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Cronaca

Sentenza Miramare, ReggioNonTace: "Falcomatà si sarebbe dovuto dimettere"

Il movimento reggino: "Abbiamo preferito far trascorrere un pò di tempo per vedere quali sarebbero state le conseguenze e le scelte concrete all'interno del mondo politico reggino in tutte le sue componenti"

"Interveniamo anche noi nel dibattito che si è aperto con la condanna in primo grado del sindaco Falcomatà e di altri esponenti della sua amministrazione e con la successiva sospensione dello stesso Falcomatà in ottemperanza alla legge-Severino. Abbiamo preferito far trascorrere un po' di tempo per vedere quali sarebbero state le conseguenze e le scelte concrete all'interno del mondo politico reggino in tutte le sue componenti, a partire naturalmente dai diretti interessati, e per aggiungere qualche nostra considerazione".

Così in una nota il movimento ReggioNonTace sull'attuale situazione al Comune di Reggio Calabria dopo la condanna in primo grado del sindaco Giuseppe Falcomatà, al momento sospeso per gli effetti della legge Severino, a conclusione del processo Miramare. "Fin dal primo momento - prosegue ReggioNonTace - vari consiglieri d'opposizione, anche di forze ben diverse tra loro, hanno chiesto a Falcomatà di dimettersi. Hanno anche lasciato intravedere, alcuni di questi consiglieri, la possibilità di dimettersi intanto loro, per contribuire a dare uno scossone forte con un gesto altamente significativo, ma poi non l'hanno fatto. Anche nella maggioranza c'era stata inizialmente una certa maretta, ma poi tutto si è ricompattato.

Recentemente - aggiunge - Reggio Futura, con un'iniziativa pubblica, ha riproposto il tema delle dimissioni, evidenziando come Falcomatà abbia fra l'altro violato in due punti precisi il codice etico da lui stesso sottoscritto nel 2016. Quei due punti prescrivono che, in casi del genere, un'Amministrazione comunale si costituisca parte civile e il sindaco faccia un passo indietro".

"Il nostro movimento - precisa ReggioNonTace - è sicuramente di questo parere: Falcomatà avrebbe dovuto dimettersi nel momento stesso in cui è stato condannato. Si sarebbe dovuto dimettere perché l'etica è proprio questo, è essere e lavorare per una piena credibilità e trasparenza, senza 'se' e senza 'ma', prima e al di qua di qualsiasi norma, prima e al di qua della sua istituzionalizzazione in un codice. Semplice e lineare: sono stato condannato, mi dimetto.

E ciò sempre, e tanto più quanto maggiore, è la responsabilità del posto che si occupa nella società". "Lo affermiamo - conclude il movimento - con piena libertà perché non ci muove niente di personale nei suoi confronti. E lo affermiamo senza nulla togliere alla presunzione d'innocenza e alla logica dei tre gradi di giudizio, sentendoci distanti più che mai dal giustizialismo tout court, dai processi mediatici e da strumentalizzazioni di ogni genere".

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