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Cronaca

La "trasparenza" sulle estorsioni e l'incontro al vertice per non far saltare la pax mafiosa

Le tensioni dentro le famiglie che gestiscono il centro cittadino di Reggio Calabria emerse dal cellulare intercettato di Antonio Libri, un "gruppo misto" di appartenenti alle cosche per evitare di "pressare" troppo gli imprenditori

Trasparenza sulle estorsioni per evitare di esercitare sugli stessi imprenditori pressioni mafiose da diversi casati ndranghetistici. Era questa una delle esigenze che i vertici delle famiglie criminali che hanno in pugno il centro cittadino di Reggio Calabria, dal Calopinace a Piazza del Popolo per intenderci, avevano rappresentato ai mediatori delle cosche impegnati diplomaticamente per evitare l’esplosione di una nuova guerra di mafia in riva allo Stretto. 

L'incontro al vertice

Divergenze che, quando i mediatori non sono riusciti a chiudere il cerchio, hanno richiesto l’intervento diretto degli esponenti di vertice delle cosche De Stefano-Tegano e Libri che, per evitare di mandare in frantumi gli accordi della “pax mafiosa” vergata con il sangue versato per le strade di Reggio Calabria, non hanno esitato ad organizzare un summit di primo livello. Un incontro al vertice, come lo definiscono gli uomini della Squadra mobile di Reggio Calabria che lo hanno osservato e intercettato attraverso lo smartphone in uso ad uno dei partecipanti, fra Antonio Libri, Edoardo Mangiola e Carmine Polimeni: il genero del boss Giovanni Tegano. 

Il cellulare intercettato

Dal cellulare di Antonio Libri emergevano le crescenti preoccupazioni delle cosche e si metteva in risalto la necessità di proseguire sulla strada dell’unità di intenti tracciata negli anni novanta. Unità di intenti che, per gli inquirenti della Dda, “induceva i dialoganti a pensare a nuove e congiunte prospettive di profitto, rafforzando così, reciprocamente, il comune convincimento in ordine alla necessità di innovare le modalità operative criminali che avevano finora caratterizzato le estorsioni ai danni degli operatori economici del centro della città di Reggio Calabria”. Edoardo Mangiola e Antonio Libri avevano pertanto intenzione di indire una riunione che coinvolgesse anche Domenico Tegano e Orazio De Stefano, soggetto quest’ultimo con cui i Libri ritenevano di doversi necessariamente confrontare per la riprogrammazione della cogestione degli affari illeciti da parte di entrambe le cosche. 

I nomi degli arrestati

La "cabina di regia" per il pizzo

Per limitare i danni nasce l’idea di istituire una sorta di “cabina di regia” delle estorsioni. Era Antonio Libri a suggerire di formare un gruppo misto, composto da appartenenti alle due distinte consorterie; una sorta di commissione tecnica, in modo da evitare sovrapposizioni e fraintendimenti. Sempre nell’ottica della rinnovazione di un piano estorsivo generale, il trio ipotizzava l'avvio di una più efficiente raccolta estorsiva lungo tutto l'asse del centro cittadino di Reggio Calabria, che garantisse una sorta di rastrellamento delle attività economiche, al fine di compensare i proventi illeciti ridotti dalla crisi economica e si proponeva di incrementare i profitti delittuosi, organizzando anche l'imposizione intimidatoria delle assunzioni da parte dei gestori di attività. Libri e Mangiola facevano presente che in caso di mancato accordo avrebbero proceduto autonomamente a riscuotere le estorsioni.

In manette il rampollo Giorgio De Stefano

Il mediatore Augusto Antonino Polimeni

In relazione a tali frizioni, l’indagato Augusto Antonino Polimeni, che aveva piena contezza degli affari criminali comuni al Tegano ed al Libri, si è prestato [come emerge nel corso dei dialoghi intercettati con Antonio Libri] a fungere anch’egli da mediatore ed ambasciatore, al fine di rendere più agevoli e fluide le comunicazioni tra le cosche, finalizzate al governo delle dinamiche criminali. Era lo stesso Antonino Augusto Polimeni a confessare il suo ruolo e la sua solida e risalente partecipazione alla ‘ndrangheta, quando Antonio Libri si lamentava degli esiti insoddisfacenti della vicenda estorsiva posta in essere da Carmine e Giorgio De Stefano in danno dell'imprenditore della ristorazione. In tale contesto veniva in rilievo la figura di Lorenzo Polimeno, fedele sodale di Orazio De Stefabi, con il fondamentale compito di ambasciatore fidatissimo del predetto. Nel ricoprire tale mansione, il Polimeno veniva comunque reso edotto di tutte le questioni, anche quelle più segrete, delle consorterie mafiose.

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