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Lunedì, 29 Aprile 2024
La recensione

"Semidei", nello sguardo profondo dei Bronzi il segreto della nostra umanità

Abbiamo visto il docufilm che si presenta oggi in anteprima alla mostra del cinema di Venezia, eco come il regista reggino ha raccontato la storia dei Guerrieri emersi dalle acque ioniche

L’impressione di tutti vedendo i Bronzi di Riace è la meraviglia per una bellezza e perfezione che non si riesce a credere siano state prodotte da una mano umana. Ritroviamo quest'incantato stupore nei visi muti e negli occhi che guardano in alto verso le due maestose statue greche come rivolti a un’entità soprannaturale nel docufilm di Fabio Mollo “Semidei", presentato oggi in anteprima mondiale alla mostra del cinema di Venezia.

L’obiettivo è celebrare il cinquantesimo anniversario raccontando come, il 16 agosto 1972, i magnifici corpi di bronzo emersero dalle acque di Riace, attraversando la scoperta, il restauro e poi la collocazione nel museo archeologico di Reggio Calabria. La parte documentaristica, costruita con materiale di repertorio e interviste, assolve benissimo al compito per chi questa storia non la conosce.

Ma una narrazione dei Bronzi così non l’avevamo mai vista nemmeno noi che viviamo qui e ci ritroviamo catturati da quelle immagini affascinanti (le sagome scure delle statue che ascendono in superficie sospinte da paracadute contro il colore cristallino del mare; i visitatori a bocca aperta davanti a lunghissimi polpacci torniti di cui non si vede la fine; e ancora i Bronzi adagiati sulla battigia, naufraghi antichi ed eterni) con emozioni inedite, che attivano una memoria istintiva e dogmatica. Il film scorre sul mistero irrisolto delle due statue - chi furono e da dove arrivano? – ed è proprio questa traccia delle origini, ricercata, teorizzata e perduta nel tempo, a suscitare al loro cospetto un enigmatico turbamento. Bello, non pauroso.

Una straordinaria scoperta raccontata in modo emozionale e il mistero dei Bronzi 

L'ipotesi più accreditata che è i Bronzi siano i guerrieri Eteocle e Polinice, fratelli che si combattono divisi dalla brama di potere, ma oltre l'autorevolezza delle fonti, tante sono le suggestioni assorbite dei luoghi che custodiscono le vestigia della Magna Grecia. Nel film sentiamo parlare studiosi come Daniele Castrizio, giornalisti come Michele Albanese e gente comune, calabresi e rom, adolescenti e anziani: per tutti quelle statue sono discendenti da qualche divinità o persino creature uscite da un prodigio, uomini in carne e ossa morti nell’abisso marino e trasformati in bronzi dall’incantesimo dell’acqua. I dettagli delle immagini n primissimo piano che si fermano su muscoli, nervature e volumi tolgono il fiato e confondon oogni certezza.

Un'immagine dal film-2

La regia di Mollo e Alessandra Cataleta esalta una scrittura (con lo stesso regista sono coautori Giuseppe Smorto, Massimo Razzi e Armando Trotta) capace di collegare la parte storica con una riflessione esistenziale sull’identità che ci accomuna a quei semidei greci. Una metafora dell'umanità, la nostra. “Se sono arrivati qui – dice l'archeologo Nuccio Schepis, che ha soffiato nelle labbra ripulite dalla corrosione quell’ormai celebre respiro vitale durante la laboriosa gestazione del restauro – è perché ne avevamo bisogno”. Contesi non soltanto dalle sedi principali della cultura italiana ma anche dal gruppo di giovani riacesi che a distanza di mezzo secolo continuano a sentirsi defraudati dal riconoscimento di scopritore al sub romano Stefano Mariottini. E’ l’amarezza di quel fatale ritardo che per una piccola comunità avrebbe potuto cambiare il corso della storia, e fa male pure che le divinità bronzee siano non a Riace ma a Reggio Calabria. Ma è stata portata alla luce una straordinaria bellezza, e il primato del merito è una rivendicazione ormai sbiadita.

I Bronzi in una terra che non perde la speranza, dalla rivolta di Reggio alla strage di Cutro

Nel docufilm di Mollo le macchinazioni per portare i Bronzi lontano dalla terra che li accolse (con la netta, inequivocabile decisione di Pertini, che mise la parola fine a ogni progetto di acquisizione forestiera) restano fuori; la politica invece entra ma solo nella citazione di alcuni fatti accaduti in Calabria in questi anni, prima e dopo il ritrovamento. C’è la rivolta di Reggio e uno stupendo cameo di Adele Cambria, c’è la risacca di Steccato di Cutro che insieme alla spuma trasporta i resti insanguinati di un luttuoso relitto, e poi una giovane madre rifugiata ucraina con la sua bambina, che vedendo i Bronzi per la prima volta sembra quasi invocarne la protezione. Poi torniamo agli anni Ottanta: sullo sfondo della coda nel museo di Reggio per ammirarli appena esposti al pubblico, le facce sono mediterranee e una voce sussurra “proteggeteci voi”. I guerrieri sono divinità, non diversamente dai Santi Medici Cosma e Damiano, protagonisti a Riace di una processione molto scenografica che coinvolge la popolazione rom e unisce religiosità e riti profani.

A Cutro i morti sono vegliati dalla nenia funebre del vento tra le pale eoliche, sentinelle insenzienti. I Bronzi tramandano eroismo e forza, ma dopo due millenni l’umanità è ancora divisa da odi fratricidi, gli stessi che avvelenarono il valore di Eteocle e Polinice. I loro occhi profondi di epoche eterne ci guardano (sì, da quelle pupille ci si sente davvero guardati), e in Calabria hanno infuso l'eredità di una fiamma accesa, che oggi fa gettare in acqua un uomo per raggiungere il corpicino di un piccolo profugo e tentare fino alla fine di rianimarlo, come i restauratori fecero con le statue greche. Mariottini ebbe il dubbio che si trattasse di uomini: “Credo di averli trovati io perché li ho salvati, vidi una spalla e prima di toccare il metallo per me era una persona affogata”.

Alla mostra del cinema di Venezia, dopo la proiezione per la stampa stasera Semidei sarà presentato in anteprima assoluta per il pubblico nelle Giornate degli autori. Prodotto da Carlo Degli Esposti e Nicola Serra per Palomar Mediawan con il contributo di Regione e Calabria Film Commission, il docufilm rende un servizio al cinquantesimo anniversario dei Bronzi in termini di divulgazione (e quindi promozione), ma non smette mai di essere un’opera che parla della Calabria, la terra dei "Dimenticati" di Vittorio De Seta, che non perde la speranza ed ha nei suoi geni la valenza di due immortali eroi.

Nella parte narrativa la scelta di non impiegare attori ma gente del territorio è precisa: pensieri e sentimenti sono veri, riconoscibili. E i giovani ribaltano il destino dell'emigrazione: se ci si stende sulla terra calcarea a a guardare come se si fosse sulla luna, il cielo somiglia così tanto al mare, e allora è chiaro che da grandi vorrebbero soltanto poter restare qui e cambiare le cose. Il futuro che angoscia le nuove generazioni di calabresi, ci dice questa storia, è racchiuso nel segreto antichissimo di quei possenti eroi, e se riusciremo a capirli, comprenderemo anche da dove veniamo noi stessi.   

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