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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca Gioia Tauro

Da Gioia Tauro a Brescia per esportare la 'ndrangheta e fare affari

Dai particolari dell'inchiesta "Atto finale" emergono i legami delle persone arrestate con uno dei potenti casati di mafia operante nella Piana

L’atto finale contro la ‘ndrangheta nel bresciano è stato assestato dalla locale Direzione distrettuale antimafia. Il pubblico ministero Roberta Panico ha chiesto l’emissione di un’ordinanza custodiale nei confronti di quattordici soggetti, dei quali 12 in carcere e 2 ai domiciliari, contigui ed inseriti in contesti di ‘ndrangheta e gravemente indiziati, a vario titolo, di usura ed estorsione commessi con metodo mafioso.

In particolare, le indagini condotte dalla prima divisione del servizio centrale operativo della Dac, dalla squadra mobile della questura di Brescia, della guardia di finanza di Brescia, hanno permesso di infliggere un duro colpo ad un’importante cosca, che rappresenta un casato di ‘ndrangheta tra i più antichi e potenti della piana di Gioia Tauro, infiltrata nel tessuto economico bresciano.

Inoltre, il comando provinciale dei carabinieri di Brescia ha eseguito un ulteriore provvedimento cautelare in carcere a carico di 2 soggetti, uno dei quali collegato anch’egli ad ambienti malavitosi di natura ‘ndranghetista, e gravemente indiziati della commissione di altri fatti di estorsione commessi con le tipiche modalità mafiose.

Sotto sequestro preventivo, poi, è finita una somma di denaro pari ad oltre 77 mila euro, che per gli investigatori sarebbe il provento dell’attività di usura del gruppo criminale disarticolato all’alba di oggi.

L’attività degli investigatori - diretta dal pm Roberta Panico della Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia, unitamente ai sostituti Erica Battaglia e Carlotta Bernardini - ha permesso di documentare, nonostante il periodo di lockdown, condotte intimidatorie ed estorsive, accordi e pagamenti usurari, accompagnati da pressioni e pretese economiche in danno di imprenditori, accordi per la spartizione degli illeciti guadagni, richieste di protezione criminale e gravi situazioni di esposizione a rischio per l’incolumità individuale.

Alcuni imprenditori, in difficoltà economiche, sicuramente amplificate a causa dell’emergenza Covid-19 e del conseguente lockdown, hanno avuto notevoli difficoltà nel rispettare gli impegni e le scadenze, con ciò causando il nervosismo di alcuni indagati, i quali con un intento intimidatorio, hanno addirittura inviato via WhatsApp la riproduzione fotografica delle abitazioni degli imprenditori.

Nel corso delle indagini, inoltre, è emerso che ulteriori soggetti, legati all’associazione di matrice ‘ndranghetista, operavano nella provincia di Brescia commettendo frodi fiscali e reati di riciclaggio ed usura. In particolare, la ‘ndrangheta grazie alla creazione e all’utilizzo di decine di società “cartiere” riusciva ad alimentare un vorticoso giro di fatture false per decine di milioni di euro a vantaggio di imprese locali, finendo per inquinare pesantemente l’economia locale.

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