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"E' stato ammazzato un uomo onesto", la ricostruzione e le modalità mafiose dell'omicidio Ielo | VIDEO

Arrestati i presunti autori delle intimidazioni e del delitto. Operazione "Giù la testa" della squadra mobile reggina. Blitz nella cosca Tegano, in manette quattro persone

"E' stato ammazzato un uomo onesto, un uomo che viveva del suo lavoro, un uomo che faceva quel lavoro per procurare un pezzo di pane alla sua famiglia", afferma Francesco Rattà, capo della Mobile reggina, commentando la tragedia del tabaccaio di Gallico. Bruno Ielo, ex carabiniere, è stato ucciso per strada, con un'esecuzione dalle modalità prettamente mafiose, al rientro da una faticosa giornata di lavoro, solo perchè aveva osato ribellarsi alla 'ndrangheta. Il sio non piegarsi alla volontà di chi aveva deciso che doveva chiudere la sua attività coimmerciale gli è costato la vita una sera di maggio del 2017. L'uomo è caduto sotto i colpi di una pistola calibro 7.65 davanti agli occhi della propria figlia. 

Questa mattina, a distanza di tre anni dal delitto, gli investigatori della questura di Reggio Calabria, nell'ambito dell'operazione "Giù la testa", coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura reggina, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, hanno arrestato quattro persone, ritenute responsabili a vario titolo, di omicidio premeditato, tentata estorsione, rapina e tentato omicidio, aggravati (ad eccezione del tentato omicidio) anche dalla circostanza del metodo mafioso e dall’avere agevolato la cosca di ‘ndrangheta Tegano, attiva nei quartieri Archi e Gallico.

Sono finiti in manette i reggini Francesco Polimeni, 56 anni, attualmente detenuto presso la Casa Circondariale di Prato; Francesco Mario Dattilo, 46 anni;
Cosimo Scaramozzino, 53 anni; Giuseppe Antonio Giaramita, nato a Castelvetrano (Trapani), 57 anni, attualmente sottoposto agli arresti domiciliari a Reggio Calabria.

A Francesco Polimeni è stato contestato dagli inquirenti anche il trasferimento fraudolento di valori, aggravato dalla circostanza del metodo e agevolazione mafiosa, in relazione all’intestazione fittizia della tabaccheria, oggi cessata per via dell’interdittiva antimafia, intestata alla figlia, titolare formale, nei confronti della quale si procede a piede libero.

La ricostruzione

L’inchiesta, condotta dalla Mobile di Reggio Calabria, sotto le direttive dei sostituti procuratori della Dda Stefano Musolino e Giovanni Gullo, ha fatto luce sull’omicidio del tabaccaio Bruno Ielo, 69 anni, barbaramente assassinato a colpi di pistola la sera del 25 maggio 2017, alle ore 21.10 circa.

Al momento dell’omicidio, Ielo percorreva con il suo scooter la via Nazionale in direzione nord per rientrare nella sua casa di Catona, preceduto di pochi metri dalla figlia Daniela, a bordo della sua autovettura. 

Il killer, entrato in azione a bordo di uno scooter di colore chiaro e il volto travisato da un casco integrale da motociclista, ha esploso contro il tabaccaio alcuni colpi con una pistola semiautomatica P. Beretta modello 70 calibro 7.65, poi abbandonata sul luogo del delitto con la matricola abrasa. Ad uccidere il tabaccaio, con un'esecuzione e dalle modalità tipicamente mafiose, un colpo alla nuca.

Nel corso del sopralluogo, sono emerse circostanze che hanno consentito agli investigatori di escludere che potesse trattarsi di una rapina finita in tragedia, in quanto addosso alla vittima sono state ritrovate diverse banconote per migliaia di euro, che costituivano l'incasso della giornata, rispetto al quale il killer si era mostrato indifferente, gettando poi l'arma e allontanandosi a grande velocità, subito dopo aver portato a compimento il delitto.

La rapina e il tentato omicidio

Il tabaccaio era già stato vittima di una rapina l’8 novembre del 2016 all’interno della propria rivendita di tabacchi, in via Nazionale di Gallico, nel corso della quale era rimasto gravemente ferito da un colpo di pistola che uno dei rapinatori gli aveva esploso in faccia.

Le indagini, supportate da numerose intercettazioni telefoniche ed ambientali, da sofisticati sistemi a tecnologia avanzata in 3D, dall’acquisizione di filmati registrati da alcuni impianti di videosorveglianza privata, dall'analisi della documentazione contabile delle due rivendite di tabacchi, della vittima e del mandante dell’omicidio, e dalle dichiarazioni delle persone informate sui fatti e di alcuni collaboratori di giustizia, hanno consentito agli investigatori della Mobile di acquisire "incontrovertibili elementi di particolare gravità indiziaria, in relazione alle condotte delittuose poste in essere da tutti i partecipanti all’omicidio e alle cause che lo avevano determinato". 

Le complesse indagini hanno accertato anche le intimidazioni subite da Bruno Ielo, che miravano a far chiudere la tabaccheria, con annessa ricevitoria Lottomatica e servizi similari o comunque limitarne il volume d’affari. Sarebbe stato brutalmente giustiziato, perchè non si era piegato alle ingiuste pretese avanzate da Francesco Polimeni, elemento di spicco della cosca di ‘ndrangheta Tegano, gestore di un analogo esercizio commerciale intestato alla figlia.

Le immagini degli arresti

L'esecuzione dell'omicidio

L’omicidio, spiegano gli inquirenti "è stato eseguito da Francesco Mario Dattilo che ha esploso contro Ielo, due colpi di pistola calibro 7.65, su ordine di Francesco Polimeni. Alle fasi esecutive del delitto ha partecipato anche Cosimo Scaramozzino, uomo di fiducia di Polimeni, che affiancava nelle attività finalizzate a monitorare gli spostamenti della vittima e a pedinarla, in stretto raccordo con l’esecutore materiale, in occasione del compimento dell’azione delittuosa".

L'onore della cosca Tegano

Il delitto avrebbe avuto la duplice finalità di incrementare i profitti della rivendita di tabacchi di Polimeni, attraverso lo sviamento della clientela della tabaccheria Ielo, eliminando fisicamente il tabaccaio che con il suo attivismo commerciale avrebbe arrecato il mancato guadagno dell’azienda concorrente e di ristabilire sul territorio il prestigio criminale l’ 'onore' della cosca Tegano, a cui Ielo aveva osato resistere non abbassando la testa alle richieste estorsive avanzate con modalità mafiose di Polimeni.

Le modalità mafiose e il segnale alla comunità

"L’avere ucciso il tabaccaio che non si era piegato ai diktat della cosca, sparandogli sulla pubblica via, in modo plateale ed evidentemente punitivo, colpendolo al capo ed abbandonando deliberatamente l’arma accanto al cadavere, - spiegano dalla questura - sottolinea la simbologia mafiosa, trattandosi di un chiaro segnale rivolto all’intera comunità gallicese per  riaffermare l'operatività della cosca, pronta a reprimere chiunque osasse metterne in discussione la potenza criminale".

Alla luce della ricostruzione degli eventi, anche la rapina dell’8 novembre del 2016, nel corso della quale Bruno Ielo veniva gravemente ferito al volto con un colpo pistola esploso dai malviventi all’interno della propria rivendita di tabacchi a Gallico, sarebbe un atto intimidatorio, organizzato da Francesco Polimeni ed eseguito da Francesco Mario Dattilo e Giuseppe Antonio Giaramita (quest’ultimo, con condotta autonoma, sparò in faccia al tabaccaio) nell’ambito di un progetto criminoso di più ampio  respiro con finalità estorsive, con lo scopo di far chiudere, utilizzando estrema violenza fisica, l’attività commerciale di Ielo e ottenere (Polimeni) l’ingiusto profitto equivalente ai guadagni economici che sarebbero derivati dalla clientela dell’azienda concorrente. 

"La rapina - spiegano ancora gli inquirenti - era stata una vera e propria spedizione punitiva, portata a segno con modalità particolarmente cruente e con impiego di violenza esuberante rispetto a quanto sarebbe stato necessario e sufficiente per l’esecuzione del delitto".

A collegare la rapina all’omicidio si è arrivati monitorando non solo le condotte degli esecutori materiali, analizzando le loro peculiari fattezze e movenze fisiche e il modus operandi irruento in occasione della rapina, ma anche altri elementi in comune, uno dei quali rilevato, grazie ad avanzate tecnologie di polizia scientifica che hanno consentito di dimostrare come l’arma, abbandonata simbolicamente da Dattilo sulla scena del crimine la sera dell’omicidio, fosse dello stesso modello di quella impugnata sempre da lui durante la rapina, ovvero una Beretta modello 70 calibro 7.65, tanto da far ritenere che per commettere l’omicidio del tabaccaio, Dattilo "abbia utilizzato, con elevata probabilità, la stessa pistola".

Determinante per la risoluzione del caso e dell'individuazione del mandante, dell’esecutore materiale e degli altri soggetti concorrenti nelle fasi dell’omicidio e della rapina, è stata, ancora una volta, considerata l'iniziale assenza di testimonianze, l’analisi integrata delle immagini acquisite dai molteplici sistemi di video sorveglianza privata presenti nei pressi della tabaccheria e lungo le strade percorse da Ielo per rientrare a casa e dal killer che lo seguiva per tendere l’agguato.

L’accurata analisi di tutti i filmati acquisiti hanno ricostruito le fasi salienti del delitto, a partire dall’individuazione del tabaccaio, agganciato di sera, a fine lavoro, presso il proprio esercizio commerciale, nel momento di avviarsi a casa con un motociclo, dal commando composto da  Francesco Polimeni e Cosimo Scaramozzino, a bordo di una Fiat Panda, di colore rosso e dal killer Francesco Mario Dattilo, in sella ad uno scooter, alternandosi ripetutamente nelle attività di pedinamento e di osservazione della vittima lungo tutto il tragitto, fino al luogo dell’omicidio.

Ulteriori elementi acquisiti da intercettazioni telefoniche ed ambientali ed eseguite dalla sezione omicidi e dalla sezione contrasto al crimine diffuso della Mobile, hanno consentito di ricostruire, a vario titolo, i ruoli avuti da Polimeni, Scaramozzino, Dattilo e Giaramita, nell’omicidio di Ielo, nella tentata estorsione finalizzata a fargli chiudere la tabaccheria di Gallico, nella rapina e nel tentato omicidio contro la sua persona, sei mesi prima, dell'omicidio.

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