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Cronaca

Lombardo: "Chi ha stabilito la strategia stragista non ha scelto obiettivi a caso"

Il procuratore aggiunto della Dda reggina nella sua requisitoria al processo "Ndrangheta stragista" ha fissato la partecipazione delle cosche reggine: "E’ tutto un unico disegno che abbraccia la fase finale di quella drammatica stagione”

“Chi ha stabilito la strategia stragista non ha scelto obiettivi a caso”. È quanto ha detto il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo durante la sua requisitoria nel processo “‘Ndrangheta stragista”, in corso davanti alla Corte d’Assise di Reggio Calabria presieduta da Ornella Pastore,  e che vede imputati il boss Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone con l’accusa di essere i mandanti degli agguati ai carabinieri e che hanno portato alla morte degli appuntati Fava e Garofalo.

Obiettivi che servivano per alimentare uno stato di paura generalizzato su tutto il territorio nazionale, per delegittimare lo Stato e costringerlo a più miti consigli sulla legislazione anti mafia.

Per questo, secondo Giuseppe Lombardo, i vertici della “Cosa unica” scelsero i Carabinieri come obiettivo sensibile, come simbolo della guerra in corso contro lo Stato. 

“Perché - ha detto Lombardo - l’Arma Carabinieri è nell’immaginario collettivo, non me ne vogliano le altre forze dell’ordine, per la sua prossimità territoriale riconosciuta dai cittadini comuni come la presenza dello Stato sul territorio. Perché dove anche non esistono paesi c’è la stazione dei Carabinieri. In Calabria, come in Sicilia e nel resto del Paese, il simbolo dello Stato è la stazione dei Carabinieri, gli uomini che indossano quella divisa che si muovono per le vie del paese”.

La “Cosa unica” scelse di mettere nel mirino i Carabinieri dentro la strategia della tensione, compiendo i tre attentanti ai danni di sei uomini dell’Arma in provincia di Reggio Calabria, perché si tratta di un “simbolismo immediatamente percepibile”. “Un simbolo che - nella ricostruzione del procuratore aggiunto - non era eccentrico alla strategia stragista posto che, quando a Reggio Calabria venivano portati a compimento i tre fatti di cronaca legati ai carabinieri, a Roma si stava preparando l’attentato dell’Olimpico che doveva riguardare circa 55 carabinieri a bordo di un pullman. E’ questo non è un caso”.

La ‘ndrangheta, con l’omicidio di Fava e Garofalo e gli attentanti ad altri quattro colleghi dell’Arma, entrò a gamba tesa nella strategia stragista, nella guerra aperta allo Stato.  “E’ tutto - ha sottolineato il pubblico ministero - un unico disegno che abbraccia la fase finale di quella drammatica stagione”.

Per Giuseppe Lombardo, che sta tratteggiando il profilo del pentito chiave: l’ex boss siciliano Gaspare Spatuzza, “tra dicembre ’93 e gennaio ’94, il ruolo dei calabresi è decisivo per far capire che la componente siciliana non è sola e che il sistema criminale di tipo mafioso, quando pianifica certe strategie, è in grado di attuarle”. 

Un ruolo strategico che aveva fatto capire alla mafia siciliana, come sottolineato da Gaspare Spatuzza, di “avere il Paese nelle mani e di dover dare il colpo di grazia perché i calabresi si sono già mossi”.

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