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La mobilitazione dei cittadini / Villa San Giovanni

Ponte sullo Stretto ed espropri: "Daremo battaglia e non lasceremo le nostre case"

Le storie dei cittadini che rischiano di perdere abitazioni e attività per fare spazio alla grande opera. Si pensa a costituire un comitato

"Siamo angosciati, la notte non dormiamo al pensiero di dover stravolgere le nostre vite". Usano volutamente parole forti per descrivere il loro stato d'animo i cittadini di Villa San Giovanni che rientrano nel piano di espropri per la realizzazione del ponte sullo Stretto e le opere connesse. Associazioni e movimenti politici dell'area no ponte stanno tranquillizzando gli interessati parlando di tempi lunghi, utili per bloccare il progetto già al centro di un esposto giudiziario. Ma la volata del governo e la società Stretto di Messina verso l'apertura dei cantieri inizia ora a preoccupare chi vede proprietà e terreni ubicati nelle cartine di tutto quello che verrà abbattuto. In nome di una superiore pubblica utilità, di cui si attende la dichiarazione entro giugno. Pochi mesi, un conto alla rovescia al momento virtuale, ma che allunga un'ombra opprimente sul futuro. 

L'assemblea spontanea degli espropriandi e le storie di chi teme di perdere tutto 

Oggi pomeriggio a Villa la comunità degli espropriandi si è riunita in un'assemblea spontanea. L'incontro ha un titolo a cui non servono commenti, "Ti tengo Stretto", e nasce senza connotazioni politiche, animato dai cittadini che nelle ultime settimane si stanno confrontando su questo assillante problema. Il mare non caccia nessuno, si legge in un cartello esposto nel centro abitato. Chi ha ritrovato la posizione di prime e seconde case o attività produttive - per la seconda volta, dopo il tentativo del 2011 - nel piano particellare degli espropri, intende lottare non solo per i propri interessi personali ma per salvare quell'orizzonte identitario e caro al cuore. Lo Stretto è un affare familiare, fatto di radici e memoria, un bene collettivo.

"Questo è un luogo molto particolare, chi resta lo fa per scelta", dice Rossella Bulsei, insegnante che abita davanti al mare, in una casa minacciata dal ponte. "Lo Stretto è vivo, animato - continua - io alle pareti ho soltanto fotografie di mia figlia, non ho bisogno di quadri perchè le finestre mi restituiscono un'immensa bellezza che cambia ogni giorno. Il mare è la nostra opera d'arte, entra nelle vite di chi lo ha davanti e rimane dentro per sempre". Suo marito, il commercialista Giuseppe Fedele, ha promosso l'assemblea pubblica in corso nello studio del professionista, della quale si rivendica il carattere interamente civico. "Siamo in tanti in questa situazione - dice ancora Bulsei - e ci siamo incontrati durante l'iniziativa organizzata dalla sindaca Caminiti la scorsa settimana. E' nata l'idea di vederci al di fuori di contesti politici e istituzionali, soltanto come persone che condividono l'apprensione per un progetto che all'improvviso sta andando avanti troppo velocemente".

"Aggressione ai beni e alla vita, staremo in una città cantiere per otto anni"

Dove c'è la casa di Rossella e Giuseppe dovrebbe sorgere un'area a verde pubblica, nei pressi della variante di Cannitello. L'intervento di restyling, programmato da anni, compenserebbe la famigerata intubata ferroviaria, e l'abitazione è situata in un punto a un centinaio di metri di distanza dal pilone del ponte. "In questi giorni - confida - sto sperando che la nostra casa si salvi perché non sarà toccata dagli scavi. Mi sento egoista ad avere questo tipo di pensieri perché so che invece per tanti altri l'abbattimento non si potrà evitare... ma questo è un momento in cui ognuno di noi ha sentimenti contrastanti".

Giuseppe Fedele è nato e cresciuto sulla via marina, nel posto in cui poi ha deciso di comprare l'abitazione dove vive da quindici anni, dopo essersi sposato. "Gli dico sempre che lui fa parte dell'habitat dello Stretto - spiega Rossella - sin da ragazzo ha avuto in mente di investire su questo territorio per costruire qui il suo progetto professionale e privato insieme al fratello". Adesso quel sogno diventato realtà con la sua famiglia appare tra le particelle castatali divise per tipologia pubblicate sul sito del Comune di Villa San Giovanni per assolvere agli obblighi dell'informativa sulla mappa del ponte. Tavole ancora senza nomi, perché gli avvisi singoli di esproprio arriveranno solo a seguito dell'approvazione del progetto da parte del Cipess, come sacrificio richiesto dalla pubblica utilità rappresentata dal ponte.

Secondo il fronte del no tutto si fermerà prima di arrivare fino a lì. "Le associazioni hanno questa certezza - commenta Rossella - ma io non posso fare a meno di notare che i dati istituzionali sono molto diversi. Nonostante i nodi critici rilevati nel progetto, le dichiarazioni di Ciucci e Salvini non confortano. Nel 2011 quella temuta lettera non ci è mai arrivata, ma ora l'iter è ripartito a grande velocità... il fatto che si siano ridotti i tempi per presentare le osservazioni è un campanello d'allarme. No, io questa sicurezza non ce l'ho, stavolta non escludo il reale avvio degli espropri".

La data del 13 aprile, fissata per la pubblicazione dei rilievi da parte di enti, associazioni e cittadini, è attesa dagli espropiandi per capire come muoversi concretamente. Dallo choc della scoperta di quelle particelle colorate alla mobilitazione. Tanti di loro stanno preparando una reazione legale per difendersi da quella che Rossella definisce "un'aggressione al nostro patrimonio e la nostra esistenza. Io e la mia famiglia abbiamo fatto tante riflessioni e ci difenderemo, il ponte condizionerà il nostro territorio incidendo gravemente sulla qualità della vita. Pensiamo solo all'impatto dei lavori, per otto anni conviveremo con l'inquinamento acustico e le polveri sottili... Villa San Giovanni diventerà un enorme cantiere". 

I cittadini costituiranno un comitato per organizzare una tutela comune

La riunione di oggi potrebbe portare alla costituzione di un comitato per opporsi all'avanzamento del progetto. "Siamo in angoscia, trascorriamo notti insonni con questo pensiero", dice Andrea De Gregorio. "Non riesco a spiegarlo con le parole, vorrei far capire quanto quest'ombra stia pesando sulle nostre vite. Io ho una villetta nella parte alta della città, la mia casa dovrà lasciare il posto a una strada di cantiere. Altre persone hanno a rischio attività produttive, alberghi e ristoranti frutto di una vita di lavoro, la fonte del loro reddito. Ma non abbiamo intenzione di accettarlo passivamente, daremo battaglia".

La famiglia De Gregorio vive a Villa da più di una generazione, la villetta in cui abita e che ha un terreno di pertinenza era già stata lambita dal primo piano espropri del 2011, finito poi nel nulla, messo in stand by insieme a quel ponte che allora si riteneva irrealizzabile: "Raccontano continuamente bugie. Il progetto è rimasto tale e quale, non hanno cambiato nulla. Il ponte è identico al modellino che ho visto all'età di 7 sul corso Garibaldi di Reggio Calabria, in gita scolastica. Hanno riesumato un progetto che era stato bocciato e ci dicono che è stato aggiornato ma non è vero...abbiamo a che fare con gli interessi di un privato sostenuti dal Governo. Ma noi - sottolinea Andrea De Gregorio - faremo valere i nostri diritti perché nessuno ci ha regalato nulla, dietro le nostre case e attività ci sono i sacrifici di una vita".

Indennizzi: "Non basta offrire soldi, le case sono la sede di vita delle persone"

Per ripagare la perdita sono stati annunciati indennizzi sostanziosi. Perché, ha ammesso Ciucci a Villa, lasciare la propria casa e trasferirsi altrove, sarà un "disagio". Ma gli espropriandi sono diffidenti verso queste promesse. "E' facile ragionare in questi termini se non si è direttamente coinvolti - commenta Rossella Bulsei - una casa non è soltanto un investimento economico, è la sede della vita delle persone. Non basta offrire soldi, si dovrà andare alla ricerca di una nuova abitazione, anche chi ha età avanzata e si è radicato da molti anni. Poi non posso evitare una previsione maliziosa ma ovvia: con la prospettiva del ponte il mercato immobiliare a Villa cambierà e la somma che intendono dare non coprirà sicuramente il valore dell'immobile espropriato e non permetterà di comprare una casa con la stessa quotazione". 

Aggiunge De Gregorio: "Parlando di alti indennizzi, ma sappiamo bene che fondi non ne hanno abbastanza già per l'opera in sè. Non sarà per quattro soldi che lascerò la mia casa". La soluzione per lui dovrà essere affidata agli avvocati: "Dobbiamo vendere cara la pelle, unirci tra noi e difenderci con mezzi legali, questa è l'unica strada". In questa direzione si orienta anche la strategia del movimento no ponte, che sta proponendo una  class action, azione legale collettiva che tuteli con maggiore efficacia gli interessi di tutti i cittadini e dell’intera area dello Stretto tra Reggio e Messina.

La prospettiva del cantiere infinito di un'opera che non ci sarà mai

Un dubbio che attanaglia gli espropriandi è anche il destino della grande opera dello Stretto, che potrebbe diventare un'elefantiaca incompiuta, sfregiando il mare e le sue sponde con le cicatrici dei cantieri. Quando ormai case e terreni non ci saranno più. Rossella Bulsei lo pensa sempre guardando la bocca di cemento dell'ecomostro di Cannitello. "Le 68 prescrizioni al progetto - dice - non sono un dettaglio di poco conto. Riguardano i nuclei fondamentali dei lavori, aspetti come i materiali, le prove di sicurezza per il vento e i terremoti. Come si fa a sostenere che saranno affrontate in corso d'opera? Non lo si fa neanche per piccoli interventi condominiali, figuriamoci per un'opera del genere. Penso sia possibile che il cantiere del ponte si interrompa per gravi problematiche tecniche. E' terribile pensare - conclude - che la mia casa potrebbe essere demolita per qualcosa che non esisterà mai, un sacrificio inutile e senza nessun risultato". 

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