconosciuto a rischio di gravi infezioni.

Essendo ancora illegale, il casu (cacio) du quagghiu, come gli altri formaggi del genere, è una produzione segretissima e molto ricercata dagli estimatori della cucina tradizionale, proprio perché non è semplice avere la "soffiata" su chi lo produca e trovarlo. Il nuovo indirizzo europeo potrebbe portare alla luce del sole questo alimento considerato per stomaci forti e definito dal Guinness dei primati come "il più pericoloso al mondo". 

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