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L'inchiesta / Seminara

Un amore tradito e un branco famelico, ecco i contorni dell'operazione Masnada

I particolari dell'indagine, che ha portato a quattro arresti e sedici indagati, sono stati spiegati dal procuratore Emanuele Crescenti in conferenza stampa

Un amore tradito, una masnada, un branco famelico che si muoveva dentro una comunità ristretta, all’ombra della ‘ndrangheta, per compiere uno dei più truci reati: la violenza sessuale ai danni di due minorenni della piana di Gioia Tauro all’epoca dei fatti ed oggi alla soglia della maggiore età. 

Sono questi i contorni dell’operazione “Masnada” che, all’alba di oggi, ha visto impegnati gli uomini del commissariato di Palmi ed i colleghi della Squadra mobile reggina ed ha portato alla notifica di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di quattro giovani (3 gli arresti in carcere e 1 ai domiciliari) emessa dal gip di Palmi su richiesta dalla procura della Repubblica, guidata da Emanuele Crescenti. In manette è finito anche l’ex fidanzato, della ormai adolescente abusata, che per gli investigatori faceva parte del branco.

L'attività info investigativa, hanno spiegato investigatori e inquirenti in conferenza stampa, svolta anche grazie alle intercettazioni telefoniche ed ambientali, ha portato a ritenere che i  tre giovani, tutti legati da parentela a vari esponenti di vertice di cosche di 'ndrangheta, ed altro soggetto, legato da vincoli di parentela ad un amministratore locale, abbiano compiuto violenze sessuali di gruppo ai danni delle due ragazze minorenni, reiterate nei confronti di una delle vittime ed almeno in un’occasione nei confronti dell’altra, avvenute tra l'estate 2022 ed il corrente anno. Nel corso dell’attività svolta è emerso, altresì, che i giovani abbiano posto in essere anche attività diretta all'individuazione di altre possibili vittime. 

Quattro giovani che, adesso, dovranno difendersi dall’accusa di violenza sessuale aggravata ai danni di due minorenni originarie della Piana di Gioia Tauro. L’inchiesta, però, è più ampia e coinvolge sedici indagati nei confronti dei quali gli uomini del questore Bruno Megale hanno portato a compimento delle perquisizioni.

Sul branco i riflettori della procura palmese si sono accese per caso. Gli inquirenti e gli investigatori della polizia stavano seguendo ed intercettando alcuni degli indagati per reati diversi da quello dal quale dovranno difendersi. 

Quando hanno capito davanti a cosa si stavano trovando gli agenti del commissariato di Palmi sono sobbalzati sulle proprie sedie e, posate le cuffie per pochi istanti, hanno informato di tutto il dirigente del commissariato e la procura della Repubblica palmese.

Da gennaio dello scorso anno sono stati mesi di febbrili indagini, con il pm De Domenico e il dirigente Viola impegnati anche durante le ferie estive a fare gli opportuni riscontri alle intercettazioni registrate dalle microspie. Tanto che a maggio del 2023 gli investigatori hanno potuto praticamente seguire in diretta uno dei casi di violenza sulle minorenni. 

Le parole del procuratore Crescenti

“L’indagine - ha spiegato il procuratore Crescenti durante la conferenza stampa alla quale ha preso parte anche il capo di gabinetto della questura, Maria Grazia Milli - non deriva dalla denuncia delle parti offese, ma da intercettazioni legate ad altri fatti consumatisi nel territorio interessato dai nostri controlli. Abbiamo avuto modo di seguire in diretta le violenze e l’organizzazione delle stesse”.

Il contesto emerso è di grande degrado e soggezione. “Non c’era bisogno - ha detto il procuratore della Repubblica di Palmi - di forzare la mano ma bastava la forza psicologica. Il branco ha dato prova di una violenza inaudita e di una soggezione psicologica elevata”.

Il branco era ampio, spesso si ritrovava durante i periodi feriali quando nel piccolo comune della Piana ritornavano tutti quelli che, per studio o lavoro, avevano lasciato la Calabria. 

Il lavoro investigativo della procura di Palmi non è concluso. Polizia e magistrati stanno cercando di capire se vi siano state altre vittime sacrificali del branco e se i componenti dello stesso abbiamo mai postato sui social, anche attraverso gli approfondimenti tecnici su pc e altre apparecchiature poste sotto sequestro, immagini o video delle violenze perpetrate.

“Lavoreremo - ha concluso Emanuele Crescenti - per verificare ulteriori fatti reato su altre vittime e, allo stesso tempo, ci impegneremo per salvaguardare le parti offese”.

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