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Lunedì, 29 Aprile 2024
L'iniziativa

Le associazioni del terzo settore chiedono l'assistenza alloggiativa garantita alle vittime di violenza

Una lettera di trenta realtà calabresi per l'applicazione della legge regionale 20 del 2007 e l'impegno dei comuni per scongiurare rischi a donne in pericolo

Trenta organizzazioni del terzo settore calabrese hanno scritto una lettera aperta alle istituzioni per chiedere che sia realizzato quanto previsto dalla legge regionale n.20 del 2007 riguardo l'assistenza alloggiativa garantita alle vittime di violenza. Norme la cui applicazione è demandata ai comuni ma viene in maggioranza disattesa anche a fronte di segnalazioni di urgenza spesso segnalate dalle forze.

Le associazioni intervengono citando alcuni casi, tra cui quello che vede una donna maltrattata che, per mancanza di alternative, deve vivere con i figli minori in un appartamento sottostante a quello dell’ex marito violento, che la vittima aveva regolarmente denunciato. Una situazione di grave rischio, che aveva portato i servizi a valutare l’allontanamento dei minori per assicurare loro adeguata protezione. E degli ultimi giorni è la situazione di cinque minori vittime di violenza assistita, che si trovano a vivere con la madre in una sola stanza senza trovare, nemmeno dopo una estenuante ricerca, disponibilità di qualche privato a dare in affitto una abitazione.

Scrivono le associazioni: "E' un piccolo spaccato del nostro territorio di una condizione in cui versano in Italia ben 6 milioni 700mila donne e bambini vittime di violenza tra le mura di casa. Il primo febbraio del 2018 è stata pubblicata la legge n. 4, che statuisce che chi viene condannato per una serie di reati che rientrano nel più ampio genere di violenza familiare decade dalla relativa assegnazione dell’alloggio di residenza pubblica. In tal caso, le altre persone conviventi non perdono il diritto di abitazione e subentrano nella titolarità del contratto. Ma altrettanto poco conosciuta e ancor meno applicata dai comuni calabresi è la legge della Regione Calabria n.20 del 2007".

Come già detto, in particolare in violazione dell’articolo 7 di questa legge, i comuni calabresi, in palese violazione, continuano ad ignorare il dettato normativo. Le conseguenze di questi mancati interventi hanno ricadute importanti non solo per le vittime di violenza, ma anche sotto il profilo del sistema di protezione e di accoglienza delle donne con il paradosso che le case rifugio e le case accoglienza che ospitano nell’emergenza le donne maltrattate, non potendo in molti casi dimetterle per mancanza di soluzioni abitative, registrano spesso una situazione di esaurimento dei posti e l’impossibilità di potere procedere a nuove accoglienze. Inoltre si registra a carico della regione uno spreco di risorse economiche rilevantissimo. Come si spiega nella lettera, "serve un'assunzione di responsabilità immediata da parte dei sindaci che sono chiamati a provvedere anche attraverso l’utilizzo dei beni confiscati, che, si ricorda, sono a pieno titolo parte del patrimonio di edilizia residenziale del Comune e della Regione che a oltre sedici anni dalla legge 20 sul contrasto alla violenza di genere non ha provveduto ad aggiornarla e soprattutto a finanziarla".

I soggetti promotori di questa lettera di denuncia sono al momento trenta: Centro Comunitario Agape, presieduto da Mario Nasone, Piccola Opera Papa Giovanni, Comunità Progetto Sud, Consorzio Goel, Fondazione Roberta Lanzino, Forum regionale delle associazioni familiari, Libera Calabria, segreterie regionali Cisl e Cgil, Cereso, Comunità Competente, Legambiente,Centro Fabiana Mondi Diversi, Arci Calabria, Meic, Camera Minorile Reggio Calabria, Associazione regionale mediatori familiari, consorzio Macramè, Aec Medicina Sociale, Usi Reggio Calabria, associazione Nuova Solidarietà, Reggio nontace, Coop Soleinsieme, Il Samaritano Polistena, Csi Reggio Calabria, Gruppo Marianella Garcia, coop Rose Blu Villa San Giovanni, Centro Don Milani Gioiosa Ionica, Associazione San Pancrazio Cosenza, Cif casa Madonna di Lourdes. I firmatari chiedono ai comuni calabresi, tramite anche l’Anci, "il rispetto delle vigenti disposizioni di legge assegnando in via d’urgenza, a seguito di provvedimento giudiziario e/o di pubblica sicurezza, alloggi disponibili del patrimonio edilizio, compresi i beni confiscati e sequestrati a nuclei familiari composti da donne che abbiano subito violenza".

Al xonsiglio regionale della Calabria si chiede poi di "adottare norme legislative che rafforzino questo diritto dando seguito alle proposte di legge presentate sul tema per garantire alle donne vittime di violenza dei percorsi di autonomia abitativa, lavorativa e sociale".

Una richiesta è fatta anche all'Agenzia dei beni confiscati, perché attivi un tavolo tecnico per affrontare questa criticità e ai consigli degli ordini degli avvocati della regione, nonché le diverse associazioni che si occupano della difesa dei diritti civili, per valutare la possibilità di attivare servizi di assistenza legale per le donne vittime di violenza che chiedono il riconoscimento dei diritti previsti dalle norme vigenti. 

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