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Operazione "Petrolmafie", ecco la rete criminale sgominata dalla Dda reggina | VIDEO

Notificate misure di custodia in carcere e ai domiciliari a soggetti ritenuti vicini alle cosche Piromalli, Cataldo, Labate, Pelle e Italiano, 23 le persone arrestate: 19 in carcere e 4 agli arresti domiciliari

L’integrazione delle mafie nel mercato delle imprese è un processo emerso da tempo nelle più importanti indagini sulla criminalità organizzata, tanto che ormai è divenuto sistematico e globale il riciclaggio di denaro, frutto di traffici illeciti, non solo nella economia legale per “ripulirlo”, ma anche nell’economia criminale per produrre ulteriori proventi illeciti, in questo caso attraverso frodi fiscali nel settore degli oli minerali.

Le frodi nel settore degli oli minerali sono sempre più spesso oggetto di attenzione da parte dell’opinione pubblica, soprattutto per gli importi milionari sottratti a tassazione. Tuttavia, quest’ultimo sembrava finora un campo criminale riservato a “specialisti” delle cartiere e delle frodi carosello, non necessariamente legati a clan della criminalità organizzata.

Ne è derivata una nefasta sinergia tra mafie e colletti bianchi, senza l’apporto dei quali le prime ben difficilmente avrebbero potuto far fruttare al massimo quel tipo di frodi fiscali.

L'operazione "Petrolmafie spa"

L’operazione “Petrolmafie spa” rappresenta l’epilogo di indagini condotte su una duplice direttrice investigativa dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Napoli, Roma, Reggio Calabria e Catanzaro – con il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e di Eurojust - che hanno fatto emergere la gigantesca convergenza di strutture e pianificazioni mafiose originariamente diverse nel business della illecita commercializzazione di carburanti e del riciclaggio di centinaia di milioni di euro in società petrolifere intestate a soggetti insospettabili, meri prestanome.

Sul campo oltre mille militari dei rispettivi Nuclei Per e dello Scico della Guardia di Finanza, nonché su Catanzaro dei Ros dei Carabinieri. Mentre sul fronte camorristico risulta la centralità del clan Moccia nel controllo delle frodi negli oli minerali oggetto delle misure odierne, sul versante della ‘ndrangheta i clan coinvolti sono Piromalli, Cataldo, Labate, Pelle e Italiano nel reggino e Bonavota di S. Onofrio, gruppo di San Gregorio, Anello di Filadelfia e Piscopisani a Catanzaro.

Le indagini della Dda di Reggio Calabria

A Reggio Calabria, sono giunte a epilogo complesse indagini condotte dal Gioco del Nucleo di polizia economico finanziaria di Reggio Calabria e dallo Scico di Roma, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, che hanno riguardato una struttura organizzata, attiva nel commercio di prodotti petroliferi, gravemente indiziata di aver utilizzato sistemi di frode allo scopo principale di evadere le imposte, in modo fraudolento e sistematico, attraverso l’emissione e l’utilizzo (improprio) delle cosiddette “Dichiarazioni di intento”, sotto la direzione strategica di un commercialista e con la compiacenza di soggetti esercenti depositi fiscali e commerciali, con un controllo capillare dell’organizzazione criminale di tutta la filiera della distribuzione del prodotto petrolifero, dal deposito fiscale ai distributori stradali.

I nomi degli arrestati

Le figure più importanti

Le investigazioni puntavano a far emergere gli interessi della ‘ndrangheta, della mafia siciliana e della camorra, nella gestione del business del commercio di prodotti petroliferi sull’intero territorio nazionale.

Tra i principali membri apicali del sodalizio spiccano: Vincenzo Ruggiero di 86 anni e Gianfranco Ruggiero di 60 anni, ritenuti espressione imprenditoriale della cosca di ‘ndrangheta “Piromalli” operante nel mandamento tirrenico della provinciale di Reggio Calabria e, segnatamente, nel locale di Gioia Tauro; Giovanni Camastra di 57 anni e Domenico Camastra di 50 anni e le entità giuridiche agli stessi riconducibili, che per gli investigatori sarebbero espressione imprenditoriale della cosca di ‘ndrangheta “Cataldo” operante nel mandamento ionico della provinciale di Reggio Calabria e, segnatamente, nel locale di Locri; gli stessi sarebbero stati, nel tempo, anche al servizio di varie cosche di ‘ndrangheta (Pelle di San Luca, Aquino di Gioiosa Ionica, Cordì di Locri e Ficara-Latella di Reggio Calabria); Giuseppe De Lorenzo di 46 anni, ritenuto contiguo alla cosca “Labate” dominante nella zona sud di Reggio Calabria.

Le società cartiere

Le società investigate (“cartiere”), affermando fraudolentemente di possedere tutti i requisiti richiesti al fine di poter beneficiare delle agevolazioni previste dalla normativa di settore, presentavano alla Italpretroli S.p.A. di Locri – volano della frode - la relativa dichiarazione di intento per l’acquisto di prodotto petrolifero senza l’applicazione dell’Iva; il prodotto così acquistato, a seguito di diversi (e cartolari) passaggi societari, veniva poi ceduto, a prezzi concorrenziali, ad individuati clienti. In sostanza: la frode si innescava attraverso le forniture di prodotto (in regime di non imponibilità) effettuate dal deposito fiscale (nonché deposito Iva), consapevole e promotore del sistema fraudolento; l’acquisto veniva effettuato, senza applicazione dell’Iva, da imprese cartiere che, prive dei requisiti richiesti dalla normativa di settore per assumere la qualifica di esportatore abituale, presentavano false dichiarazioni d’intento; tali operatori, formalmente amministrati da prestanome nullatenenti, erano riconducibili e gestiti direttamente dall’organizzazione criminale; le società “cartiere”, attraverso broker operanti sul territorio calabrese, campano e siciliano, vendevano ai clienti finali a prezzi assolutamente concorrenziali, al di sotto del valore di mercato, sfruttando indebitamente il vantaggio economico dell’Iva non versata.

In merito, l’organizzazione finita sotto la lente d'ingrandimento degli investigatori, a seguito di un controllo fiscale nei confronti dell’Italpetroli S.p.A., ha adottato una serie di accorgimenti che hanno portato ad un mutamento del sistema fraudolento optando per la drastica soluzione di omettere il versamento dell’imposta sul valore aggiunto e sulle accise e, di conseguenza, mandare il deposito definitivamente in default.

Gli omessi versamenti

Nel corso delle indagini è stato ricostruito: un giro di false fatturazioni per un ammontare imponibile complessivo pari ad oltre 600 milioni di euro e Iva dovuta pari ad oltre 130 milioni di euro; l’omesso versamento di accise per circa 31 milioni di euro; al riguardo le investigazioni hanno consentito di accertare che i membri del sodalizio, nella fase di default, formavano e trasmettevano all’Agenzia delle dogane un fittizio (con attestazione falsa di “pagato”) modello F24 attestante il pagamento delle accise dovute dalla Italpetroli S.p.A. per il mese di marzo 2019 - per un importo di circa 11 milioni di euro - col duplice fine di scongiurare eventuali controlli da parte dell’Amministrazione Finanziaria e, di conseguenza, proseguire con il disegno illecito. Nel mese di maggio del 2019, a riscontro all’attività investigativa, è stata sequestrata la somma contante di 1.086.380,00 di euro, occultata all’interno di un’autovettura appositamente modificata per l’occultamento e il trasporto della valuta.

I proventi reinvestiti

I proventi illeciti, così ripartiti dai membri dell’organizzazione, sarebbero stati in quota parte, reinvestiti nel medesimo circuito criminale e/o impiegati in altre attività finanziarie/imprenditoriali così determinando un giro di riciclaggio – autoriciclaggio, per un importo complessivo pari ad oltre 173 milioni di euro; quota parte di detto importo (pari ad oltre 41 milioni di euro) veniva riciclato su conti correnti esteri riconducibili a società di comodo bulgare, rumene, croate e ungheresi, per poi rientrare nella disponibilità dell’organizzazione medesima.

I numeri dell'operazione

La Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, guidata da Giovanni Bombardieri, ha notificato provvedimenti di misure cautelari personali nei confronti di 23 persone (19 in carcere – 4 agli arresti domiciliari) e provveduto a sequestri per oltre 600 milioni di euro.

Reati ipotizzati sono: associazione di stampo mafioso, associazione per delinquere aggravata dall’agevolazione mafiosa, frode fiscale, riciclaggio e ricettazione.

Hanno operato 500 Finanzieri del Comando Provinciale Reggio Calabria e dello Scico di Roma con il supporto di altri Reparti del Corpo, nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Vibo Valentia, Catania, Foggia, Caserta, Salerno, Napoli, Frosinone, Roma, Firenze, Reggio Emilia, Parma, Milano, Torino, Novara e Varese, e, con la collaborazione di organi collaterali esteri e delle autorità giudiziarie straniere coordinate da Eurojust  e Interpol in Germania, Bulgaria, Ungheria, Romania, Malta e Spagna.

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