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Domenica, 28 Aprile 2024
La sentenza

Processo Xenia, la Corte d'Appello ribalta la sentenza di primo grado: un anno e sei mesi per Lucano

Sono stati assolti gli altri diciassette imputati nel processo nato da un’inchiesta della Guardia di finanza sulla gestione dei progetti di accoglienza dei migranti

Un anno e sei mesi questo hanno deciso i giudici della Corte d'Appello di Reggio Calabria per Mimmo Lucano, l'ex sindaco di Riace, un tempo conosciuto come “il paese dell’accoglienza”, imputato nel processo Xenia per cui era stato condannato in primo grado, a tredici anni e due mesi.

Una sentenza che di fatto ribalta quella di primo grado e fa esplodere di gioia i tanti sostenitori di Lucano presenti in aula anche perché sono stati assolti tutti gli altri 17 imputati.

Mimmo Lucano non c'è però davanti alla Corte d'Appello di Reggio Calabria presieduta da Elisabetta Palumbo, ha scelto di restare a Riace. Lui è il principale imputato del processo Xenia, insieme ad altre 17 persone - nato da un’inchiesta della Guardia di finanza sulla gestione dei progetti di accoglienza dei migranti ma oggi ha scelto di aspettare a casa.

Ma qui a Reggio Calabria, nell'aula del Tribunale oltre ai suoi avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, sono arrivati in tanti per sostenerlo. C'è l'onorevole Peppino Lavorato, padre Giovanni Ladiana e anche il partigiano, novantottenne Aldo Chiantella, nome di battaglia Fieramosca. Sono qui perché c'è da difendere l'accoglienza e l'integrazione fatta a Riace.

Ma di quell'accoglienza a Riace è rimasto poco. Da quando nel 2018 Lucano era stato arrestato dai finanzieri, sottoposto prima ai domiciliari e poi al divieto di dimora, ha visto piano piano smantellare il sistema d'accoglienza che aveva fatto di Riace un paese simbolo, un luogo di rinascita per i tanti migranti accolti.

Eppure solo due anni prima dell'arresto Mimmo Lucano era nella lista dei 50 leader più influenti al mondo stilata dalla rivista Fortune e anche il regista tedesco Wim Wenders aveva dedicato all’esperienza e al sindaco dell’accoglienza il docufilm Il volo.

Ma arrivano le ispezioni della prefettura e il blocco dei fondi per i progetti relativi all’accoglienza in relazione a presunte irregolarità: è l’inizio della fine del modello Riace.

Lucano davanti alla Corte d'Appello ha dovuto rispondere dei reati di associazione per delinquere, truffa, peculato, falso e abusi d’ufficio ma in questi cinque lunghi anni con il “fiato sospeso”  Lucano, o meglio Mimì capotosta come lo chiamano i suoi amici, non si è arreso. Lui crede davvero nell'accoglienza, nell' “utopia della normalità”, iniziata nel 1998 con il primo sbarco di curdi a Riace che ha ospitato, negli anni in cui lui era primo cittadino, più di 6.000 immigrati che hanno ripopolato il comune. Per questo ha ricominciato, appena gli è stato possibile, da semplice cittadino, a lavorare per l'accoglienza, come lui stesso ha scritto nella lettera inviata ai giudici della Corte d'Appello.

La lettera di Lucano

“Come tutti gli esseri umani posso aver commesso degli errori ma ho sempre agito con l'obiettivo e la volontà di aiutare i più deboli e di contribuire all’accoglienza e all’integrazione di bambini, donne e uomini che fuggivano dalla fame, dalla guerra, dalle torture”, ha scritto l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano in una lettera fatta consegnare dai suoi legali ai giudici della Corte d’appello di Reggio Calabria.

“Non appena è stato possibile - conclude - durante questi anni di iter processuale, ho continuato a dedicarmi a tempo pieno, da privato cittadino, alla riapertura e alla gestione del Villaggio globale di Riace che ha ospitato e continua ad ospitare bambini e persone con fragilità. Non si è interrotta, dunque, quella che considero la missione della mia vita, a prescindere da incarichi pubblici e finanziamenti statali. Altro che associazione a delinquere. Al termine di questo processo vi invito a visitare il Villaggio Globale di Riace, sarete i benvenuti”.

La lettura della sentenza

Le parole della presidente Elisabetta Palumbo arrivano dopo sette ore di camera di consiglio. I giudici, infatti, si sono ritirati per deliberare questa mattina poco dopo le dieci, dopo che i sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari hanno svolto una breve replica. I difensori di Lucano, gli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, nelle loro arringhe, hanno contestato la ricostruzione accusatoria chiedendo l'assoluzione per il loro assistito e parlando di "un accanimento non terapeutico". Ma anche di "uno stravolgimento dei fatti" e di "un uso distorto delle intercettazioni" per arrivare a una condanna "a ogni costo" di Mimmo Lucano.

Su una conversazione ritenuta "chiave" dai difensori, infatti, il Tribunale di Locri ha utilizzato una trascrizione della guardia di finanza dove c'è una frase "inesistente", attribuita all'ex sindaco di Riace. Frase che non compare nella perizia disposta dallo stesso Tribunale.

Nelle motivazioni d'appello, infatti, i due legali parlano di "lettura forzata se non surreale dei fatti". L'obiettivo di Mimmo Lucano, piuttosto, "era uno solo ed in linea con quanto riportato nei manuali Sprar: l'accoglienza e l'integrazione. Non c'è una sola emergenza dibattimentale (intercettazioni incluse) dalla quale si possa desumere che il fine che ha mosso l'agire del Lucano sia stato diverso". 

Andrea Daqua e Giuliano Pisapia quando lasciano il Tribunale vengono accolti da un lungo applauso della gente e i difensori di Lucano commentano: Il fatto non sussiste per le accuse di associazione a delinquere, abuso d’ufficio e trasporto rifiuti e tanti altri reati per cui era stato condannato. Oggi Mimmo Lucano è stato assolto da tutti i reati gravi.  Giustizia è stata fatta nei confronti di un uomo che ha sempre operato nell’unico ed esclusivo interesse del bene comune e della difesa dei più deboli. 

Non a caso nelle nostre arringhe parlavamo di “accanimento non terapeutico” nei confronti di Lucano e di uno stravolgimento dei fatti anche dovuto a un uso distorto delle intercettazioni. Oggi è stata ristabilita la verità dei fatti riguardo un uomo che ha sempre agito in maniera disinteressata. Esiste un giudice anche in Calabria”.

La richiesta della Procura generale

Dieci anni e 5 mesi di reclusione è stata la richiesta della Procura generale di Reggio Calabria. I sostituti procuratori generali Adriana Fimiani e Antonio Giuttari hanno chiesto per Lucano una pena inferiore rispetto ai 13 anni e 2 mesi inflitti in primo grado dal Tribunale di Locri nel settembre 2021.

La condanna di primo grado

In primo grado, Lucano era stato condannato a 13 anni e due mesi di carcere dal Tribunale di Locri nell’ambito del processo Xenia, per associazione a delinquere, frode, falso in atto pubblico, peculato, abuso d’ufficio e truffa. Sentenza arrivata il 30 settembre 2021 condannando l'ex sindaco di Riace ad una pena che era stata quasi il doppio rispetto alle richieste del procuratore capo di Locri, Luigi D’Alessio, e dal pubblico ministero Michele Permunian, che avevano chiesto 7 anni e 11 mesi di carcere.

Secondo le motivazioni della sentenza, avrebbe strumentalizzato il sistema dell’accoglienza a beneficio della sua immagine politica. I giudici hanno ritenuto il sistema organizzato da Lucano un’organizzazione “tutt’altro che rudimentale”, che rispettava regole precise e che era gestita da Lucano “per poter conseguire illeciti profitti, attraverso i sofisticati meccanismi, collaudati negli anni e che ciascuno eseguiva fornendogli in cambio sostegno elettorale”.

Adesso occorrerà aspettare 90 giorni entro i quali verranno depositate le motivazioni della sentenza della Corte d'Appello.

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