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Cronaca

Nella capitale della 'ndrangheta il "sistema" gestiva le dinamiche perverse delle cosche

Il racconto di Maurizio Cortese, ex reggente della cosca Serraino, al pm Stefano Musolino da collaboratore di giustizia: "c'erano delle situazioni che anche a Reggio erano successe delle cose che non c'entrava la 'ndrangheta, che c'entrava un sistema superiore"

cortese-2Nella capitale della ‘ndrangheta non tutto è stato ‘ndrangheta. In riva allo Stretto si sono registrati accadimenti criminali che con mammasantissima e picciotti poco hanno avuto a che fare. Parola di Maurizio Cortese (nella foto), l’ex reggente della cosca Serraino che dopo il suo arresto ha avviato la sua collaborazione con la giustizia.

Per l’ex boss reggino, che si è confrontato con il pubblico ministero della Dda Stefano Musolino, a Reggio Calabria esiste un “sistema” che sovrintende tutte le dinamiche criminali e non solo. Un "sistema" fatto da gente estranea al giro criminale ma, comunque, collusa con esso. Insospettabili che manovravano nell'ombra e mettevano in atto pratiche perverse.

Nell’interrogatorio sostenuto a distanza, mediante un collegamento Teams, con il magistrato della Procura antimafia il 19 dicembre dello scorso anno, Maurizio Cortese ha raccontato questo spaccato misterioso delle cose di ‘ndrangheta reggine. Maurizio Cortese nel suo racconto si fa aiutare dalle chiacchierate intercorse con Domenico Serraino, uno dei boss dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta reggina.

“Mi aveva detto - dice Cortese al pm Musolino - che praticamente c'erano delle situazioni che anche a Reggio erano successe delle cose che non c'entrava la 'ndrangheta, che c'entrava un sistema, per dire, superiore, per dire, alla 'ndrangheta, che praticamente, per dire, non.. omissis”.

Anche in questo caso sono i tanti omissis ai verbali confluiti nel processo “Ghota” a celare ulteriori approfondimenti investigativi sulle dichiarazioni di Maurizio Cortese.

“Mi diceva Domenico Serraino - si legge ancora nel verbale redatto il 19 dicembre del 2020 in collegamento con il carcere di Rebibbia - che dietro il tentato omicidio di don Rocco, non c’era la 'ndrangheta, c'era di più della 'ndrangheta. E all'epoca mi ha raccontato, mi ha parlato delle cose di Reggio Calabria, della guerra, perché era successa la guerra di Reggio Calabria, mi aveva parlato dei fatti, per dire, dell’omicidio Ligato.. omissis”.

Il nuovo collaboratore di giustizia è stato già condannato in via definitiva nel processo “Epilogo” e dopo un periodo di latitanza, nel 2017 era stato catturato dalla squadra mobile e dai carabinieri. Oggi quarantenne, stando alle indagini, Maurizio Cortese era riuscito a scalare le gerarchie della cosca Serraino intrattenendo legami anche con gli esponenti delle altre famiglie di 'ndrangheta come i Labate detti “Ti Mangiu” e Gino Molinetti dei De Stefano-Tegano, recentemente arrestato nell'ambito dell'operazione “Malefix”.

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