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Domenica, 28 Aprile 2024
Il funerale / Centro / Piazza Duomo

L'addio a Otello Profazio, che ora canta in cielo insieme agli angeli

In Duomo i funerali del cantastorie reggino, nell'omelia don Pasqualino Catanese lo saluta così: "Con la sua arte fu punto di riferimento per una società che ha bisogno di sognare e sperare"

"Un dono di Dio", il ‘cuntastorie’ Otello Profazio: sia per il suo talento, sia per averci offerto mille spunti di riflessione attraverso la sua opera. Così monsignor Pasqualino Catanese, vicario generale dell’arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova, nell’officiare i funerali dell'indimenticabile artista in una cattedrale di Reggio Calabria non proprio gremita. 

Certo di Profazio, acclamato in Italia e all'estero e amatissimo dai calabresi non vale il detto secondo cui nemo propheta in patria, ma le assenze istituzionali in Duomo stamattina sono state clamorose. Tra i presenti l’ex assessore regionale e sindaco di Bova Marina Saverio Zavettieri e il sindaco di Roghudi Pierpaolo Zavettieri, l’ex assessore regionale Michelangelo Tripodi, l’ex consigliere regionale Candeloro Imbalzano, l’ex assessore comunale Giuseppe Agliano, lo storico ambientalista ed ex assessore comunale Nuccio Barillà, il fondatore dell’associazione Incontriamoci sempre Pino Strati. Stupisce un numero di partecipanti alle esequie non adeguato alla caratura del personaggio che ci ha appena lasciato e al suo legame con la città di Reggio; e, ancor di più, la defezione di amministratori in carica. 

Non così sul fronte degli artisti, diversi dei quali non hanno mancato l’appuntamento con un celebre collega e ispiratore, come Mimmo Cavallaro e Fulvio Cama. 

L'omelia: "Fare tesoro di quello che ci lascia, senza disperdere tutto ciò che ci ha offerto"

"La firma sul registro delle firme è un fatto formale, non incide sulla morte. Quella che è richiesta, in realtà, è la firma per la vita: vuol dire essere disponibile, con tutte le proprie debolezze e fragilità. Davanti – ha detto don Catanese durante la liturgia della parola -, Otello non s’è sicuramente trovato un giudice inflessibile, che gli ha contestato quello e quell’altro. Io credo che invece gli sia stato detto: 'Sai, qui non c’è bisogno d’incidere canzoni o album… qui ti sentiamo dal vivo, le chitarre le suoneranno gli angeli, quella te la porti appresso come hai fatto per tutta la tua vita… E dunque se il Signore volesse riascoltare un’altra delle sue storie, dei suoi racconti, della sua poesia in musica, potrebbe avergli detto: Mi fa piacere che tu abbia insistito su alcune cose per il tuo popolo, che tu sia stato anche una voce critica…”

"Ecco: allora capite - ha proseguito - che un uomo che ci lascia non ci lascia così, senza nulla, e noi dobbiamo farne tesoro, senza disperdere tutto ciò che ci ha offerto. Siamo legati a tante realtà della nostra città, belle, artistiche: non possiamo perderle, non possiamo considerarle cose passeggere l’eredità che ci ha lasciato, l’impegno che ci ha offerto, tutto ciò che è stato scritto dal suo genio integra il patrimonio culturale, storico, civile del nostro territorio… Anzi, in questo senso – ha detto con chiara emozione l’officiante – sento di fare un appello a voi, a tutti ma in particolare alla famiglia: non disperdiamo il grande valore che questo nostro fratello ci ha offerto, facciamone un tesoro, senza confinarlo in un museo, senza aspettare che magari gli dedichino qualche via… Il nostro ricordo sia vita, sia qualcosa che è diventato nostro. Io credo che i poeti siano tra i benefattori più grandi dell’umanità, perché riescono a farcela vedere in maniera candida, pura, totale. Questo nostro fratello ci ha offerto delle poesie, fatte in un certo modo, secondo un certo stile artistico… lui si definiva artistoide"

L'omelia di don Catanese ha fatto rivivere il personaggio Profazio, il suo estro e la sua poetica: "Ma v’immaginate Omero? A quei tempi purtroppo non c’erano le registrazioni: lui sicuramente ha cantato le sue poesie. Per fortuna, i versi cantati di Profazio sono conservati: forse ognuno di noi ha a casa una cassetta o un suo disco". 

E ha aggiunto: "Voglio pensare che questo nostro fratello sia adesso in compagnia dei nostri santi, degli angeli, con la sua inseparabile chitarra, un dono particolare che credo il Signore gli abbia offerto. E credo che la Madonna gli abbia detto: ‘Vedi che questo nostro fratello, con tutte le sue debolezze e le sue fragilità, ha desiderato sempre il bene. E come tu hai trasformato l’acqua in vino, lui ha trasformato la pesantezza della vita dei suoi conterranei con un canto di speranza, con un impegno di vita per il futuro. È riuscito a cantare la nostra vita, la nostra storia. Un canto, una poesia; ma anche un motivo di riflessione, il suo, in cui con le sue capacità artistiche ha mischiato poesia, storia, filosofia, storia popolare… Credo sia stato un punto di riferimento importante per tanti di noi, specialmente oggi, all’interno di una realtà che sembra senza speranza, di una società che ha bisogno anche di sognare".

L'addio e i ricordi dei colleghi Mimmo Cavallaro e Fulvio Cama

Sulle scalinate del Duomo, dopo l'uscita del feretro, tanti sono i pensieri convidisi da di chi ha amato l'arte di Profazio e lo ha considerato un maestro. "Con Otello abbiamo ricordi straordinari - dice il cantautore etnofolk Mimmo Cavallaro - abbiamo trascorso insieme tanti momenti bellissimi, lui con la sua ironia straordinaria, le sue battute, la sua voce, la sua cultura, il suo sapere… Stare con Otello era sempre un’occasione di festa e di gioia. Otello per me è stato un punto di riferimento, un faro: è stata una persona a cui ho voluto molto bene, oggi siamo veramente tristi per questa sua mancanza… Otello rimarrà per sempre nel mio cuore".

Cavallaro e Cama dopo i funerali

Fulvio Cama ha aggiunto: "Non voleva ‘eredi’: ma comunque non potrebbero essercene, perché lui era veramente unico. Ma al di là della sua volontà, noi ci sentiamo tutti ‘eredi’ suoi, perché abbiamo appreso da lui degli insegnamenti veramente importanti. Innanzitutto, il valore delle tradizioni della nostra terra, perché lui incarnava le tradizioni non solo della nostra Calabria ma della Basilicata, della Sicilia, di tutto il Sud… Era un’enciclopedia vivente, un raccoglitore di tesori veramente inestimabili. E noi ci sentiamo adesso di cogliere questa sua eredità e di non farla estinguere: e questo sarà ora il nostro compito, in sua memoria".

La salma di Profazio ha sostato sul sagrato del Duomo per l’ultimo saluto, sulle note della sua celebre ‘Qua si campa d’aria’, manifesto della sua narrazione di un popolo spesso disperato ma più forte di avversità e oppressioni, sempre ribelle. 

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