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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

L'omicidio di don Pino Puglisi "fu un fatto eccezionale, di una gravità estrema"

Il colonnello Andrea Brancadoro, teste nel processo "Ndrangheta stragista", ha ricostruito quelle ore drammatiche ed i mesi che portarono alla cattura di Giuseppe Graviano, su Baiardo e i rapporti fra Berlusconi e Graviano: "era del tutto inattendibile"

“L’omicidio di don Pino Puglisi fu un fatto eccezionale, di una gravità estrema nella Palermo di quegli anni, una Palermo in cui negli anni novanta non registrava la presenza di fenomeni di microcriminalità, se non per quanto attiene le rapine agli autotrasportatori che si verificavano con cadenza giornaliera”.

La testimonianza del colonnello Brancadoro

padre puglisi-3Il colonnello Andrea Brancadoro, che il 15 settembre del 1993 intervenne personalmente in Piazza Anita Garibaldi, rispondendo alle domande dell’avvocato Giuseppe Aloisio, nell’ambito del processo “Ndrangheta stravista”, ha ripercorso le fasi che portarono all’arresto di Giuseppe Graviano: il boss di Brancaccio che è imputato a Reggio Calabria per la morte dei carabinieri Fava e Garofalo.

La fonte e  la caccia a Graviano

La ricostruzione di questa “caccia” non poteva non partire da quale giorno funesto per la storia di Palermo e della Nazione, che seguiva da presso le stragi in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Un’attività di ricerca che ricevette da una fonte confidenziale l’input giusto per chiudere il cerchio sul boss di Brancaccio che aveva vissuto la sua latitanza nel lusso, spostandosi indisturbato in diverse città del nord Italia, frequentando casinò e facendo acquisti nei negozi “Versace”: la sua griffe preferita.

L'input su Spataro

Questa fonte, infatti, mise i carabinieri sulle tracce di Salvatore Spataro: un insospettabile infermiere di Palermo. Seguendo gli spostamenti di Spataro gli uomini del comando provinciale di Palermo, dopo cinque mesi, di indagini, intercettazioni e pedinamenti, riuscirono ad arrestare Giuseppe Graviano davanti al ristorante “Gigi il cacciatore” di Milano. Quella fonte, che ancora potrebbe vivere a Brancaccio, il fatto che possa essere una donna, per il colonnello rappresenta "un'ossessione" per Giuseppe Graviano.

L'intuizione giusta

Fu un’intuizione a portare il colonnello Brancadoro ed i suoi uomini nella città meneghina. “La fonte - ha detto in aula l’ufficiale dell’Arma - ci aveva avvisato di un imminente viaggio di Spataro in treno verso il nord Italia. Noi, però, dal suo cellulare non eravamo riusciti a captare niente che ci facesse pensare ad uno spostamento in programma. La mattina del 26 gennaio, però, capimmo che Spataro non si era recato a lavoro e allora attivammo un pedinamento alla stazione di Palermo. I miei uomini, due soli carabinieri, avevano l’ordine di individuare Spataro e seguirlo”. Così fecero. Salvatore Spataro, insieme alla sua famiglia, si stava recando a Milano.

Il pedinamento fra la folla a Milano

Graviano boss-2Il racconto del colonnello Brancadoro è lucido sui momenti che precedettero l’arresto. “Pedinammo Graviano già dal primo pomeriggio del 27 gennaio fra la folla in giro per Milano, dove si era incontrato con altre due famiglie giunte in Lombardia dal Sud, sino a tarda sera”. L’indicazione che arrivava dalla Procura di Palermo, però era quella di seguirlo sino a raggiungere il covo dentro il quale si era nascosto per molti anni.

Il retroscena sull'arresto di Filippo Graviano

Sul finire di una giornata stressante e fisicamente pesante, caratterizzata anche da condizioni atmosferiche non proprio gradevoli, la squadra dei carabinieri decise di entrare in azione.  “Seguimmo Graviano - ha detto il colonnello Brancadoro - che in taxi raggiunse il ristorante Gigi il cacciatore dove entrammo in azione e lo catturammo appena fuori dal locale dopo cena”.Il colonnello Brancadoro, poi, svela un retroscena: “Noi non sapevamo di aver arrestato anche il fratello Filippo Graviano, per noi si trattava di un favoreggiatore con una carta d’identità intestata a Filippo Mango”.

La scoperta e la telefonata

La scoperta venne fatta solo in carcere, quando Giuseppe Graviano contattò la madre per comunicarle dell’arresto e chiede ad uno degli agenti che lo stavano tenendo in custodia di chiamare il fratello Filippo, che si trovava in una stanza accanto, per potergli fare salutare la parente. “Io - ha raccontato il militare - ero in moto ed ero andato a Brancaccio davanti alla casa di Padre Puglisi, avevo spendo il cellulare che sino a quel momento non aveva smesso di suonare. Quando tornai in caserma e riaccesi il telefonino ebbi modo di parlare con il brigadiere Vincenzo Costantino che mi avvertì di aver arrestato non solo Giuseppe Graviano ma anche il fratello Filippo”.

"Baiardo inattendibile su Graviano e Berlusconi"

Il colonnello Andrea Brancadoro, infine, è ritornato sulla figura di Salvatore Baiardo, il gelataio di Omegna, e sui rapporti che quest’ultimo aveva detto di conoscere fra Giuseppe Graviano e Berlusconi. “Salvatore Baiardo - ha detto il militare - subito dopo il suo arresto ci disse di essere pronto a collaborare e, dietro la corresponsione di un ingente somma di denaro, di darci il modo di avviare delle indagini sul mondo economico di alto livello di Milano. Mi resi subito conto che le sue notizie erano inconsistenti sul rapporto fra Graviano e Berlusconi”.  “Ritenemmo Baiardo - ha concluso il colonnello Brancadoro - del tutto inattendibile”.

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