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Domenica, 28 Aprile 2024
Palazzi storici / Centro / Corso Vittorio Emanuele III

Villa Genoese Zerbi, bene culturale senza tutela salvato da un privato

La lunga storia del palazzo nobiliare che conobbe ribalta internazionale e degrado e avrebbe i requisiti per essere dichiarato nel patrimonio statale

La magia del cinema è stata benaugurante per Villa Genoese Zerbi, che a fine ottobre si era rianimata per le riprese di un film per la televisione. In quel caso era soltanto una finzione, ma qualche giorno fa l'imprenditore Enzo Pennestrì, titolare della gelateria Sottozero ha avverato quella suggestione di rivedere aperta la nobile residenza cittadina annunciando il suo progetto di alta pasticceria, ambientato nello storico palazzo.

Una notizia accolta con gioia dai reggini, per i quali la sottrazione di questo gioiello di architettura a una fruizione pubblica rappresenta da sempre un rammarico collettivo. Quella di Villa Genoese Zerbi è una lunga storia che affonda le radici nel passato della Reggio nobiliare: il magnifico edificio dalle linee insolite, che si differenziano marcatamente dallo stile degli altri palazzi della via marina alta, nel corso dei secoli ha cambiato immagine e vita, attraversando periodi altilenanti di rinascita e abbandono.

Le origini di un palazzo nobiliare nato due volte e la storia del doppio cognome

In epoca precedente all'Unità d'Italia, il palazzo originario sito nella parte alta del lungomare apparteneva ai marchesi Genoese, antico ceppo nobiliare campano che ebbe un ramo reggino sin dal 1500, nel quale alla fine del XIX secolo si verificò una svolta di parità di genere ante litteram: il marchese Domenico volle infatti assumere un doppio cognome in onore della madre Clementina Zerbi e così registrò anche i suoi figli tramandando questo nuovo titolo.

Si trattava di una villa in stile barocco di cui restano poche tracce nelle fotografie d'epoca, molto diversa da quella che conosciamo. L'attuale struttura è frutto del progetto di ricostruzione post sismica firmato dagli ingegneri Zerbi, Pertini e Marzats per riedificare il palazzo completamente distrutto dal terremoto del 1908. Estesa in un perimetro che comprende anche via Giulia, via Zaleuco, via Camagna e il corso Vittorio Emanuele III, è composta da un corpo centrale di forma trapezoidale a due piani e il grande giardino con piante di pregio e alcuni locali di pertinenza. Tra zone residenziali, loggiati ed elementi a torre, ha uno stile architettonico ispirato al neogotici veneziani del '400 e dalle suggestioni arabe: caratteristici sono gli elementi decorativi delle colonnine, gli archi a gocce, i porticati, le finestre a bifora e la merlatura del terrazzo, e altrettanto peculiare è la scelta cromatica nel contrasto tra il rosso mattoni a vista e il beige del travertino. 

Dalla Biennale di Venezia alla fine della gestione comunale e il degrado 

L'esposizione di Villa Genoese Zerbi al clima dello Stretto e la prossimità al mare hanno comportato un'inevitabile fragilità dello storico edificio, bisognoso di costosa manutenzione. Oggi di proprietà privata, dal 2004 il Comune aveva assunto la gestione per farne sede di un polo culturale sede di mostre internazionali e di un'appendice della Biennale d'arte di Venezia. Nelle grandi sale abbiamo visto installazioni contemporanee in anteprima nazionale, eventi speciali come la mostra in omaggio alla moda di Gianni Versace, e personali di artisti come Rabarama - le cui grandi statue sul lungomare hanno sullo sfondo proprio la villa e sono nell'immaginario comune integrate ad essa. 

Questo percorso sostenuto da un investimento importante (l'affitto pagato dall'ente ammontava a più di 300mila euro annui) si è però interrotto con il commissariamento, che ha ritenuto inammissibile quella spesa nell'austerity richiesta dal piano di riequilibrio. Nel 2013 il contratto fu disdetto e da allora Villa Genoese Zerbi è stata chiusa e interessata da un progressivo drammatico degrado, notato con sconcerto dai visitatori affascinati dallo storico palazzo così fatiscente, segnalato anche in un servizio di Striscia la Notizia. L'allarme non era soltanto estetico: la villa presentava cedimenti e inagibilità che ne mettevano a rischio la sopravvivenza. 

Pennestrì la riaprirà a dicembre, ma potrebbe diventare bene tutelato dallo Stato

L'anno scorso alla decadenza dell'esterno si è posto rimedio con il risanamento della facciata, che ha restituito il palazzo alla sua particolare bellezza. Gli interni li rivedremo prestissimo grazie all'iniziativa imprenditoriale di Enzo Pennestrì, che sta programmando la riapertura già per il prossimo dicembre. Ancora una volta è un privato, con le proprie risorse e la creatività personale, a sostituirsi al pubblico nella cura e riqualificazione di un bene culturale quale è indiscutibilmente Villa Genoese Zerbi, già elencata nella campagna del Fai per i luoghi del cuore da salvare. (in basso il post pubblicato su Instagram)

La locandina di Pennestrì

Eppure il palazzo nobiliare reggino avrebbe tutti i requisiti per beneficiare della tutela prevista dal codice dei beni culturali e del paesaggio, decreto legislativo 42/2004. All'articolo 5 del dlg in particolare si afferma che "i privati proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al patrimonio culturale sono tenuti a garantirne la conservazione", mentre l'articolo 12 prevede la possibilità di verifica dell'interesse storico-artistico di beni mobili e immobili che risalgano ad oltre settant’anni e siano di autore non più vivente.

L'accertamento è promosso, come organo ministeriale, dalla Soprintendenza anche su richiesta dell’ente territoriale interessato, che potrebbe essere il Comune o pure la Regione. Dichiarato l'interesse culturale del bene, esso deve essere sottoposto a disciplina di tutela e conservazione con notifica al proprietario, possessore o detentore, che è obbligato per legge ad assolvere a questi doveri. 

Il Comune di Reggio non si è mai attivato per avviare questo procedimento, nel quale certamente costituirebbero elementi favorevoli non solo la storia e il valore architettonico della villa ma anche quell'attività espositiva che per un breve ma intensissimo momento l'ha messa in evidenza come sede d'eccellenza in tutto il Sud Italia. 


 

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