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Domenica, 28 Aprile 2024
L'indagine / Rizziconi

'Ndrangheta, aiutarono la latitanza di Domenico Crea: la polizia esegue otto arresti

La Squadra mobile ha chiuso all'alba l'operazione Declino. Gli arrestati dovranno difendersi dalle accuse di associazione mafiosa, favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena

Aiutarono il boss Domenico Crea durante la sua latitanza, all’alba di oggi sono finiti in manette con l’accusa di associazione mafiosa, favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena.

Sono otto le persone tratte in arresto dalla Squadra mobile reggina, diretta da Alfonso Iadevaia e coordinata dal questore Bruno Megale, nell’ambito dell’operazione Declino, che ha notificato loro un’ordinanza spiccata dal gip del tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri.

Oltre ai destinatari dei provvedimenti restrittivi, nel procedimento penale risultano indagati, in stato di libertà, ulteriori 7 soggetti indagati per i soli reati di favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena, aggravati dalle finalità mafiose. 

La genesi dell’indagine

Le indagini, condotte da personale della Squadra mobile e dall’attuale Sezione investigativa Sco di Reggio Calabria, sotto le direttive della procura della Repubblica, hanno permesso, in particolare, attraverso numerosi servizi tecnici di intercettazione, di individuare i presunti appartenenti alla cosca Crea di Rizziconi, che si sono occupati, tra le altre cose, di gestire la latitanza di Domenico Crea, di 41 anni, catturato dalla polizia a Ricadi il 2 agosto del 2019, dopo oltre 4 anni di latitanza. Al momento della cattura, Domenico Crea, ritenuto reggente del sodalizio in ragione dello stato di detenzione del padre Teodoro e del fratello Giuseppe, quest’ultimo arrestato dopo oltre un decennio di irreperibilità, era ricercato per diversi provvedimenti restrittivi tra i quali figurava una condanna ad oltre 21 anni di reclusione per associazione mafiosa ed estorsione.

La rete di protezione

Per come emerso dalle indagini la latitanza di Domenico Crea era protetta da una articolata rete di fidati sodali, tra i quali Domenico Pillari (che si è avvalso della fattiva collaborazione del figlio Giovanni) e Rocco Versace, già condannati in passato per aver favorito la latitanza dell’anziano boss Teodoro, che al contempo si occupavano di garantire l’operatività del sodalizio attraverso la veicolazione di messaggi verso esponenti di altre articolazioni criminali, fornendo ausilio ed appoggio all’allora giovanissimo Teodoro Crea, successivamente tratto in arresto nel corso dell’operazione Nuova narcos europea, interponendosi nelle trattative di compravendita dei terreni storicamente condizionata dai diktat mafiosi. 

La latitanza nel vibonese

In ordine alla circostanza che Domenico Crea abbia trascorso gran parte della sua latitanza in provincia di Vibo Valentia, le indagini hanno evidenziato il coinvolgimento di Luigi  Mancuso e Pasquale Gallone, condannati nei mesi scorsi, in primo grado, nell’ambito del processo Rinascita-Scott, rispettivamente alla pena di anni 21 e di anni 20 di reclusione, il primo perché ritenuto al vertice dell’omonima consorteria ed il secondo quale elemento apicale della cosca di Limbadi. Nella presente indagine risultano attinti, pertanto, da misura cautelare per aver favorito la latitanza di Domenico Crea, almeno fino al mese di dicembre 2018. A mantenere i rapporti con Mancuso e Gallone, allora liberi, era ancora Domenico Pillari, attraverso la mediazione dell’indagato Antonino Rottura.

La morte di Bruzzese

Tra i destinatari della misura cautelare figurano ancora il citato Rocco Versace e Francesco Candiloro, già detenuti in quanto tratti in arresto nel mese di ottobre del 2021, nell’ambito di indagini condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Ancona, perché ritenuti coinvolti nell’omicidio di Marcello Bruzzese (fratello del collaboratore Girolamo Biagio Bruzzese) avvenuto il 25 dicembre 2018 a Pesaro. Proprio per tale fatto di sangue, Francesco Candiloro, in primo grado è stato condannato, in abbreviato, alla pena dell’ergastolo, mentre per Versace è in corso il processo con rito ordinario.

Le ritorsioni della cosca Crea

L’assassinio di Marcello Bruzzese, così come ulteriori progetti di attentato, per i quali Francesco Candiloro, sempre ad ottobre del 2021, è stato attinto da un fermo di indiziato di delitto disposto dalla Direzione distrettuale antimafia di Brescia, sono ritenuti, sulla base del quadro indiziario acquisito, azioni ritorsive rientranti nel programma criminoso della cosca Crea.

Per tali ragioni veniva avviato un proficuo scambio informativo ed un coordinamento investigativo con le Direzioni distrettuali antimafia di Brescia ed Ancona, che permetteva di arricchire e consolidare il quadro indiziario, anche con le dichiarazioni di due degli indagati del procedimento bresciano, che nel frattempo manifestavano la volontà di collaborare con la giustizia, confermando l’ipotesi che l’omicidio Bruzzese e gli ulteriori propositi omicidiari scaturivano da ordini impartiti dai vertici della cosca Crea.

L’indagine di Catanzaro

Per le stesse motivazioni, veniva avviato un coordinamento investigativo anche con la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, diretta dal procuratore Nicola Gratteri, titolare di procedimenti relativi ad ulteriori fatti delittuosi inquadrati nel programma criminoso della cosca Crea, per i quali la Procura di Catanzaro, ha richiesto ed ottenuto dal Gip un’ordinanza di custodia cautelare che è stata eseguita nelle scorse ore, contestualmente ai provvedimenti emessi dal Gip reggino.       

Nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Reggio Calabria, oltre all’esecuzione delle misure restrittive, sono state eseguiti anche diversi decreti di perquisizione, in particolare a carico degli indagati in stato di libertà. 

La fase finale dell’operazione è stata supportata da personale dalle Squadre mobili di Bologna, Nuoro e Vibo Valentia e dalle Sisco di Milano, Catanzaro e L’Aquila, da equipaggi del reparto Prevenzione crimine e dal gabinetto di polizia Scientifica. 

Indagati in stato di arresto e relative contestazioni:

Misura cautelare in carcere:

  1. PILLARI Domenico detto “Mimmo” nato a Rizziconi il 13/05/1965, per il reato di Associazione Mafiosa; 
  2. PILLARI Giovanni nato a Polistena il 30/11/1993, per il reato di Associazione Mafiosa; 
  3. VERSACE Rocco detto “Rocco ‘u Gemellu” nato a Taurianova il 31/10/1967, già detenuto per altra causa, per il reato di Associazione Mafiosa; 
  4. ROTTURA Antonino detto “Nino” nato a Rizziconi il 08/08/1961, per il reato di Associazione Mafiosa; 
  5. TRIPODI Salvatore nato a Cinquefrondi il 15/01/1993, per il reato di Associazione Mafiosa;
  6. CANDILORO Francesco, nato a Polistena (RC) il 6.1.1979, già detenuto per altra causa, per il reato di Associazione Mafiosa;
  7. GALLONE Pasquale nato a Nicotera (VV) il 30/08/1960, già detenuto per altra causa, per i reati di favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena, aggravati dalle finalità mafiose; 
  8. MANCUSO Luigi nato a Limbadi (VV) il 16/03/1954, già detenuto per altra causa, per il reato di favoreggiamento personale, aggravato dalle finalità mafiose;

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