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L'appello

Lotta alla 'ndrangheta, Bombardieri chiede allo Stato la risposta data dopo le stragi mafiose

Il procuratore capo di Reggio Calabria, nella sua relazione sullo stato di salute del distretto giudiziario, chiede a chiare lettere il potenziamento degli organici

La Calabria che vuole scrollarsi di dosso l’onta di “ospitare” la criminalità organizzata più potente e ramificata al mondo si aspetta che lo Stato cambi passo nelle sue azioni di contrasto. Giovanni Bombardieri, procuratore capo di Reggio Calabria, lo dice a chiare lettere nella sua relazione predisposta per la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario che si è tenuta sabato mattina, presso la scuola allievi carabinieri “Fava e Garofalo”.

Per farlo non esita a scomodare figure importanti nella lotta alla mafia, quali quelle di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e ad invocare la stessa risposta offerta dallo Stato contro le bombe di Cosa nostra.

Nel distretto di Reggio Calabria per la lotta alla ‘ndrangheta servono uomini e mezzi, cosa invocata e ottenuta solo in parte ad ogni occasione utile. Per bloccare le cosche, stoppare la sua crescita economica individuandone e paralizzando i lucrosi traffici, “risulta evidente la necessità di una risposta istituzionale seria ed efficace: occorre replicare, oggi come allora, la risposta che lo Stato seppe mettere in campo all’indomani delle stragi di Cosa nostra e che ha consentito di ottenere decisivi risultati nel contrasto a quella forma di criminalità organizzata: allora sul territorio siciliano, oggi sul nostro territorio”.

Per il procuratore Bombardieri, poi, "Il problema della 'ndrangheta e della illegalità diffusa nei nostri territori non è solo un problema giudiziario. È un problema culturale, sociale ed economico, con la ineludibile necessità di massicci investimenti nella economia legale che diano strutture, lavoro e risorse indispensabili per offrire una reale possibilità di riscatto a questa terra”.

Soprattutto in una terra economicamente e socialmente assai debole, dove i boss vengono visti come benefattori, come coloro che danno lavoro, mentre lo Stato viene assunto come chi quel lavoro spesso lo manda in fumo.

Per questo il capo della Direzione distrettuale antimafia ha chiesto un maggiore investimento in forze di polizia giudiziaria, appello lanciato di anno in anno e “inspiegabilmente” non assecondato pienamente, al fine di potenziare l’opera del suo ufficio nonostante un organico “numericamente limitato e quasi la metà rispetto ad altri territori, e tra questi la Sicilia, in cui la minaccia mafiosa sicuramente non ha la stessa pericolosità e pervasività dimostrata dalla ‘ndrangheta”.

I problemi di organico denunciati, naturalmente, non sono solo quelli riferibili ai magistrati o alla polizia giudiziaria. Un discorso analogo è stato fatto dal capo della Dda reggina per quanto attiene la pianta organica del tribunale che, ridotta all’osso, rischia di mettere a repentaglio la serena amministrazione della giustizia nel distretto reggino.

La chiosa del procuratore Giovanni Bombardieri è chiara nella forma e nella sostanza ed è riportata in grassetto e sottolineato nelle pagine della relazione: “E’ indispensabile, per una reale efficacia dell’azione giudiziaria, un consistente aumento/adeguamento dell’organico del tribunale di Reggio Calabria, che non è più in grado, a causa delle carenze nella previsione di organico e delle scoperte dello stesso organico esistente, di far fronte alle esigenze ordinarie, tanto da non poter garantire i tempi di una adeguata e più efficace risposta anche alle richieste di misura cautelare avanzate da questo ufficio ed al tempestivo svolgimento dei processi penali nella loro fase dibattimentale”.

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