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Lunedì, 29 Aprile 2024
Il ritorno in piazza Duomo / Centro / Piazza Duomo

Scopelliti tra emozioni e ricordi invita la sua città a ribellarsi e cambiare

Folla in piazza alla presentazione del libro dell'ex sindaco che parla del carcere ma anche di politica e del Decreto Reggio

Molti reggini lo vorrebbero di nuovo in campo nell'agone politico, ma oggi per Giuseppe Scopelliti è il tempo del recupero della vita e degli affetti, sottratti dalla durissima vicenda giudiziaria che, ormai conclusa, rivendica come ingiusta: "Mi sono già immolato per Reggio, e ho pagato. La mia condanna è stata esemplare e non credo che ce ne sarà un'altra uguale per quel reato". Scopelliti lo confida al pubblico che ha riempito piazza Duomo per la presentazione del libro autobiografico "Io sono libero", la prima nella sua città e anche un attesissimo ritorno nello stesso luogo dove tredici anni fa l'ex sindaco aveva festeggiato la vittoria elettorale alla Regione. "Ho sottratto molto alla mia famiglia - ha detto - e quei ritmi della politica non potrei più sostenerli, ma credo di poter dare un contributo importante a Reggio anche senza una candidatura in prima persona. In presentazioni come questa lo faccio con lo stimolo e l'incoraggiamento a una città che deve avere la forza di reagire e ribellarsi!". 

La piazza glielo chiede ma Scopelliti conferma che non si candiderà

Che sia casuale o no, la data reggina del tour dedicato al libro scritto insieme a Franco Attanasio e pubblicato da Pellegrini arriva dopo mesi di appuntamenti nazionali e calabresi, in un momento di grande fibrillazione. Impossibile non pensare all'imminente sentenza della Cassazione e lo scenario del rientro di Giuseppe Falcomatà, e qualcuno glielo grida apertamente: "Peppe, devi tornare! Mandali a casa!" Ma quel colpo di scena da cotanta iconica sede lui non lo regala, sebbene in un mix equilibrato e impeccabile tra toni sereni e veemenza, talvolta si lasci pure trascinare dalla foga. Può permetterselo nella sua città, in mezzo alla sua gente, e nessuno si scandalizza se si concede qualche parola sopra le righe: "Reggio ha perso tanti soldi ma ce ne sono ancora... se vi parlano di buco in bilancio mandateli affanculo... la classe politica reggina è immobile, quello che manca sono i progetti!"

Nella platea davanti al palco dove Scopelliti dialoga con il giornalista Piero Gaeta ci sono amici, sostenitori, esponenti del centrodestra (in prima fila i parlamentari Cannizzaro, Minasi e Orsomarso) e tanti cittadini che approvano con acclamazioni da tifoseria quando l'imprenditore Maurizio Mauro saluta l'amico attribuendogli il titolo di sindaco più amato d'Italia facendolo riemergere dal suo passato d'oro di amministratore enfant prodige. Ad introdurre l'incontro c'è un video che ripercorre la carriera di Scopelliti, nel quale scorrono le immagini che lo vedono in compagnia di Massimo Fini, Jole Santelli, l'archistar Zaha Hadid ma anche l'indimenticato attore Giacomo Battaglia insieme al collega Miseferi. L'applauso scoppia fragoroso quando sullo schermo Peppe solleva la maglia amaranto.

Un'altra epoca, altri sogni, forse illusioni. La Reggio di Scopelliti manca a tantissimi, un po' per reale convinzione che fosse un'età felice o almeno promettente, un po' perché così accade sempre con gli anni lontani e addolciti sotto la lente della nostalgia. 

Emozioni con la lettera della figlia Greta e il racconto dei giorni nel carcere

La serata è sul filo delle emozioni e gli ospiti non hanno intenzione di nascondere qualche lacrima che dovesse spuntare nel ricordo di momenti di forte impatto personale. Mauro lo abbraccia e per lui sceglie di parlare in pubblico per la prima volta del processo affrontato quasi in parallelo, con esiti diversi per i due: "Sin da ragazzi abbiamo sempre condiviso l'amore per questa città e quando ci siamo incrociati di nuovo in un momento drammatico per entrambi ci siamo confortati a vicenda, non solo per quello ma soprattutto per quello che avrebbe potuto essere e non è stato a causa dell'invidia e la cattiveria".

E quando è trasmesso un medley di lettere scritte da Greta e firmate 'la tua bambina grande', il silenzio vibra e le parole non servono. Bastano quelle della figlia che dice: "Ci hanno pugnalato ma non ci arrenderemo e tu tornerai più grande di prima, io so che non hai sbagliato e cammino a testa alta, fiera della persona che è mio padre". 

La voce di Peppe trema ricordando il distacco dalla famiglia, poi si commuove ringraziando tutti quelli che non lo hanno abbandonato negli anni del carcere, e dalla piazza si leva la standing ovation. Scopelliti non ha paura di parlare della pena usando per sè la parola detenuto. E spiega di aver conosciuto dentro quelle mura una straordinaria solidarietà. "Esiste in questo modo - ha affermato - solo nel carcere e in ospedale, perché sono luoghi di dolore e ognuno si fa forza anche attraverso gli altri. Chi veniva a festeggiare il provvedimento che lo avrebbe riportato a casa dava speranza anche a me, ero sinceramente felice per loro". Il percorso dell'ex sindaco fu uno stillicidio, con sei rinvii prima di ottenere la semilibertà: "La sera quando rientravo in cella mi dicevano sempre 'tu tra poco esci, sei Scopelliti', ma poi quanti di loro ho salutato mentre io restavo! E rispondevo che non uscivo proprio per quello, perché ero Scopelliti".

"Ho fatto un passo indietro e mi sono dimesso, anche oggi lo rifarei"  

Inevitabile scivolare in un mood che mai cede al vittimismo però alle accuse di complotti e nemici sì. Scopelliti era l'uomo che Berlusconi elogiava come certezza in Calabria al pari di Formigoni in Lombardia (e lì si scatenò un gioco al massacro proprio per screditarlo con il Cavaliere), è quello che, come dice la sua Greta, si è fidato delle persone sbagliate e che è stato abbandonato dalla sua gente. Anzi, "fucilato nella mia città, anche se l'ordine forse è partito da fuori". Di quel tradimento ne soffre ancora, Peppe. Lui che nonostante le condanne giudiziarie rivendica di non aver mai tradito Reggio e si sentiva sicuro che questo fuori dai tribunali non sarebbe stato messo in dubbio. "Il mio errore - spiega - è stato di presunzione. Ho pensato che in città chi mi conosceva come uomo del popolo, cresciuto per strada e non nei salotti della borghesia, non avrebbe creduto che io davvero avessi fatto quegli sbagli". 

Il sindaco sospeso è una presenza fantasmatica, che aleggia sul dibattito ma non è mai nominata. Anche se il riferimento è chiaro: "Io ho fatto un passo indietro e mi sono dimesso. E se tornassi indietro lo rifarei perché quando lo stato ti delegittima devi prenderne atto". Dal pubblico quel nome irrompe, ma viene subito ricacciato. E' la presentazione di un libro, precisano i relatori citando pure l'editore Walter Pellegrini, intervenuto all'evento e soddisfatto del riscontro del volume, andato subito in ristampa. In realtà questa serata e tutte le presentazioni di Scopelliti sono molto di più. Lui stesso, che suo malgrado sa di non poter mai diventare soltanto il reggino Peppe, tende una mano ai futuri amministratori della città: "Sarò sempre disponibile a dare un consiglio, a dire la mia se qualcuno vorrà interpellarmi".

Il Decreto Reggio "è stato un modello di buon governo per la città"

Il suo Decreto Reggio non smette di difenderlo. "Credo che ancora oggi resti un modello di buon governo per una città che aveva immaginato un percorso e un'idea di sviluppo, una Reggio con voglia e sete di successo fuori dagli stereotipi della criminalità e dei morti ammazzati. Aveva sicuramente lacune ma era espressione di una classe dirigente che aveva un obiettivo chiaro". La piazza è con lui, applaude, allude a chi invece questa visione ora non ce l'ha. Scopelliti continua in un ispirato crescendo: "Quel modello è stato demolito dai servi del sistema su ordine preciso! Oggi anche persone di sinistra mi dicono che se mi candidassi mi voterebbero ma in città c'è ancora tantissimo imbarazzo per la melma che hanno tirato addosso a quell'esperienza". 

Una bacchettata è per gli imprenditori reggini, che "stanno fermi e non protestano contro il dissesto in cui versa la città". Una Reggio colpita da un'emorragia di popolazione, che delude soprattutto i giovani. Non sapendo che la stessa osservazione la fece pure il sindaco sospeso, Scopelliti commenta con amarezza i raduni di ragazzi che nelle piazze cittadine giocano a murra e ballano la tarantella. Ed è subito rievocazione vintage dei bei tempi andati e di quei 'suoi' giovani che partivano non per emigrare, ma coinvolti in scambi culturali e stage nelle capitali europee. "La tarantella - dice - sembra un tornare indietro a quarant'anni fa, e tra quei ragazzi ho visto anche il capo del ballo con tutte le implicazioni che dovrebbero essere lontane dalla mentalità dei giovani". 

A provare questo cambiamento in peggio ci sono anche le testimonianze dirette dei reggini: "Mi ha fermato uno dei vincitori del bando Carpe Diem per ringraziarmi perché grazie a quell'opportunità ha avviato la sua azienda e dopo diciotto anni è ancora qui, è riuscito a lavorare e non lasciare Reggio". 

La conquista della città metropolitana e il lavoro per Reggio alla Regione 

Reggio deve a Peppe anche il rango di città metropolitana. La storia fu questa: "Ne parlava Giuseppe Bova quando ci fu la questione dei Bronzi da mandare al G8 e io mi mossi velocemente. A Roma incontrai Bocchino e Calderoli e spiegai perché Reggio Calabria poteva ambire ad essere una città metropolitana. Questo è avvenuto per l'autorevolezza istituzionale che io avevo presso i vertici nazionali del mio partito... mentre dal Pd votarono contro". Tuona severo Scopelliti: "Fu la seconda volta che il Pd tradiva Reggio in quell'aula... la prima era stata dalla parte opposta a quella delle barricate!" 

Sindaco e anche presidente della Regione, una carica che per la prima volta andava a un reggino. Di Roberto Occhiuto non può che dir bene (molto rapidamente e senza enfasi), ma qui siamo a Reggio, davanti a una piazza che si sente scippata e avverte un'iniqua condizione di periferia dell'impero, dall'aeroporto al dimensionamento scolastico. Peppe Scopelliti sa di vincere facile e suscitare un'ovazione quando, con voce appassionata, lancia: "Se ci fossi io le deleghe sarebbero qui!" 

La presentazione si conclude con un trionfo di selfie e firmacopie. Tra veleni, valorosi servitori dello Stato e infimi servi, da uomo libero Scopelliti non vuole più rinunciare alla serenità che ha conquistato a caro prezzo. Oggi al centro non c'è la politica, ma il lavoro e la famiglia. Il libro è un grimaldello contro le bugie, una voce che chiede giustizia: "Prima o poi dovrà venire fuori la verità sul caso Scopelliti, qualcuno la racconterà colmando tutti gli spazi vuoti di questa storia". 

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