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Il viaggio nelle zone della città / Pineta Zerbi - Tre Mulini - S.Brunello

San Giovannello, un antico quartiere tra incompiute e attese tradite

Il comitato racconta il degrado delle opere previste dal Decreto Reggio e i servizi che mancano

Nella zona nord della città, in pieno centro storico, c'è un gruppo attivo di cittadini, ex abitanti del rione San Giovannello, che si battono da anni affinchè il quartiere sia vivibile e le opere pubbliche vengano completate. 

Qui sembra che il tempo sia sospeso, con le grandi incompiute che sonnecchiano nel cuore della città e i segni del degrado avanzano. 

Il viaggio di ReggioToday sui territori continua, quindi, e questa volta ecco che il tour inizia dalla piccola chiesetta di San Giovanni Battista, in via Cardinale Portanova, meglio conosciuta come chiesetta di San Giovannello ed è la testimonianza di quello che fu il rione in tempi lontani. Qui incontriamo la vice presidente del Comitato San Giovannello – Eremo, Rosanna Melissari e il presidente Pino De Felice insieme a Franco Donato. 

"Il nostro comitato di quertiere è uno die più antichi della città - spiegano - e da anni ci battiamo contro l'incuria degli amministratori. Abbiamo aderito alla Rete dei Comitati di quartiere perchè siamo convinti che la partecipazione è importante per risolvere le questioni della cosa pubblica". 

"Oltre alle pessime condizioni in cui versano le strade di tutta la città, qui noi vogliamo porre l'attenzione sulla via Cardinale Portanova che è un'arteria importante. C'è uno stato di estrema usura della strada Cardinale Portanova, dalla Basilica dell’Eremo fino all’incrocio di piazza del Popolo, con situazioni simili che riguardano anche le varie traverse. Facciamo presente che siamo in un territorio densamente popolato, con attività, scuole, ospedali e anche il cimitero, per cui la strada è sottoposta a traffico intenso e con un pericolo costante per la stessa circolazione stradale.. Qui ogni giorno è un'inferno. La strada è ridotta malissimo".

Viaggio nei quartieri cittadini: le foto del rione San Giovannello

La palestra e il parco abbandonato

Il gigante scheletro della palestra è lì, silente e ferito dall'incuria e dal tempo. Il suo tetto, tutto di legno, è un'opera di straordinaria architettura per una palestra che doveva diventare luogo di aggregazione di un quartiere che avrebbe dovuto cambiare volto e che è diventata il simbolo dello spreco dei denari pubblici e del degrado. 

Era il sogno di Italo Falcomatà, sindaco della primavera reggina, che con i fondi del Decreto Reggio insieme alla sua giunta aveva pensato a risanare un quartiere-periferia per farlo diventare luogo di rinascita. Così ecco che qui, quello che fu il rione Minimo con le sue obsolete case adesso abbattute, per assegnare nuovi alloggi, c'è una vasta area degradata, dove doveva sorgere un parco e adesso c'è solo una montagna di rifiuti, proprio là dove ogni giorno passano i bambini per andare a scuola.  

La palestra, secondo il progetto, doveva essere in relazione con il parco ludico ricreativo che ha anche un parcheggio per i camperisti in visita in città. Ma le opere iniziate non sono mai state concluse, malgrado i fondi del Decreto Reggio e poi quelli della Comunità europea,  e la ferita, per la città e per il quartiere, è grande. Il parco è di una straordinaria bellezza, con una splendida vista sullo Stretto, ma è chiuso e mai entrato in funzione. O megllio, i cancelli sono accostati, ma chiunque può entrare e infatti le strutture dentro sono state danneggiate: l'impianto elettrico, così come gli infissi sono stati divelti e il parco. Un parco che il sindaco Giuseppe Falcomatà aveva voluto poi  intitolare al prefetto De Sena, con tanto di stele, che poi è stata spostare a piazza Italia. Un parco che è andato anche in fiamme e che ancora adesso resta inutilizzato. 

“Vogliamo ricordare  - dice il presidente De Felice - che, a seguito delle varie gare di appalto per la gestione del parco, andate deserte, il Comitato avviò tutta una serie di interlocuzioni, direttamente con il sindaco, circa la possibilità di affidamento, per fini prettamente sociali per far diventare il luogo un punto di aggregazione dell’intera zona, nel ricordo di una storia, di un’identità tramandata, con le famose “case basse” risalente appena alla fine della seconda guerra mondiale. Una realtà che dal passato contraddistinto dai sacrifici di intere generazioni, potesse pensare a un futuro semplicemente migliore.

Il Comitato ha però decisamente abbandonato l’idea di gestione, in quanto ha avuto modo di constatare il mancato completamente strutturale dell’opera per poter essere immediatamente utilizzata; proprio a seguito di questa situazione si è rilevato la necessità di vigilanza e di interventi di messa in sicurezza, evitando un abbandono indecoroso ma anche pericoloso. Sicurezza, vigilanza e interventi che sono stati continuamente ripresi dal Comitato, in tutte le riunioni ufficiali che i comitati hanno avuto con l’amministrazione comunale, purtroppo niente di quanto richiesto, è stato ottenuto.

Le case di via Cava - Madonna di Fatima

Ogni palazzo ha un nome di albero e quello dove si riunisce il Comitato di quertiere è nel condominio Lauro . Un semicerchio con diciotto palazzi affacciati sullo Stretto. Edilizia residenziale pubblica che "non viene manutenuta e che ancora non è stata completata nel suo progetto iniziale: anche qui doveva venire un'area verde attrezzata per i cittadini ma c'è solo sterpaglia e sporcizia". 

Bisogna percorrere piccole stradine, piene di buche, per arrivare fino al casotto Lo Giudice ad Eremo Botte là dove c'è il serbatoio della Sorical che distribuisce l'acqua in tutta la zona ed anche a Vito. Un casotto che è quasi inaccessibile e per arrivare a fare le manovre occorre arrampicarsi su una montagnola, di certo non una situazione ottimale per i lavoratori che devono operare. 

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