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Operazione "Eyphemos II", ecco la rete di "consigliori" e tutto fare di Domenico Laurendi | VIDEO

In manette un commercialista, il vice del boss del "banco nuovo" di Sant'Eufemia d'Aspromonte e i prestanome usati per proteggere il patrimonio dalle forze dell'ordine

L’inchiesta “Eyphemos II” riassume e trasforma in ordinanza di custodia cautelare gli ulteriori esiti di articolate indagini condotte con l’ausilio di molteplici presidi tecnici di intercettazioni telefoniche e telematiche, e costituisce il seguito dell’operazione “Eyfhémos”, eseguita il 25 febbraio 2020, allorquando la Squadra mobile reggina ed il Commissariato di Palmi, sotto le direttive della Dda di Reggio Calabria, hanno tratto in arresto in esecuzione di un’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria: 65 soggetti (53 in carcere e 12 agli arresti domiciliari), indagati, a vario titolo, per associazione mafiosa, reati in materia di armi, estorsioni, violazioni del Testo Unico in materia di sostanze stupefacenti, favoreggiamento reale, violenza privata, corruzione elettorale, delitti aggravati dalla finalità di aver agevolato la Ndrangheta, e scambio elettorale politico mafioso.

Operazione eyphemos 2 conferenza-2L’inchiesta “Eyfhemos” aveva svelato l’esistenza e l’operatività di una locale di ‘ndrangheta a Sant’ Eutemia d’ Aspromonte, facente capo alla cosca “Alvaro” operante a Sinopoli, San Procopio, Cosoleto, Sant’ Eufemia d’Aspromonte, Delianuova e in zone limitrofe. In particolare, quelle indagini avevano rivelato come – all’interno del locale eufemiese – coesistessero almeno tre fazioni: tra cui quella riferibile a  Domenico Laurendi, che tra la fine dell’anno 2017 ed in tutto il 2018 – fu protagonista proprio di una spaccatura interna. 

I nomi degli arrestati

Era, appunto, già emersa allora, in maniera preponderante, la figura di  Domenico  Laurendi (inteso “Rocchellina”), il quale – sotto l’egida della cosca “Alvaro” di cui il predetto era uomo di fiducia – si era fatto promotore della creazione di un cosiddetto “banco nuovo”, mediante l’affiliazione di nuovi soggetti ed il consolidamento dei ruoli di quelli già affiliati, attraverso il conferimento di nuove doti e cariche. Non solo, Domenico Laurendi aveva acquisito un rango ancor più elevato, essendo stato in grado di interfacciarsi anche con politici nazionali, regionali e locali.

Anche nelle indagini che hanno portato al provvedimento cautelare eseguito questa mattina assume rilievo centrale la figura di Domenico Laurendi. La peculiarità dell’operazione “Eyphemos II” risiede nel fatto che sono stati colpiti i patrimoni di alcuni indagati e le condotte illecite poste in essere al fine di celare i beni provento delle attività delittuose, onde evitare possibili ablazioni da parte dello Stato. Le intercettazioni hanno fatto comprendere i meccanismi utilizzati da Domenico Laurendi per dissimulare il patrimonio posseduto.

Cosi scrive il Gip sul punto: “Evidentemente, il Laurendi che commercia in droga di qualsiasi qualità, che commercia in armi anche da guerra costituendo veri e propri arsenali, che consuma estorsioni ai danni di imprenditori ha cumulato profitti illeciti che ha dovuto  ecessariamente reimpiegare e lo ha anche fatto attraverso vere e proprie scatole cinesi immobiliari ed imprenditoriali”.

Per fare ciò, Domenico Laurendi si è servito del valido apporto di alcuni soggetti, tra cui Gregorio Cuppari – commercialista suo “consigliore”, oltre che “consulente tecnico” dell’associazione mafiosa; allo stesso viene contestato il concorso esterno in associazione mafiosa. 

Gregorio Cuppari, per gli investigatori della Squadra mobile diretta da Francesco Rattà, avrebbe di fatto contribuito al perseguimento delle finalità della cosca, ovvero proteggere il proprio patrimonio mobiliare ed immobiliare da eventuali aggressioni da parte dello Stato ed in secondo luogo inserirsi, monopolizzandoli poi con la forza di intimidazione, nei settori dell’edilizia e della ristorazione. 

Nello specifico, Cuppari sarebbe risultato particolarmente attivo: nell’elaborare stratagemmi che consentissero l’interposizione fittizia di beni, anche con la finalità ultima di consentire alle “aziende mafiose” di acquisire appalti; dando suggerimenti tecnici per consentire la movimentazione di capitali illeciti ed il riciclaggio di somme di provenienza delittuosa perché proventi dei reati di estorsioni, traffici di stupefacenti, di trasferimento fraudolento di valori, anche per superare eventuali dinieghi da parte degli istituti di credito a fronte di movimentazioni bancarie ritenute “sospette” dando suggerimenti tecnici ma anche prestando attività meramente materiale (a titolo esemplificativo l’accompagnamento dal notaio degli intestatari fittizi) per la costituzione della ditta LD Immobiliare e Costruzioni con nuovi soci Bonfiglio Rosario e Laurendi Diego (quest’ultimo in luogo del padre Laurendi Domenico) e per la costituzione della ditta LDR di Laurendi Diego e Laurendi Rocco, sorta per il rilevamento dell’attività ristorativa denominata “la Taverna del Pirata” con sede a Bagnara Calabra.

La contestazione di concorso esterno in associazione mafiosa riguarda anche Rosario Bonfiglio, esecutore delle direttive di Domenico Laurendi, ed Rosa Alvaro. Le indagini hanno rivelato che Rosario Bonfiglio avrebbe di fatto coadiuvato eseguendone le direttive di Domenico Laurendi, al fine di consentire a quest’ultimo di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali e per agevolare la commissione di delitti di riciclaggio e autoriciclaggio. intestandosi fittiziamente beni immobili ed attività imprenditoriali, nell’esclusiva disponibilità di Laurendi. 

Non solo, Rosario Bonfiglio avrebbe rappresentato Laurendi sul territorio in sua assenza, divenendo, in sua vece, “punto di riferimento mafioso” per imprenditori che al locale di Santa Eufemia di Aspromonte si erano rivolti chiedendo “protezione e per i referenti di altre cosche di Ndrangheta; più in generale Rosario Bonfiglio sarebbe stato a disposizione per l’attuazione del programma associativo dell’organizzazione mafiosa riconducibile a Laurendi.

Rosa Alvaro – sempre sotto le direttive di Domenico Laurendi, che l’aggiornava costantemente in ordine ai suoi spostamenti ed agli investimenti compiuti coni proventi delle attività delittuose – gli avrebbe procurato schede non intestate con la finalità di assicurare la comunicazione  “protetta fra affiliati ed in particolare modo con il reggente della cosca Alvaro: Cosimo Alvaro detto “Pelliccia.

La donna avrebbe fornito supporto logistico a Domenico Laurendi per consentirgli una trasferta fino in Sicilia dove avrebbe incontrato Cosimo Alvaro, accompagnandolo con la propria autovettura; la donna, inoltre, si è occupata della gestione burocratica delle numerose aziende riconducibili a Domenico Laurendi, preparando fatture, effettuando bonifici e mantenendo i rapporti con gli istituti di credito presso cui questi aveva acceso, anche con delega ad operare. La stessa Rosa Alvaro, poi, ha custodito denaro e titoli di credito – di provenienza delittuosa e non – che avrebbe ricevuto in consegna da Laurendi.

L’indagine, come spiegato dal procuratore capo Giovanni Bombardieri, avrebbe dimostrato che non solo Domenico Laurendi, ma anche altri indagati, hanno posto in essere condotte di trasferimento fraudolento di valori ed autoriciclaggio, investendo, i proventi delle loro attività delittuose.

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