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Quei misteri diventati leggende metropolitane: ecco i più inquietanti e curiosi in città

Dall'ex pastificio alle presenze inspiegabili a Calamizzi. Viaggio attraverso i racconti popolari in compagnia dello scrittore Calabrò

Luoghi avvolti da un alone di mistero spesso sotto gli occhi di tutti che nascondono storie terrificanti o aneddoti curiosi, spesso giunti fino a noi attraverso racconti popolari che con lo scorrere del tempo sono divenuti leggende metropolitane, ma quali sono i più interessanti e inquietanti che si nascondono dietro la città di Reggio Calabria?

A venirci in aiuto in questo viaggio in cui spesso la fantasia supera la realtà, Antonio Calabrò, ferroviere e scrittore reggino, molto conosciuto sui social per i suoi post in cui ripercorre in pillole, storie e racconti per non dimenticare Reggio tra tradizioni e vicende d’altri tempi che rischiano di cadere nell’oblio e che saranno raccolti nel libro “C’era una volta a Reggio” di prossima uscita per Laruffa Editore.

Antonio Calabro (foto pagina Facebook)

Partiamo da due storie vere da lui citate: la presenza di un laghetto sotterraneo di acqua dolce tra la Villa Comunale e la Stazione e la presenza di un passaggio segreto nel Castello Aragonese che lo collegava in passato alla Porta Dogana,  un porticciolo in riva a mare forse distrutto dal terremoto del 1908: “Si dice anche che si fosse un sottopassaggio che collegava direttamente alla collina di pentimele e c’è chi giura di averlo percorso anche se mi sembra impossibile”, aggiunge Calabrò che cura anche i testi per L’Amaca che porta in scena spettacoli ispirati alla storia reggina.

Andiamo adesso alle vicende più terrificanti in città. A Santa Caterina c’è un ex pastificio che da tempo sarebbe scenario di fenomeni inspiegabili. C’è chi avrebbe visto luci accendersi e spegnersi e avrebbe udito lamenti e bisbigli. Insomma la struttura sarebbe abitata da presenza demoniache.

Stessa storia per Villa Gullì dove secondo i racconti durante la seconda guerra mondiale si è dato fuoco il proprietario e lo spettro vagherebbe al suo interno. Tra i racconti popolari non mancano le storie di “lupinari” i licantropi: “In particolare ricordo che uomo che aveva una bottega di generi alimentari era conosciuto come lupinaio - continua a raccontare Calabrò - portava anche le unghie lunghe, quando andavo lì di giorno ero terrorizzato”.

Stando sempre ai racconti degli anziani a Reggio si praticava anche la processione dei “babbaluci”, processione dei morti fatta dagli incappucciati che usavano durante la cerimonia dei campanellini. Il suo significato resta un mistero. “A proposito di fantasmi - prosegue Calabrò - in via Giulia ci sarebbe quello di Giulia figlia di Augusto, si presupponeva che lì in passato ci fosse una torre probabilmente la sua abitazione ma in realtà si è poi scoperto che era di origine bizantina”.

La storia del folletto e la chiesa sottomarina di Calamizzi

Da mettere i brividi la zona del sottopassaggio, conosciuto come tombino Calamizzi in cui si aggirerebbe un folletto già da prima della seconda guerra mondiale e ancora sempre secondo testimonianze orali nei dintorni ci sarebbe anche  il fantasma tormentato di un soldato fucilato nel secondo conflitto mondiale. Da annoverare anche la chiesa sottomarina di Calamizzi: “Con la sua campana che batteva i rintocchi nelle notti di tempesta. Naturalmente è leggenda metropolitana, ma è anche puro  realismo magico, visto che Calamizzi sprofondò davvero nel 1520”, conclude Calabrò.
 

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