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L'operazione

Maxi confisca da 160 milioni di euro, sotto chiave i beni di un imprenditore edile

Guardia di finanza, Dia e carabinieri eseguono il provvedimento della sezione misure di prevenzione, sotto la lente d'ingrandimento un impresario ritenuto vicino alla 'ndrangheta

Un provvedimento di confisca, definito convenzionalmente operazione "Monopoli", da 160 milioni di euro è stato eseguito dai militari dei comandi provinciali della guardia di finanza e dei carabinieri di Reggio Calabria, unitamente a personale del centro operativo della Direzione investigativa antimafia e dello Scico. 

Sotto la lente d’ingrandimento della Direzione distrettuale antimafia, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, è finito un imprenditore reggino, operante nel settore edile. Nel provvedimento, emesso dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria, vi sono beni illecitamente accumulati, tra cui oltre 300 immobili.

La figura

Secondo quanto emerso dalle indagini, il soggetto destinatario del provvedimenti di confisca, dalla metà degli anni ’80 al 2017, avrebbe avviato e consolidato nel territorio reggino il suo ruolo di imprenditore nel settore edile, facendo leva sul sostegno di storiche locali di ‘Ndrangheta, dapprima su quella dei Latella e dagli anni 2000 in avanti su quella dei De Stefano. Tali evidenze erano emerse, tra le altre, nell’ambito delle operazioni “Monopoli” e “Martingala”.

La prima operazione

La prima, eseguita dal comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, ha fatto luce su un sistema di cointeressenze criminali coltivate da imprenditori reggini che, sfruttando l’appoggio di cosche cittadine, sarebbero riusciti ad accumulare, in modo del tutto illecito, enormi profitti prontamente riciclati in fiorenti e diversificate attività commerciali.

Le indagini sono culminate, nel 2018, con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali nei confronti di 4 soggetti per i reati - tra gli altri di associazione per delinquere di tipo mafioso, trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio aggravati dall’agevolazione mafiosa, nonché reali su compendi aziendali di imprese/società, beni mobili e immobili, per un valore complessivo stimato in 50 milioni di euro.

In tale ambito, l’imprenditore reggino - allo stato e fatte salve successive valutazioni in merito all’effettivo e definitivo accertamento della responsabilità - è stato condannato in primo grado alla pena di anni 12 di reclusione e alla misura di sicurezza della libertà vigilata per anni 3, in ordine al reato di concorso esterno in associazione mafiosa.

Tra l’altro, l’attività investigativa avrebbe consentito di appurare come il citato imprenditore avesse stretto un patto sinallagmatico con l’organizzazione criminale e, in particolare, con la cosca De Stefano, in base al quale egli aveva espanso le sue attività economiche a carattere speculativo immobiliare, imponendosi come uno dei principali imprenditori cittadini in tale settore e consentendone l’infiltrazione alla ‘ndrangheta.

La seconda indagine

La seconda è stata, invece, condotta dal locale centro operativo della Dia e dal Gico di Reggio Calabria nei confronti di un articolato sodalizio criminale dedito alla commissione di gravi delitti tra cui, a vario titolo, quelli di associazione mafiosa, riciclaggio, autoriciclaggio e associazione a delinquere finalizzata all’emissione di false fatturazioni, con l'aggravante, per alcuni di essi, del metodo mafioso.

L’attività è stata conclusa nel 2018 con l’esecuzione di provvedimenti restrittivi personali nei confronti di 27 persone, nonché di provvedimenti cautelari reali nei confronti di 51 società - anche estere -  partecipazioni sociali, beni mobili e immobili e disponibilità finanziarie per un ammontare complessivo stimato in circa 119.000.000 di euro

In tale ambito, in relazione al proposto, sarebbero emersi indizi in ordine alla commissione di reati tributari posti in essere mediante un indebito risparmio d’imposta che avrebbe consentito all’imprenditore di produrre illeciti profitti da reinvestire anche nelle proprie attività aziendali.

Il lavoro della Dda

Alla luce delle richiamate evidenze, la locale Direzione distrettuale antimafia - sempre più interessata agli aspetti economico-imprenditoriali legati alla criminalità organizzata – ha delegato il Gico della guardia di finanza, il nucleo investigativo dei carabinieri ed il locale centro operativo Dia a svolgere apposita indagine a carattere economico/patrimoniale finalizzata all’applicazione, nei confronti del citato imprenditore, di misure di prevenzione personali e patrimoniali.

L’attività di indagine, anche valorizzando le risultanze delle pregresse indagini, ha consentito di ricostruire le acquisizioni patrimoniali effettuate dall’anno 1985 all’anno 2017 e di rilevare, attraverso una complessa e articolata attività di riscontro, anche documentale, il patrimonio direttamente e indirettamente nella disponibilità dell’imprenditore, il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata.

Il sequestro del 2019

Nel mese di ottobre 2019 la sezione misure di prevenzione del tribunale di Reggio Calabria, ha disposto, di conseguenza, il sequestro del patrimonio riconducibile al citato imprenditore e, successivamente, riconoscendo la validità dell’impianto indiziario, con il provvedimento in esecuzione ha decretato - allo stato del procedimento ed impregiudicata ogni diversa successiva valutazione nel merito - l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca dell’intero compendio aziendale di 7 tra imprese e società commerciali attive nel settore edile/immobiliare - comprensivo, altresì, di 99 immobili e 16 veicoli - quote di partecipazione al capitale di 2 società attive nei settori edile e turistico, 234 tra terreni e fabbricati, beni mobili, nonché disponibilità finanziarie per un valore complessivamente stimato in oltre 160 milioni di euro.

Con il medesimo provvedimento, il locale Tribunale ha sottoposto l’imprenditore alla misura personale della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di 3 anni, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora abituale.

Il lavoro interforze

"L’attività di servizio in rassegna - si legge in una nota stampa - frutto di una sinergica collaborazione tra forze di polizia, efficacemente coordinate dalla procura distrettuale reggina, testimonia l’elevata attenzione rivolta all’individuazione e alla conseguente aggressione dei patrimoni e delle disponibilità finanziarie illecitamente accumulati dalle consorterie criminali di stampo mafioso, allo scopo di arginare l’inquinamento del mercato e della sana imprenditoria, con l’intento di ripristinare adeguati livelli di legalità, trasparenza e sicurezza pubblica".

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