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Domenica, 28 Aprile 2024
Il dibattito sulla grande opera

Ecco perché non è vero che il ponte sullo Stretto creerà turismo e occupazione

Lo spiega il professor Domenico Marino, professore dell'Università Mediterranea, nel dossier delle associazioni ambientaliste Wwf, Lipu e Kyoto Club

Il ponte sullo Stretto è un'opera inutilmente costosa, che non porterà benefici né al turismo né alla mobilità del territorio. A demolire le entusiastiche tesi del ministro Salvini è il professor Domenico Marino, docente di politica economica presso l’Università Mediterranea di Reggio Calabria, che è tra gli autori dell'articolato dossier realizzato da Wwf, Lipu e Kyoto Club contro la grande infrastruttura. 

I celebrati vantaggi economici del ponte secondo Marino sono "inesistenti" e lo spiega analizzando i settori che il Mit considera destinatari di benefici che in realtà non esistono, nè direttamente né come ricadute trasversali. Al contrario, l'imponente investimento economico rischia di produrre l'effetto opposto, depauperando terre che avrebbero ben altre esigenze di intervento.

Marino parte da una premessa realistica, quella dell'economia stessa di Calabria e Sicilia, che non è tale da giustificare questo tipo di operazione infrastrutturale perché i processi e gli scambi che attiverà non saranno in grado di assorbire o addirittura ripagare con il guadagno la spesa del capitale investito. Scrive il professore di politica economica: "Se, come è vero, le infrastrutture devono essere funzionali al territorio e al suo modello di sviluppo, un eccesso indiscriminato di offerta di dotazione infrastrutturale non è un fatto positivo.

E, ammesso che non sia anche dannoso, in termini di costo/opportunità i costi prevalgono perché il solo spreco delle risorse utilizzate per la sua realizzazione costituisce elemento strutturalmente antieconomico". E aggiunge: "Gli ipotetici benefici del ponte potranno risarcire i calabresi e i siciliani dall’aver visto distrutto il loro territorio e dall’essere costretti a vivere sotto un ponte? La riduzione dei tempi e quindi dei costi di trasporto sulle lunghe distanze è sicuramente trascurabile. Si otterrebbe un risultato migliore se si facessero interventi cento volte meno costosi sui tratti auostradali e sulle linee ferroviarie del Mezzogiorno".

Il turismo vero è quello naturale dello Stretto e il ponte ridurrà il suo potenziale

Marino si sofferma separatamente sui tre punti della sua argomentazione, iniziando con il turismo. Salvini ha parlato del ponte sullo Stretto immaginandolo come un'opera architettonicamente unica al mondo e iconica, che sarà meta di visite al pari della torre Eiffel parigina. Replica così l'economista della Mediterranea: "Il caso della torre Eiffel non regge alla prova dei fatti. Parigi è infatti una città dall’offerta turistica molto diversificata, nel cui contesto la Torre assume un ruolo importante. L’infrastruttura in quanto tale - continua - non porta necessariamente a un incremento dei flussi turistici se non migliora l’offerta turistica complessiva e questo tipo di intervento non è di per sé generato dal ponte e richiede risorse adeguate e differenti, la cui efficacia è indipendente dall’eventuale esistenza della struttura di attraversamento stabile dello Stretto".

Non solo. L'infrastruttura magnificata dal governo, infatti, influirà negativamente sul patrimonio ambientale della zona, che rappresenta un’attrattiva così com'è, potremmo dire come natura l'ha fatta. I suoi asset sono il mare, il paesaggio, la biodiversità e le vestigia culturali, storiche e mitologiche. Ecco perché, dice ancora Domenico Marino, "il ponte verrà a pregiudicare irrimediabilmente questi aspetti, allontanando dall’area tutto il turismo naturalistico e ambientale che in prospettiva costituisce per essa uno dei flussi turistici più consistenti. In sintesi il ponte non accresce, anzi fa diminuire il potenziale turistico dell’area dello Stretto". Senza citare i danni di tipo ambientale (già elencati nel progetto definitivo insieme al risarcimento delle opere compensative) che deriveranno dal cantiere nelle zone a tutela speciale, come quella della Costa Viola.

Sul fronte della mobilità, Marino dimostra scientificamente che non esistono prove di vantaggi alla mobilità con il ponte. L'effetto sarebbe invece opposto soprattutto per quella interna, che interessa le popolazioni strettesi: "L’infrastruttura produrrebbe un peggioramento delle condizioni attuali di accessibilità. Spostarsi da Reggio Calabria a Messina o viceversa diventerebbe estremamente oneroso in termini di tempo e di pedaggio. Il ponte marginalizzerà quindi i due centri urbani, portando a una diminuzione delle attività economiche. Altro che grande Metropoli dello Stretto!"

Nessun risparmio di tempo per la mobilità, Reggio e Messina saranno ancora più lontane

A dirlo sono i calcoli. Il professore stima che la distanza fra i centri urbani di Reggio Calabria e Messina si allungherà di oltre 30 chilometri rispetto all’attuale percorrenza dall’ingresso del ponte, considerando la distanza necessaria per raggiungere lo svincolo. Inoltre, il tempo stimato per raggiungere il centro di Reggio partendo dal centro di Messina sarà di circa un’ora, più o meno come accade oggi che il ponte non esiste. E al pedaggio, che dovrebbe essere equivalente al costo dell’attraversamento per nave, si aggiungerà il costo della percorrenza stradale, che sarà più che doppia. Una cosa è certa già da ora con poco sforzo di immaginazione, a calabresi e siciliani il ponte non conviene e anzi comporterà quasi una tassa di attraversamento. "Essendo il ponte un’infrastruttura soggetta a congestione - spiega bene Marino - l’obiettivo del pedaggio dovrebbe essere quello di limitare l’accessibilità e dunque sarà elevato. Ma così diviene anche un sistema di regolazione dei prezzi perché produrrà uno spostamento molto accentuato verso altre modalità di trasporto, in particolare quello marittimo"

Un vantaggio di tempo potrebbe invece aversi sulla mobilità di lunga distanza, essenzialmente di tipo merci, da 10 a 20 minuti, ma in condizioni di normalità. "Non si dimentichi - evidenzia Marino - che le situazioni di congestione sono possibili anche in presenza dell’infrastruttura di attraversamento, ad esempio in presenza di incidenti o di particolari condizioni meteorologiche". Ininfluenti comunque quei 20 minuti su un viaggio di percorrenza importante, il professore Marino rileva che "la dimensione economico-sociale ottima per il trasporto delle merci è costituita dal trasporto su lunga distanza via mare, che ha costi privati e sociali notevolmente inferiori alle altre modalità". 

C'è poi la nota che al governo non piace, ovvero il rapporto tra ponte e sistema locale dei trasporti. "Il risparmio di tempo prodotto dall’infrastruttura - dice ancora Domenico Marino - non è sufficiente a dimostrarne la convenienza economica. Un investimento 100 volte inferiore a quello del ponte, diretto al potenziamento delle infrastrutture autostradali e viarie, produrrebbe un risparmio di percorrenza di circa 30-60 minuti". 

L'occupazione di cui parla Salvini è temporanea e si perderanno posti nel trasporto marittimo

Nel dossier ambientalista, infine, Marino smaschera qualche bluff sui grandi numeri di occupazione propagandati dal governo. "In due regioni che hanno tassi di disoccupazione fra i più elevati d’Europa - premette l'economista - contribuire a creare posti di lavoro è senza dubbio un’opera meritoria. Purtroppo le cose non stanno esattamente così. La stima di 100.000 posti lavoro creati non si riferisce all’opera a regime, ma sono il risultato della traduzione in termini di ula (unità lavorative anno) dei lavori di costruzione". E non saranno posti di lavoro stabili, ma legati alla durata del cantiere: "L’occupazione creata potrà durare 10 anni. Ma una volta finiti i lavori del ponte questi lavoratori torneranno a essere disoccupati. Si sta spacciando per occupazione stabile l’occupazione temporanea, ma quella cifra di 100.000 poi dovrà essere corretta eliminando le lavorazioni effettuate al di fuori del territorio di Calabria e Sicilia e che influenzeranno temporaneamente in modo negativo l’occupazione di quelle regioni".

Una volta a regime, il ponte avrà prodotto poco meno di 1.000 posti di lavoro stabili, a fronte degli esuberi che si registreranno nel settore dei trasporti navali se quel settore parallelo soccomberà alla concorrenza della grande opera, oltre a quelli dovuti alla sostituzione del personale umano con i sistemi di bigliettazione automatizzati, un processo fisiologico in atto nell'intera economia globale. "L’impatto del ponte sull’occupazione diretta - conclude Marino - sarà negativo, e per quella indiretta non c'è da essere ottimisti perché la marginalizzazione dei centri urbani di Reggio Calabria e Messina avrà come conseguenza il declino dell’attività economica e, quindi, una perdita di posti che solo in parte saranno recuperati dai servizi che sorgeranno a ridosso del Ponte". 

Il problema delle grandi navi che non passeranno sotto l'impalcato del ponte

Ce n'è abbastanza per smontare il trionfalismo del ministro Salvini e ancorare alla realtà il no al Ponte degli ambientalisti. E a proposito di turismo, la strada inaugurata anche da Reggio per lo sviluppo del settore crocieristico (peraltro ben avviato a Messina) sarà penalizzata dal ponte a causa del problema del franco navigabile con l'altezza dell'impalcato del ponte, che, oltre ad impedire il passaggio dei portacontainer che approdano in porti come quello di Gioia Tauro, riguarda anche le grandi navi luxury. Nel dossier ne parla diffusamente Antonio Di Natale, ecologo marino ed esperto Onu, spiegando che il progetto del 2011, con un impalcato alla base di 65, esclude il transito di molte di esse e necessita di un adeguamento. Tra le modifiche da realizzare, l'aumento di diametro del cavo di sostegno del ponte richiede la realizzazione di una fabbrica apposita nell’area di Favazzina, che fa parte delle nuove opere non incluse nel progetto attuale, "il cui costo - commenta Di Natale - non è minimale, così come, ovviamente, l’impatto ambientale sulla costa calabra".

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